Crisi e cohousing
Cohousing, ovvero il nuovo modo di coabitare; si potrebbe definire un vero e proprio progetto alternativo in un periodo di forte crisi economica che permette di vivere, come accadeva nelle comunità hippie degli anni 70, a stretto contatto riducendo così i costi della vita comune. Questa forma di convivenza viene dagli Stati Uniti, anche se le prime organizzazioni di cohousing hanno preso piede in Danimarca nel 1972 sbarcando in Italia solo nel 2006.
Il cohousing, o abitazione collaborativa, è un progetto che prevede la coabitazione dalle 20 alle 40 famiglie in alloggi privati abbastanza grandi con la condivisione di tutti gli spazi; comprese le cucine, lavanderie, asili nido, car washing e palestre eventualmente presenti; una vera e propria misura anticrisi per combattere il caro casa.
Le comunità di cohousing sono progettate come case allegate o unifamiliari lungo una o più vie pedonali e corredate da giardino; una sorta di parallelo con quanto rappresentato a livello pubblico dall’ housing sociale, fenomeno che vede il coinvolgimento diretto degli enti pubblici rivolto a coloro che non possono permettersi un affitto, ma che non rientrano nella graduatoria per accedere alle case di edilizia residenziale pubblica. Nell’housing sociale solitamente è il Comune che recupera edifici pubblici in disuso e li trasforma in complessi residenziali destinati a persone in difficoltà economica e sociale.
Il cohousing si sviluppa invece per iniziativa privata; suo obiettivo è anche quello di migliorare la sostenibilità ambientale e la qualità della vita degli individui; questa tipologia particolare di convivenza, oltre a consentire di ottenere risparmi economici non da poco, permetterebbe anche di migliorare le relazioni sociali con i propri vicini e di ridurre lo stress dovuto della vita di tutti i giorni proprio grazie al rapporto di stretta cooperazione e reciproco supporto che si viene ad instaurare con i conviventi. I ‘cohousers’ svolgono infatti a turno servizi utili per tutta la comunità.
E’ interessante notare come il cohousing, già ampiamente diffuso in paesi quali Stati Uniti, Belgio, Olanda, Australia, Giappone, Svezia, Nuova Zelanda, in Italia trovi ancora difficoltà ad espandersi; alcuni esempi nel mondo sono il Quayside village in Austria, Swan’s Market Oakland, Doyle Street e Coatati in California, Eastern Village a Washington, Pinakarry in Australia, Gameenschappeliik nei Paese Bassi, Older Woman’s coho a Londra e Ibs garden cohousing in Danimarca.
Per quanto riguarda l’Italia al momento, le residenze cohousing già attive sono a Montebelluna (Treviso), Ferrara, Monza, Fidenza, Casalecchio di Reno (Bologna), Urban Village a Bovisa (Milano); quelle attualmente in progetto sono l’ecoquartiere Quattropassi a Villorba (Treviso), Condominio Salidale a san Lazzaro di Savena (Bologna), Cohttage, a Milano e Terracielo, Rodano (Milano), Cosycho (Milano) e numero zero a Torino.
L’ Italia quindi è in leggero ritardo rispetto all’estero: eppure quello del cohousing potrebbe essere un rimedio efficace per le famiglie in ristrettezze economiche e, perché no, anche per rilanciare il mercato immobiliare che, come noto, attualmente è in profonda crisi.
Il calo delle compravendite di immobili continua a segnare il passo mentre ad aumentare sono esclusivamente i dati relativi agli sfratti ed a coloro che non riescono a pagare gli affitti o le bollette delle utenze. Partendo da tali contingenze la soluzione del cohousing potrebbe realmente rappresentare un diversivo efficace.
Analizzando altri aspetto positivi legati a questa tipologia di convivenza, le madri single o lavoratrici non avrebbero più il problema di dover lasciare il figlio piccolo a casa perché potrebbero più facilmente trovare qualcuno disposto ad accudirlo; stessa cosa dicasi per gli anziani, che potrebbero più facilmente trovare compagnia.
Ovviamente non ci sono solo aspetti positivi dato che, come in ogni cosa, esistono anche i contro: essendo in comune ad esempio le decisioni su casa, spese, cibo ecc.. scontri e litigi sono sempre dietro l’angolo. Non è poi così scontato che tra convivente si debba necessariamente instaurare un buon feeling ed anzi, come spesso accade tra vicini di casa, si può arrivare a non sopportarsi. Così come la privacy, in una tipologia di convivenza simile, va indubbiamente a farsi benedire.
Ma cosa deve fare chi è interessato a sperimentare il cohousing? Per entrare meglio nell’ottica di questo mondo segnaliamo http://www.cohousing.it/, il sito italiano che parla di cohousing e nel quale avere informazioni su questo fenomeno e sui progetti italiani di cohousing già esistenti e sulla nascita di nuovi spazi coabitativi. Una community interessante dove reperire informazioni utili sul cohousing e destinato a chi, magari, volesse provare questa particolare avventura di convivenza.
Diletta A. Della Rocca - http://www.laveracronaca.com/
link articolo: http://www.laveracronaca.com/archivio/1359-crisi-e-cohousing-coabitare-per-dividere-le-spese-sulla-casa