Tutti a piangere sulle pagine del rapporto Federculture. Che in effetti allegro non è – aumentano del 3,7% gli italiani che rinunciano alla cultura fuori casa, diminuiscono del 3% i lettori di libri (il 57% non ne tocca uno in un anno) 39 su 100 non hanno preso parte ad alcuna attività culturale nel corso di un anno – ma, a mio avviso, almeno in parte si compensa con un’ormai intensa navigazione su internet da parte di molti che, benché non costituisca apprendimento vero e proprio, non si riduce neppure a mero svago. Detto questo, poiché ritengo che più che il settore della cultura sia in crisi l’idea stessa di cultura, e dato che di sedicenti colti che pontificano lamentando l’ignoranza altrui ne circolino già in abbondanza, mi limito a telegrafiche considerazioni a partire da due parole fondamentali: la scuola e la passione.
La prima, la scuola. Posso serenamente affermare – e purtroppo dubito d’essere il solo – che quel poco che so, per lo più, l’ho appreso non grazie ma nonostante la scuola, che a dispetto della buona volontà di molti insegnanti è oggettivamente in agonia. Attenzione, però: dicendo così non auspico l’istruzione autogestita né il definitivo smantellamento didattico. Penso invece che la scuola andrebbe potenziata ripensandola da un lato attraverso un aggiornamento complessivo di regole e programmi (non perdonerò mai, per esempio, chi mi parlò appena dei gulag, tacendo del tutto le foibe e gli orribili massacri compiuti in Italia a guerra finita, il sangue dei vinti, per dirla Pansa), d’altro lato, offrendo ai ragazzi stimoli che li facciano sentire, per l’appunto, a scuola e non in un diplomificio dove tutto è funzionale alla pagella.
E veniamo alla seconda parola, la passione. La passione è fondamentale, perché altrimenti la cultura implode nel nozionismo e il sapere nello sterile memorizzare. Col risultato che dopo il diploma o dopo la laurea a pochi viene in mente di sfogliare ancora un libro o di visitare una mostra e molti, anzi moltissimi, preferiscono tenersene alla larga. Occorre quindi che i nostri ragazzi – e non solo loro – sappiano che leggere significa viaggiare, scoprire epoche passate, incontrare personaggi incredibili, emozionarsi. Per chi ha il privilegio di vivere in Italia, poi, ogni piazza ha una sua storia da raccontare ed ogni chiesa, al proprio interno, un tesoro d’arte e spiritualità, di colori e silenzi. La crisi della cultura non si supera dunque cercando di rendere piacevole ciò che è già meraviglioso, ma togliendo le bende dagli occhi, stimolando curiosità. E riscoprendo quel gioiello favoloso che, magari senza saperlo, teniamo sulla libreria.