All’orizzonte, dopo l’estate della crisi, dei “capitali bruciati” in Borsa ecco che si profila l’autunno più nero degli ultimi venti anni. Occupazione, la crisi avanza, sembra però che l’emorragia dei posti di lavoro registri un rallentamento, ma il saldo a fine 2011 per le imprese con almeno un dipendente (circa 1,5 milioni) mostrerà nuovamente il segno negativo del meno. L’Unionecamere prevede 88mila i posti in uscita pari a un calo dell’occupazione dipendente dello 0,7%.
Come sempre chi ne pagherà le conseguenze sarà il Sud e le piccole e medie imprese. Se nel 2010 il saldo negativo era stato di 178mila unita’, -1,5%, i dati peggiori pare fossero quelli del 2009, anno clou della crisi: 213.000 i posti bruciati, pari a -1,9%.
Il centro studi Unioncamere per il 2011 vede quasi 44mila entrate in più rispetto al 2010 e 47mila uscite in meno ma, anche a causa dell’accresciuta incertezza sulla scena internazionale, l’inversione di tendenza non sembra essere alle porte per le imprese dell’industria, commercio e servizi. Per il settore industriale a fine 2011 è attesa una perdita di quasi 59mila unità (-1,2%); meglio i servizi che dovrebbero fermarsi a quota -29mila unità (-0,4%). Crollo invece per le imprese delle costruzioni (quasi 29mila posti in meno). Nei servizi, l’unico settore che arriva a perdere un punto percentuale è relativo agli alberghi e ristoranti, mentre i tassi di variazione degli altri comparti sono compresi tra il -0,7% (servizi alle imprese) e il -0,2% (commercio al dettaglio). Unico segno più i servizi avanzati, dove le imprese pensano di incrementare di circa 1.500 unità i propri dipendenti.
Però bisogna anche segnalare altri dati, infatti moltissime famiglie sono senza risparmi, almeno 3 su 10 non hanno nulla “sotto la mattonella”, queste sembra siano le famiglie giovani che fanno sempre più fatica ad andare avanti, indebolite dalla crisi economica. Solo 3 su 10 tra i nuclei dove la persona di riferimento non ha più di 35 anni riesce ad accumulare qualche risparmio. E il 40% vive in affitto. I dati sui risparmi familiari sono analizzati da ’Welfare, Italia un laboratorio per le nuove politiche sociali’ di Censis e Unipol. Dall’indagine emerge che solo il 28,6% dei capofamiglia fino a 35 anni indica che è riuscito a mettere da parte qualcosa, rispetto a una percentuale più alta (il 38%) riferita ai capofamiglia di 45-54 anni. E sono le famiglie più giovani quelle che in quota maggiore spendono tutto il loro reddito mensile (58,4% contro la media del 52,5%), e che sono costrette a indebitarsi (5% contro la media del 3,7%).
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