I dati vengono da una ricerca di Coldiretti e Swg. Per il 48% delle famiglie italiane, il 2013 sarà più duro: prezzi più alti, portafogli più leggero, salari in caduta. Solo per un misero 10% le cose miglioreranno, per gli altri la recessione continua. Secondo l’indagine, oltre il 51% delle famiglie dichiara di riuscire a malapena a pagare i conti – spesa, tasse e bollette – senza riuscire a mettere da parte qualche risparmio. A fine mese ci si arriva con il fiatone. I lussi ormai impossibili si allargano: dalla settimana bianca o le ferie d’agosto, si passa a tagliare sull’abbigliamento, l’intrattenimento, la cultura. Anche sull’alimentazione: i ristoranti (a differenza di quel che alcuni politici ripetono) sono sempre più marginali nella spesa mensile familiare.
Lo si vede anche in questi giorni di saldi: nonostante gli sconti, la maggioranza delle famiglie ricicla dall’armadio gli abiti della stagione scorsa, rimandando (nel 53% dei casi) l’acquisto di abbigliamento alla prossima stagione. Secondo FederConsumatori, il calo degli acquisti rispetto all’anno scorso sarà superiore all’8%, dopo un Natale sicuramente più sobrio del precedente.
C’è chi sta meglio e chi sta peggio, ovviamente. Il 40% degli italiani non ha particolari affanni economici: se la cava come sempre. E l’1% della popolazione può concedersi qualche lusso. L’Italia descritta da Coldiretti è estremamente polarizzata: un ristretto numero di persone è ottimista sul 2013 e già adesso vive meglio (meno del 10%) mentre una larga fascia è ferma nella condizione “neutra” (nè più nè meno del 2012). Ma metà della popolazione – ed è tanto, molto più delle attese – è (e si percepisce) più povera dell’anno scorso.
L’ottimismo di Monti, degli analisti finanziari di Milano e di Bruxelles sembra scarsamente giustificato. Anche se lo spread non corre più (viaggia ora sui 300 punti, in “fascia protetta”), gli italiani sono più poveri. O meglio, più italiani sono poveri, e meno italiani possono permettersi lussi maggiori. Altro che “crisi quasi finita”. Un altro anno di recessione non ce lo leva nessuno (ormai).
Fonte: Diritto di critica