In tanto parlare di editori, editoria, di scrittori e di scrittura, raramente ho letto dei discorsi ponderati sul ruolo della critica in tutto questo ambaradan.
O meglio, se ne parla facendo riferimento quasi esclusivamente ai blog.
Perché i blog sono dinamici, e quindi più seguiti dei portali (italiani!) che trattano la narrativa di genere. Perché alcuni blogger sono liberi di esprimere un giudizio sereno, in quanto non vincolati da contratti editoriali di alcun tipo.
Certo, anche la blogosfera non è esente da difetti, anzi: abbiamo una corrente disfattista e forcaiola (“Tutto è merda! Tutto fa schifo!”), che personalmente tollero poco, ma anche una corrente marchettara, che però tende a perdere da sola di visibilità.
Ma andiamo oltre al discorso blog. Esiste una critica italiana ufficiale degna di rispetto?
La risposta più verosimile sarebbe “no”.
Un tempo seguivo con una certa solerzia dei ben noti portali che trattano film e libri di genere horror, fantasy, thriller e fantascienza. Poi mi sono accorto, pur senza generalizzare, che articoli e recensioni erano spudoratamente di parte.
Okay, non sono un ingenuo. Chiunque, parlando di un'opera scritta da una persona che conosce, ancor più se amico, adotta un tono più benevole del consueto. Quelli davvero bravi tentano comunque di mantenere una certa onestà mentale nello scrivere recensioni di questo genere. Gli altri evitano di farlo, oppure precisano opportunamente “Dante Alighieri è un mio amico fin dall'infanzia, perciò mi risulta difficile essere imparziale nel recensire la sua Divina Commedia”.
Quando però questo andazzo assume proporzioni di catena di montaggio, allora ogni parvenza di credibilità va a farsi benedire. Se il giornalista Tizio deve parlare bene del romanzo di Caio, perché entrambi sono sul libro paga dell'editore Sempronio, ai miei occhi il suo giudizio ha un valore pari allo zero.
Ora, in Italia quante webzine, quanti portali, quanti siti sono davvero liberi?
Molti lo sono, ma torniamo al discorso del blog: sono realmente liberi quelli che operano da indipendenti, ossia senza essere prezzolati da una casa editrice. Un ottimo esempio di portale autorevole e indipendente, se mi permettete un nome, è il Thriller Café. Ce ne sono altri, alcuni linkati in maniera permanente al mio blog.
Ma i grandi – sulla carta – quotidiani? Le – inesistenti – riviste di letteratura? O latitano del tutto, oppure esercitano una critica a dir poco prona.
Che poi “critica” è una parola che va usata con molta attenzione. Esprimere un giudizio critico presupporrebbe una conoscenza approfondita dell'argomento trattato.
Io non mi sogno di scrivere un articolo di economia, non capendone un'emerita mazza. Potrei dare delle opinioni, un parere, ma non enunciare qualcosa dotato di un reale valore. Men che meno di obiettività. Aperta parentesi: qualcuno dirà “valutare un libro è sempre soggettivo”. In parte è vero. C'è tuttavia una componente (stile, forma, conoscenza della materia) che non può essere che obiettiva. Chiusa parentesi.
Domanda facile facile: secondo voi quanti validi critici di settore – nelle specifico parlo della narrativa di genere – abbiamo in Italia?
No, perché se mi volete far credere che sia meraviglioso continuare a importare brutti romanzacci dall'estero, e pubblicare mediocre materiale autoctono, mi viene il dubbio che un po' di colpa sia anche di una critica o compiacente o ignorante. O magari entrambe le cose.
Anche oggi mi sono fatto nuovi amici. Son contento!