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"Cristiada", il film che in pochi possono vedere

Creato il 18 novembre 2014 da Gaetano63
La storia misconosciuta della rivolta dei Cristeros nel Messico degli anni Venti
di Gaetano Vallini   Negli anni Venti del secolo scorso in Messico una tragica pagina di storia si consuma nell’indifferenza del mondo: la guerra dei Cristeros, l’insurrezione dei cattolici contro il governo laicista e massonico di Plutarco Elías Calles che aveva varato leggi ferocemente antireligiose. Una vicenda drammatica, richiamata in ben tre encicliche da Pio XI, testimonianza di quanto un popolo intero sia disposto a pagare per la sua libertà, che ora  si tenta di far riemerge dall’oblio del passato grazie a un film del 2012 diretto da Dean Wright, Cristiada, che dopo una grande attesa è arrivato anche in Italia  grazie all’intraprendenza di una piccola casa di distribuzione, la Dominus Production. Purtroppo, però, nonostante l'impegno, solo in pochi potranno  vederlo in sala in questi giorni, a causa delle polemiche e delle accuse di ideologizzazione che lo hanno preceduto, come accaduto anche negli Stati Uniti, dove pure era stato accolto con un certo favore anche dalla critica liberal. I più dovranno dunque attendere il dvd o azzardare una ricerca sul web.   Forte di una produzione e di un cast di tutto rispetto (c’è anche un prezioso cameo di Peter O’Toole),  la pellicola ripercorre i tragici fatti che vanno dal 2 luglio 1926 — giorno in cui il presidente firmò la legge che applicava  le misure restrittive sul culto già stabilite nella Costituzione del 1917, spietatamente antireligiosa, ma mai attuate — al 1929, quando fu firmato un accordo di tregua con i vescovi grazie alla interessata mediazione di Washington. Un accordo accolto come una resa dai Cristeros, fino ad allora vincitori sul campo, e di fatto disatteso dai governativi che negli anni successivi si vendicarono.
   La decisione di Calles, per la verità poco lungimirante, era animata da un profondo odio verso i cattolici i quali, tutt’altro che retrogradi, reazionari e oscurantisti, come invece a lungo dipinti, erano in realtà protagonisti di un laicato vivace, aperto, capace di elaborare ambiziosi programmi sociali, sul modello associativo ed economico tedesco scaturito dalla Rerum novarum. Era questa grande influenza sulla vita sociale che infastidiva il potere e che aveva già portato a dissidi con la Chiesa negli anni precedenti.   Sindacati, leghe, patronati, associazioni, cooperative contavano milioni di iscritti, e ciò non poteva non contrastare con gli interessi dei sindacati e dei gruppi di potere della sinistra, i cui leader erano tra i sostenitori  della “ley Calles”, che di fatto cancellò la libertà religiosa nel Paese, comportando l’espulsione di sacerdoti e suore, l’illegalità di ogni tipo di rito e la confisca dei beni ecclesiastici.   Come gesto di protesta ma anche per evitare ulteriori attacchi, in accordo con Roma, i vescovi decisero di sospendere ogni servizio religioso a partire dal 1° agosto. Di colpo la Chiesa sparì e i cattolici si ritrovarono privati dei sacramenti. In un primo momento la neonata Lega nazionale per la libertà religiosa tentò di opporsi alle brutali restrizioni con mezzi pacifici. Vi furono boicottaggi economici e raccolte di firme, ma tutto si rivelò inutile. Anzi le rappresaglie furono più feroci, con l’arresto e l’assassinio di sacerdoti e semplici fedeli. Fu così che alcuni decisero di imbracciare le armi, al grido di «Viva Cristo Re»  (l'enciclica Quas primas che riconosceva la regalità di Cristo e ne istituiva la festa era stata pubblicata l'anno precedente).
   I vescovi appoggiarono la protesta ma non la ribellione armata, così come furono pochi i sacerdoti che seguirono i Cristeros nella guerriglia. Tra questi José Rejes Vega, che assunse la carica di generale. Ma l’appoggio al popolo e ai combattenti da parte del clero rimasto non mancò mai, anche se alla fine le violenze e i soprusi inflitti dai governativi alla popolazione e l’alto numero di vittime degli scontri armati furono tali da indurre la Chiesa a trattare, per evitare ulteriori sofferenze. Al termine del conflitto si contarono quasi novantamila morti.   L’attenzione del film si concentra sulla figura del generale Enrique Gorostieta Velarde (Andy Garcia), uomo d’armi in pensione che assiste con apparente indifferenza, nonostante le preoccupazioni della moglie cattolica, Tulita (Eva Longoria), allo sprofondare del Paese in una sanguinosa guerra civile. La persecuzione contro i suoi compatrioti indurrà tuttavia Gorostieta, ateo dichiarato ma convinto assertore del  valore etico della libertà di pensiero e d’azione, ad abbracciare la causa dei Cristeros e a diventarne leader militare.    Il generale riuscirà a trasformare una banda di ribelli, peraltro formata non solo da contadini ma anche da intellettuali, proprietari terrieri e una parte di ceto medio in una forza militare organizzata che arriverà a contare cinquantamila uomini, portandola ad affrontare e vincere sfide impossibili contro l’esercito di un governo spietato.   Sarà tuttavia la grande umanità di quanti incontrerà sul suo cammino — soprattutto un coraggioso adolescente di nome José Sanchez Del Rio, barbaramente torturato e ucciso perché non rinnegò la sua fede (sarà beatificato nel 2005) — a fargli comprendere come valori e ideali possano diventare la sorgente del coraggio anche quando la speranza nella giustizia è irrimediabilmente perduta. E ad avvicinarlo a Dio nonostante non riesca a comprendere perché renda possibili tante sofferenze ai suoi fedeli.   Nonostante la necessaria compressione dei tempi e l’adattamento di fatti e personaggi alle esigenze del copione, la prima parte del film — che racconta le vicende precedenti al conflitto e i tentativi di organizzare una resistenza pacifica, con le discussioni su cosa fosse più giusto fare per reagire alla repressione anticattolica — è quella meglio riuscita, anche perché più realistica. La seconda, asservita alla rappresentazione epica della lotta, talora sottolineata da superflui slow motion, e molto più didascalica, perde di forza narrativa proprio per il ricorso a un tono enfatico che non di rado sconfina nella retorica. Una regia più matura – Wright finora si era occupato solo degli effetti speciali di kolossal come Titanic, Il signore degli anelli e Le cronahe di Narnia – avrebbe potuto trovare quell’equilibrio che manca e dare originalità a un racconto stilisticamente un po’ troppo appiattito sui cliché del cinema popolare anni Cinquanta.
   Tuttavia Cristiada è un film che andrebbe visto, non perché sia un capolavoro, ma  perché  ha il merito di ripropone una pagina di storia importante eppure dimenticata, ma anche quello di rilanciare, in un momento storico in cui i cristiani sono vittime di violenze e soprusi in Medio oriente, alcune questioni impegnative, ovvero qual è il prezzo che si è disposti a pagare per difendere la libertà di culto, un diritto certamente fondamentale e non secondario, e qual è il limite fino a cui ci si può spingere per preservarla e, soprattutto, per difendersi quando a causa della propria fede si è oggetto di persecuzioni violente.

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