Continua la crisi delle banche. Unicredit nel piano del 2018 prevede ben 18.200 esuberi (ecco come avvengono i licenziamenti in caso di ristrutturazione) in Europa, includendo in questo numero anche la diminuzione dei dipendenti che arriverà grazie alla vendita della controllata in Ucraina e della società paritetica con il Santander. In Italia gli esuberi saranno circa 6900, includendo anche i passaggi precedenti della ristrutturazione, con quindi circa 540 persone in più rispetto a quanto previsto in precedenza: i tagli colpiranno in misura maggiore i dirigenti. Chiuderanno entro il 2018 altre 800 filiali tra Italia, Austria e Germania, dove recentemente avevano già abbassato la saracinesca in 928.
La nota di Unicredit fa aspere che: "Il piano strategico sarà incentrato su cinque azioni chiave: accelerazione delle misure di taglio dei costi sia del personale sia delle altre spese operative"; "cessione o ristrutturazione dei business poco redditizi come la banca commerciale in Austria e il leasing in Italia"; "forte focus sull'evoluzione digitale, sostenuta da 1,2 miliardi di investimenti tra il 2016 e il 2018" ; "chiusura della sub-holding austriaca" e trasferimento delle partecipazioni bancarie nei paesi del Centro Est Europa (Cee) "sotto il diretto controllo della holding UniCredit", con un passaggio da Vienna a Milano che permetterà di ridurre il personale "rafforzando le funzioni di governo centrali e concentrandosi sulle sinergie commerciali"; "sfruttare i business in crescita nei paesi Cee e il risparmio gestito, aumentando e riequilibrando i ricavi da business a basso assorbimento di capitale, come i servizi di negoziazione e consulenza per le imprese".
La stessa Banca che licenzia ha chiuso comunque il bilancio del terzo trimestre con un utile netto di 507 milioni, in calo del 29% rispetto ad un anno prima, ma comunque di molto sopra le attese (di circa 60 milioni di euro).
Non si ferma insomma in Europa la crisi delle banche, ma c'è in tale fenomeno anche un voler dfendere sempre e comunque il profitto più miope, a danno dell'occupazione.
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