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Crisi economica, euro e mercato del lavoro

Creato il 30 giugno 2014 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Donatella Porrini

Un paese in bilico. L’Italia tra crisi del lavoro e vincoli dell’euro (Ed. Ediesse, 2014)

Un paese in bilico. L’Italia tra crisi del lavoro e vincoli dell’euro (Ed. Ediesse, 2014)

Il volume Un paese in bilico. L’Italia tra crisi del lavoro e vincoli dell’euro (Ed. Ediesse, 2014) affronta tre aspetti dell’attuale crisi economica: Giuseppe Travaglini tratta della (de)crescita del sistema economico nazionale; Vincenzo Comito si occupa dell’adesione all’Euro e dell’austerità che ha comportato la moneta unica; Natalia Paci tratta della deregolamentazione del mercato del lavoro, e delle sue conseguenze sulla disuguaglianza.

L’analisi proposta nei tre saggi, molto ricca e dettagliata, oltre a fornire un quadro organico della realtà, invita a una riconsiderazione critica delle politiche economiche del lavoro, nazionali ed europee.

Gli autori osservano che, dalla caduta del muro di Berlino, con la chiusura di un ciclo storico ed economico, è iniziato un profondo cambiamento che ha visto l’affermazione dell’economia di mercato con processi di liberalizzazione del mercato dei beni, di quello dei servizi finanziari, bancari e soprattutto del mercato del lavoro. Dal punto di vista degli effetti, si parla però nell’Introduzione di “disorientamento” per il fatto che alla modernità del nuovo modello di sviluppo non è seguito l’atteso allargamento del benessere, della ricchezza, dei diritti collettivi ed individuali.

L’analisi dei dati indica come in realtà nel mercato finanziario siano stati favoriti i comportamenti speculativi e predatori a scapito di scelte produttive di lunga durata, con un notevole rallentamento degli investimenti in beni strumentali; e come la deregolamentazione del mercato del lavoro, d’altra parte, abbia causato una contrazione del ritmo di crescita della produttività.

Senza lasciarsi prendere dai luoghi comuni che caratterizzano l’attuale dibattito tra sostenitori e oppositori dell’euro, il libro offre invece un’approfondita analisi dei cambiamenti necessari nelle politiche economiche e industriali per invertire l’andamento negativo dell’attuale sistema di sviluppo.

In pratica, mantenendo l’attenzione sulla centralità del mercato del lavoro, occorrerebbe indirizzare gli interventi non solamente sul sistema di impiego, sui meccanismi di entrata/uscita e sulla rappresentanza dei lavoratori, ma piuttosto sul rafforzamento sia degli investimenti sia della ricerca e della conoscenza per migliorare produttività e competitività.

L’introduzione dell’euro si è infatti inserita in un traiettoria che nel nostro paese era già declinante in termini di produttività e investimenti. Tale declino comincia a radicarsi già negli anni Settanta, quando è iniziato un progressivo processo di depauperamento del sistema industriale italiano in termini di competenze, tecnologie e risorse umane.

L’attuale dibattito sulla crisi non deve, dunque, essere semplicisticamente ridotto allo spauracchio dell’Europa dei banchieri e del pareggio di bilancio; e neanche si deve vedere un’unica soluzione nel perseguimento della strategia tedesca e nell’intervento monetario. Il superamento di questa fase di decrescita richiede la definizione di un nuovo assetto economico e sociale che veda l’euro, non come vincolo, ma come risorsa per perseguire il progetto di uno sviluppo sostenibile che crei occupazione duratura e ad alta intensità di conoscenza.

Rimandando alla lettura del libro, nel tentativo di fare una sintesi delle conclusioni proposte si può dire che il superamento dell’austerità, imposta dai paesi del centro Europa, potrebbe fornire le risorse per dare un nuovo indirizzo alle politiche industriali. In particolare si dovrebbero incentivare processi innovativi a livello aziendale; ma anche ridurre i costi delle imprese; senza penalizzare ulteriormente i redditi da lavoro, ed anzi prevedendo un sistema più efficace di ammortizzatori sociali e un reddito minimo a livello europeo.

30 giugno 2014


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