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Critica alla critica – Il mondo perduto: Jurassic Park (1997)

Creato il 26 ottobre 2011 da Soloparolesparse

Ancora spazio per Steven Spielberg.
Evit si occupa oggi di Il mondo perduto: Jurassic Park e ce n’è davvero per tutti!

Critica alla critica – Il mondo perduto: Jurassic Park (1997)

“Fuori dalla striscia fumettistica, vale la forza di alcune sequenze che giocano a citare l’universo cinematografico di Spielberg o i titoli celebri del genere: l’accampamento nella foresta con i preparativi (‘Indiana Jones’) (mmh forse), rincontro ravvicinato tra alieni della storia evolutiva del pianeta Terra (un po’ stiracchiata), il dinosauro e la famiglia tra i vetri della roulotte (‘E.T.’) (questa proprio non l’ho capita); il duello tra i giganti e i normali, Davide e Golia, nella baracca tra i ‘velociferi’ (mmh… ) e la famigliola in fuga (‘Duel’ e ‘Lo squalo’) (si anche qui c’era un camion che inseguiva i protagonisti e comunque in nessuno dei due film, Duel e Lo Squalo, c’era una famigliola in fuga). Il finale a San Diego, con lo sbarco del dinosauro in città, forgia una singolare fusione tra ‘King Kong’ e ‘Nosferatu il vampiro’, con l’arrivo della nave fantasma in porto, un approdo moderno e devastante alla maniera di ‘Speed 2′. Questo si è un film di Spielberg, con la farabutta combinazione di emozione, spettacolarità catastrofica e thrilling al decimo di secondo nelle proporzioni dello sguardo bambino di un adulto potente e immaginifico (in realtà questo è il primo tra i film più ridicoli di Spielberg che dopo Schindler’s List è partito per una tangente che lo ha portato a Indiana Jones 4). Lo è nei tempi interni delle sequenze e nei ‘colpi’ di cinema (ahhh solo lì, ok, concordo allora… ma cosa sono esattamente i “colpi di cinema”?). La perfezione degli effetti speciali di Stan Winston e la tecnologia idraulica dei pupazzi varrebbero da sole la visita al film” (Per Silvio Danese bastano dei bei pupazzi per fare un film che vale la pena vedere, io invece è dal 1997 che rimpiango ancora di aver pagato i soldi del biglietto per vedere questo film).
(Silvio Danese, ‘Il Giorno’, 6 settembre 1997)

“Jurassic Park, il ritorno. Più dinosauri, più effetti speciali, più sangue, più intrigo. Ma meno divertimento. ‘E’ come a Disneyland la seconda volta’ ha scritto, perfido, ‘Time magazine’ (il perfido Time ci ha azzeccato). Ma è vero solo a metà. Diciamo che la storia e i trucchi funzionano, i personaggi, a due o a quattro zampe, un po’ meno (in realtà era proprio la storia che non funzionava, dalla seconda metà del film quando Spielberg ha deciso di abbandonare completamente la trama di Crichton e far approdare il T-Rex a tutti i costi in città). Anche i dinosauri devono avere personalità? Certo che sì. Questi invece si muovono bene ma, fisico a parte, si somigliano troppo e sorprendono poco. Si sa che Spielberg e il suo sceneggiatore David Koepp hanno buttato a mare buona parte del seguito scritto da Michael Crichton (appunto). Lo stesso Koepp avverte che Spielberg pensa in termini di scene, non di storia, ed è chiaro che il film va visto senza farsi troppi problemi di logica (difatti la seconda metà del film spegne la mente dello spettatore). Fatto sta che un personaggio balordo può sabotare la scena più grandiosa, e questi scienziati in ricognizione sull’isola dei dinosauri sembrano tanti Bouvard e Pécuchet nella preistoria (wow, che citazione… ricercata). Jeff Goldblum, unico reduce dal primo episodio, non riesce a evitare che la figlioletta si intrufoli nella spedizione. La paleozoologa Julianne Moore scatta primi piani ai bestioni con le macchine più rumorose che ci siano in commercio (ahah, vero). Mentre l’ecologista d’assalto Vince Vaughn ha la geniale idea di riportare al campo un piccolo tirannosauro ferito per curarlo. Meno male che nel Giurassico non c’eravamo ancora, altrimenti ci saremmo estinti noi. Ma forse è proprio questa la tesi estrema che anima ‘Il mondo perduto’ (no, non c’è anima nel Mondo Perduto), tanto che nelle scene più riuscite sembra di sentir Spielberg dire ‘io sto coi dinosauri’ (specie nella ridicola scena finale in stile “Dov’è Waldo?”, densa di dinosauri)”.
(Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 6 settembre 1997)

“Inutile dire che Il mondo perduto è una schifezza a prova di confidenza e di recensione (evviva la sincerità!!! Inizia bene questa recensione, già mi piace). 3 miliardi e passa nel primo week-end italiano non sono un incasso, sono un’invasione (stiamo giudicando il film in base agli incassi?). I dinosauri hanno vinto, imponendo al cinema mondiale una dolorosa riflessione sulla necessità di orpelli come attori, sceneggiatura, storia, trama (non ti deprimere, è solo l’inizio). Il film è pieno di dinosauri magnifici e, qua e là, entusiasmanti (la sequenza dell’attacco dei velociraptor è stupefacente, anche se troppo breve). Ma, credeteci, non c’è altro (putroppo… è vero). Non c’è nessun altro motivo per vederlo. E’ anche scomparso lo scrupolo divulgativo che era presente almeno nel primo romanzo di Crichton. Ma è abbastanza sterile fare le pulci a Spielberg su questo terreno, come già si stanno allenando a fare scienziati di mezzo mondo. Disquisire sul fatto che nel Mondo perduto ci siano errori scientifici è uno sport lievemente idiota: come protestare, all’uscita di Disneyland, perché i pirati della nave di Capitan Uncino non sono veri filibustieri. Signori, di che stiamo parlando? Questa è Disneyland, appunto, non è mica la Nasa o il dipartimento di paleontologia di Harvard (Alberto Crespi deve aver scritto questa recensione adiratissimo, appena uscito dal cinema, o forse mentre ancora era seduto a guardarselo. Ma ha ragione ad infastidirsi specie contro quelli che cercano errori scientifici in un film così). Solo che è una Disneyland tenuta su con lo spago, e allora protestiamo per questo: per i personaggi ridicoli, per la sceneggiatura che non sta in piedi, per l’insulsaggine di quasi tutti gli attori. (concordo eccetto per l’insulsaggine degli attori, l’insulsaggine era solo nei personaggi e nella sceneggiatura che li caratterizzava, c’è una bella differenza)”
(Alberto Crespi, ‘L’Unità’, 10 settembre 1997)

“Ne ‘Il mondo perduto – Jurassic Park’, una variante più che un seguito, l’idea è la stessa, quindi non sorprendente, il cast degli interpreti è ancora più insulso e a buon mercato (ah già! Lietta Tornabuoni che sosteneva l’insulsaggine di attori economici. Se non c’è Harrison Ford o Richard Gere non vale la pena! Dopo 5 anni dal primo film ancora gli stessi argomenti, il cast insulso e a buon mercato?); i personaggi, come capita spesso nell’avventura, rimangono semplici stereotipi, lo scienziato buono e coraggioso, la scienziata sua compagna, l’uomo d’affari vorace e odioso, la bambina-testimone innocente e ardita. Ma rispetto a ‘Jurassic Park’ qualche differenza c’è (solo QUALCHE?): con maggiore fedeltà ai letali e sanguinosi romanzi etico-parascientifico-avventurosi di Michael Crichton che sono all’origine dei due film, ‘Il mondo perduto’ allinea una serie di atrocità (ma li ha letti i libri di Crichton? Il Mondo Perduto non è AFFATTO fedele al libro); e la storia torna al classico conflitto tra amici degli animali e cacciatori bianchi dei film Anni Trenta di Tarzan. (…) Insomma: grande tecnica e grande scemenza, operazione succhiasoldi e divertimento effettato (?): se ‘Jurassic Park’ era un film per bambini (per bambini?), ‘Il mondo perduto’ è un film per cinquantenni cinefili nostalgici dell’infanzia del cinema come Spielberg (ah Jurassic Park è per bambini e Il Mondo Perduto per cinquantenni? Semmai è il Mondo Perduto ad essere per bambini con quel finale ridicolo e disneyano!). Questo non significa necessariamente che non piacerà al grande pubblico, anzi (ecco il malcelato disprezzo per il grande pubblico): se è vero che si ama soprattutto quanto già si conosce, sarà magari un grandissimo successo”.
(Lietta Tornabuoni, ‘L’Espresso’, 11 settembre 1997)

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