Ecco, se c’è una cosa che non sopporto sono le ricette senza indicazioni precise degli ingredienti. Io non sono una cuoca così esperta da sapermi regolare, e anche se poi in corso d’opera faccio sempre delle variazioni, ho bisogno che tutto sia pesato e ben dosato. Trovarmi davanti alle indicazioni “grossolane” di Patricia Cornwell nel libro La cena di Natale. A tavola con Kay Scarpetta è davvero un fatto criminoso!! Ho improvvisato e non so bene cosa ne sia uscito. Se individuate le dosi giuste, lasciatemi un commento così aggiorno la ricetta.
Ingredienti (a occhio)
- 2 uova
- 65 grammi di zucchero semolato
- 65 grammi di zucchero di canna
- 160 grammi di farina
- 1 cucchiaino di lievito per dolci
- 1 pizzico di sale
- noci e gocce di cioccolato qb
Preparazione
Mise una capace pirofila sul tavolo e cominciò a tirar fuori zucchero bianco e bruno, farina, estratto di vaniglia, uova, sale e lievito in polvere.
Aveva dieci anni quando la zia le aveva insegnato a preparare quei biscotti trasgressivi. Ormai era diventato un fatto istintivo. Lucy faceva sempre le dosi a occhio, e non usava il contaminuti. Da un pezzo aveva imparato a semplificare le operazioni e a sporcare meno roba possibile. Anzitutto occorreva far fondere nella pirofila un po’ più di due etti di burro: ma che restasse ancora torbido. Poi vi aggiunse zucchero bruno e zucchero bianco, ottenendo un miscuglio denso. Quindi le uova e, seguendo i dettami dell’esperienza, ne impiegò due da unire a tanta farina sufficiente a ottenere un composto morbido e granuloso, né troppo umido né troppo asciutto. Non bisognava dimenticare il lievito: circa un cucchiaino accuratamente cosparso sulla superficie prima di unire sale e vaniglia a piacere. A quel punto l’impasto era freddo e Lucy vi incorporò, a mano, noci spezzettate e scaglie di cioccolato fondente. Sebbene la zia non fosse d’accordo, Lucy riteneva opportuno abbondare con questi ultimi ingredienti.
Accese il forno regolando il termostato sui centottanta gradi centigradi e unse leggermente la placca da pasticceria con olio di semi privo di colesterolo. Ebbe un piccolo sogghigno: zia Kay era una maniaca salutista.
«È perché hai sempre a che fare con gente morta» la canzonava spesso Lucy quando la zia si rifiutava di comperarle bibite o gomme da masticare o di portarla a mangiare nei fast food se non in casi di emergenza.
Durante i suoi numerosi soggiorni presso Kay, quando Lucy era ragazzina, nel frigorifero c’erano sempre state spremute di frutta fresca oltre a mele, banane, mandarini e uva bianca. Il popcorn al cinema non creava problemi, ma la zia bandiva rigorosamente i dolciumi, soprattutto le caramelle dure e vetrose che potevano andare di traverso. I lecca lecca, infilzati sui loro stecchini, erano proibiti. […]
I biscotti richiedevano una decina di minuti di cottura, ma Lucy li sfornava sempre con un filo di anticipo perché le piacevano ancora un poco umidi e morbidi al centro.
Li passò su un vassoio, con una spatola, e ne mangiò subito uno ancora caldissimo.
«Dio!» ansimò. «Impazzirete!» gridò alle amiche. «Sono buoni da morire.»
Sedute una accanto all’altra davanti al fuoco, con i guizzi delle fiamme che si riflettevano sui loro volti, li tuffarono nei bicchieri colmi di Bailey’s Irish Cream.