Ampia rassegna di chicche per Evit su Atto di forza di Paul Verhoeven… è la Critica alla critica di questa settimana.
Trama
Chicago nel 2084 (davvero era Chicago?? O me lo sono perso o se lo sono inventati. Informazione veramente superflua), l’erculeo operaio Doug Quaid, sposato con la bionda Lori, è ossessionato da enigmatici e paurosi incubi notturni (enigmatici si, ma paurosi? Certo se hai la fobia di cadere in un burrone e che ti manchi l’aria tanto da farti uscire gli occhi dalle orbite… suppongo che in quel caso…) durante i quali vede se stesso sul pianeta Marte, insieme ad una donna sconosciuta. Non potendosi pagare un viaggio su Marte, ormai da tempo colonizzato dagli uomini, che ne estraggono un prezioso minerale, il turbinium, Doug si rivolge ad un centro specializzato, il Total Recall (“la“ Total Recall, non “il”, e poi si chiamava solo “Recall”, anzi “Rekall” ad esser pedanti) che, per modica cifra, fornisce, con particolari attrezzature, eventuali ricordi di viaggi e di esperienze su quel pianeta. Ma, appena iniziato il procedimento per produrre ricordi artificiali, è subito chiaro che Quaid è stato già realmente su Marte e la sua memoria è stata poi cancellata; da quel momento comincia per lui una serie di avventure mirabolanti, perchè torna sul pianeta dove apprende di essere Hauser, un agente segreto, e di aver compiuto recentemente un’eroica missione, contro lo spietato industriale Cohaagen, padrone delle miniere di turbinium. Il despota, col perfido aiutante Richter e una schiera di brutali guardie domina un esercito di operai schiavi, lesinando loro l’aria artificiale necessaria per vivere sul pianeta, che è privo di ossigeno. (da ora in poi la trama è raccontata in stile sommario di Beautiful con una punteggiatura eccessiva) Inoltre Lori non è sua moglie, ma solo un’agente che lo sorveglia, perchè egli conserva, a sua insaputa, nel proprio cervello alcune preziose notizie, che i suoi nemici vogliono strappargli, per poi ucciderlo. Quaid intanto ritrova su Marte la donna, che vedeva in sogno, Melina, e insieme a lei supera tremendi agguati, aiutato da creature umane rese mostruose dalle radiazioni, cui sono state sottoposte per colpa di Cohaagen. Dopo strani (strani?) colloqui sul monitor con l’altro se stesso, Hauser, che infine si rivela suo nemico, Quaid (l’abuso di subordinate qui è incredibile) riesce a eliminare Cohaagen, Richter, Lori e i loro complici (a proposito di spoiler), e, con i dati che ha nel proprio cervello, riesce a far funzionare un apparecchio, che produce ossigeno in abbondanza. Mentre Marte diventa più ridente e vivibile per gli abitanti, Quaid, trionfante, può finalmente ricongiungersi con Melina (addirittura la descrizione della scena finale. Mi sembra una trama in stile “compito per casa”, non ti va di vedere il film che ti hanno detto di vedere a scuola allora vai su cinematografo.it e ti leggi la trama per filo e per segno come facevo io per alcuni libri di narrativa. Tra l’altro nella loro minuziosità si sono dimenticati il particolare più importante, che il finale è aperto… ovvero è possibile interpretare il film in due modi, o che tutto sia realmente un sogno oppure che sia realtà, non c’è una prova definitiva che spinga la scelta da una parte o dall’altra e il finale con sole che abbaglia lo schermo è il dubbio ultimo… ma tutto questo sfugge a chi si impegna a fare un minuziosissimo riassunto denso di virgole e subordinate nelle subordinate).
Critica
“Dilemma pirandelliano in un futuro cyberpunk: il protagonista è un operaio comune che “sogna” di fare l’agente segreto su Marte, oppure è il contrario? (cioè un agente segreto che “sogna” di fare l’operaio? Mmh non credo fosse esattamente così) Thriller, effetti speciali e turismo virtuale, per un kolossal ricavato da alcune paginette di P.K. Dick (ispiratore di “Blade Runner”). Inseguimenti, sparatorie, esplosioni, apparizioni di mostri (ma dov’erano tutti questi mostri in Atto di Forza? Me li sono persi? Li citano tutti! Forse si riferiscono ai mutanti), imprigionamenti e fughe si susseguono come in un Salgari reso futuribile e spinto a tutta velocità (forse questa citazione letteraria è azzeccata). La visione del regista Paul Verhoeven, cavalcando un budget da 70 milioni di dollari, ricorda ‘Blade runner’.” (a me no)
(Tullio Kezich, Il Corriere della sera)
“Ci sono troppi mostri, ributtanti quasi come quelli di “Cuba” ma ormai la nuova fantascienza è questa, o prendere o lasciare.”
(Gian Luigi Rondi, Il Tempo)
Questo film, “Cuba” me lo sono perso. Ad ogni modo capisco che per il signor Rondi de’ “Il Tempo” ci sono davvero troppi mostri per godersi il film. Si è anche un pò depresso per questa “nuova” fantascienza. Mi domando cosa pensi di quella attuale, interamente in CGI.
“60 milioni di dollari (quello di prima diceva 70, non lo sanno manco loro), cioè il doppio di un “kolossal” hollywoodiano normale. I miliardi si vedono quasi tutti.”
(Morando Morandini, Il Giorno)
In effetti per essere del 1990 gli effetti erano strabilianti, ignorerò la velata ironia di quel simpaticone del Morandini
“Ispirato alla logica del putiferio (???), con soste nell’orripilante (addirittura orripilante, forse le donne con 3 seni non sono piaciute a nessuno! Ah no forse si riferiscono a Kuato) e nel fracassone vale soprattutto per la sua alta spettacolarità e per il tasso di violenza che suppone doverosa considerando il pubblico cui si rivolge.”
(Giovanni Grazzini, Il Messaggero)
Eh si proprio doverosa, ma a quale pubblico si rivolge esattamente?? Certo non a quelli che aspettano trepidanti i nuovi vecchi capolavori del cinema muto polacco
“Spettacolare quanto inverosimile spacconata galattica da ottanta miliardi (li hanno convertiti in lire immagino) dell’olandese Paul Verhoeven che fila a mille all’ora a cavalcioni dell’iperbole (Pft!) cercando (e quasi sempre riuscendoci) di stupire a ogni sequenza. Strabiliante (Oscar agli effetti speciali), violento e affascinante e, perché no, divertente (un critico che lo ammette). Rodomonte Schwarzenegger (ottima citazione di Ariosto, questi critici italiani mi sa che sono tutti dei mancati insegnanti di letteratura) spacca tutto strizzandoci l’occhio. La (allora) sconosciuta Sharon Stone fa la bellissima statuina”.
(Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’, 25 gennaio 2002)