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Crisi di coscienze, crisi di sistema

Creato il 27 dicembre 2012 da Cultura Salentina

Crisi di coscienze, crisi di sistema

27 dicembre 2012 di Redazione

di Alessandra Carichino

 

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Essere genitori è un mestiere difficile, trovarsi davanti una generazione in crisi e tramandare loro valori di giustizia, lealtà e onestà verso se stessi prima di tutto, lo è ancora di più. Due figure con una missione tra le più difficili al mondo, quella dell’insegnante e quella del genitore, due figure fondamentali sulle quali ricade il dovere e la responsabilità morale di insegnare a qualcun altro come affrontare il mondo, come affrontare se stessi, come crescere e diventare adulti.

Aiutare e non facilitare, far comprendere che le vittorie personali e i premi sono il frutto del proprio sudore e dei propri sacrifici e non premiare a priori; far capire che quello che impari oggi sulla tua pelle sarà l’“IO” di domani.

Una generazione in crisi, una generazione vuota e senza meta, una generazione cresciuta nel benessere degli anni d’oro in cui tutto le è stato concesso, anche le vittorie personali, svuotate della carica di passione e determinazione e desiderio sfrenato di soddisfacimento personale. E’ passato qualche anno da quando alle persone temibili dall’altra parte della cattedra riservavo i miei pensieri più meschini e carichi d’odio … con la forza del pensiero speravo provassero almeno un terzo della paura che mi attanagliava di fronte al loro giudizio per poi capire dopo che ci erano passati anche loro e che mi stavano solo insegnando a farcela da sola

Ho capito solo dopo che in fondo era solo un esame, un’interrogazione, un compito in classe. Ricordo che era come andare alla patibolo, avevo rispetto e timore quando avanzavo lungo il corridoi tra le file di banchi per andare alla lavagna o per andare a sedermi davanti a chi avrebbe deciso un sì e un no sul mio libretto universitario. Ricordo sorridendo e capisco che quello era un palcoscenico in cui io mi allenavo a dimostrare a me e agli altri chi ero, a controllare le mie emozioni, a respirare e credere in me stessa. Non sapevo che negli anni avrei provato la stesse cose durante gli esami della vita, dubitando di me, esaminandomi mentre venivo esaminata e imparando a vivere nel mondo degli adulti e accettando, arrabbiata troppe volte, rassegnatamente stanca altre, i miei semplici limiti umani.

Negli anni della crisi il sistema si impoverisce e con esso anche gli animi e le coscienze e chi dovrebbe mantenere ancora un’integrità morale perché il suo compito è quella di tramandare principi saldi ed equilibrati in questo momento ma di chi in realtà fomenta la superficialità e la decadente immaturità degli animi in fasce. Le cose non hanno più un sapore amaro, dolce, acre … le cose, semplicemente, non hanno più un sapore. I sogni infantili e adolescenziali sono visti come meta e il percorso interiore che porta a completare la strada semplicemente si è ridotto fino a coincidere con l’inizio, e quindi l’inizio diventa la fine, in mezzo c’è il vuoto e se inizio è uguale a fine allora fondamentalmente si è rimasti al punto di partenza. Molti vanno avanti, diacronicamente parlando, ma dentro rimangono fermi perché nessuno ha insegnato loro che il futuro che avremo davanti sarà una strada costruita con i propri mattoni e stanno a guardare, mentre tutti stanno a guardare, e mentre aspettano che le cose piovano dal cielo come doni divini nessuno capirà mai il valore delle cose.

Lavoro con gli studenti, rivedo me e vedo quello che non sono mai stata e che avrei potuto essere se non mi fosse stato insegnato che le cose nella vita si guadagnano senza fretta ma senza sosta e cerco di inculcare che i risultati migliori e i successi tanto desiderati sono frutto della volontà di mettersi in gioco e sfidare se stessi e non sarà un pezzo di carta chiamato laurea a farti diventare quello che non sei. Ma mi meraviglio ancora di più di chi, come me, seduto ora dall’altra parte della cattedra ha dimenticato che prima di diventare chi è ora ha imparato a proprie spese a scindere tra il bene e il male, tra il meritato e il regalato, tra le ingiustizie subite e i premi guadagnati. Non capisco come mai chi ha la missione di insegnare ha perso la fede nel farlo dimenticando che la formazione delle persone di domani sarà anche nostro merito o colpa. Per assecondare un sistema marcio, per far comparire ancora nelle classifiche il nome di istituzioni ed enti si è disposti a tutto, anche a sfornare laureati condannati continuare a vivere senza meta.

Il traguardo alla fine di un percorso accademico è un momento di gratificazione di un lavoro durato anni di sudate carte e prove da adulti, non un gioco di numeri per mantenere in piedi istituzioni fatiscenti e moralmente precarie in questi anni di affannamento. I laureati fioccano, le coscienze si impoveriscono e la gente sembra aver ormai perso il senso del giusto e del dovere nei confronti delle coscienze da formare. E se le istituzioni che dovrebbero forgiare menti e coscienze di impoveriscono e sopravvivono seguendo regole subdole e nocive, che futuro avrà il nostro futuro? Siamo figli di un sistema che forse non potremo cambiare ne giro di pochi anni ma forse, se si preparano le basi per un paese di menti responsabili, forse, il nostro Paese può ancora sperare di sorridere.


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