In linea generale le crisi finanziarie sono avvenimenti di lunga durata. Il valore del debito pubblico tende ad esplodere come conseguenza, anzitutto, dell’inevitabile crollo delle entrate fiscali che i singoli governi si trovano ad affrontare sulla scia di contrazioni profonde e prolungate; e con una impennata degli interessi sul debito pubblico oltre alle misure fiscali anticicliche su cui i singoli governi sono costretti a misurarsi.
Nel secondo dopoguerra si sono verificate Cinque grandi crisi: Spagna 1977, Norvegia 1987, Finlandia 1991, Svezia 1991 e Giappone nel 1992, senza dimenticare le crisi asiatiche del 1997-98; fino alla più grave crisi finanziaria in Usa nel 2007, del tipo “Big Five”.
La virulenza della recessione si è diffusa a livello globale a partire dal quarto trimestre del 2008. L’arresto improvviso della finanza mondiale ha colpito rapidamente le piccole e medie imprese di tutto il mondo, privandole delle risorse necessarie alla loro sopravvivenza, mentre al contrario le grandi imprese sono riuscite a ottenere credito solo a condizioni assai più onerose di prima.
E’ ben nota la considerazione che “Gli Stati non falliscono”. I paesi non restano senza un soldo allo stesso modo di una piccola impresa o di una società di capitali. I paesi di solito non cessano le attività; il default di un paese è spesso il risultato di un complesso calcolo di costi-benefici che implica considerazioni di ordine politico-sociale, non solo di carattere economico finanziario.
Il fatto che i creditori dipendano dalla propensione di una nazione sovrana a rimborsarli, comporta che la bancarotta sovrana sia cosa ben diversa rispetto al fallimento di un’impresa. Nel fallimento di un’impresa o di un singolo individuo, i creditori hanno diritti ben precisi riguardo i beni presenti e futuri del debitore; nel fallimento sovrano la possibilità di far valere procedure esecutive è molto limitata.
Tutto ciò è dovuto dalla dipendenza dell’ Europa nei confronti della dominazione Usa che in una morsa tiene, in modo irresistibile con i vari addentellati dal Fmi alla Fed ed a scendere alla Bce, tutte le strutture elefantiache di un’Unione Europea con sovranità limitata; per non parlare dell’Italia ormai in piena esautorazione di una propria autorità statale.
Il collasso finanziario globale può essere un fattore decisivo nel dare origine ad ondate di default. Ad esclusione degli Usa, che sia pure in modo limitato contengo efficacemente la crisi, pilotando nei marosi e scaricandola bellamente verso l’Europa in panne
Il default ricorrente – cioè con ripetute insolvenze sul debito sovrano – non è un’invenzione dei paesi emergenti. Al contrario, diverse nazioni che oggi vengono annoverate tra i paesi ricchi avevano problemi analoghi quando erano “ mercati emergenti “. Il default ricorrente sui debiti esteri ha rappresentato la norma in tutte le aree geografiche del mondo comprese l’Asia e l’Europa.
Una spiegazione più cinica porta a considerare la possibilità che quando i salvataggi sono facilitati da istituzioni creditizie multilaterali come il Fondo monetario internazionale, i creditori sono disposti a trattare con minore severità i loro clienti insolventi seriali.
.GIANNI DUCHINI, marzo ‘14