Questi sono giorni caldi per il governo AKP e per la Turchia in genere, basti pensare alle operazioni militari in nord Iraq contro il PKK ed il terremoto a Van. Sembra che l”apertura democratica” voluta dal governo di Erdoğan stia fallendo, considerando anche le tensioni col partito filo curdo, che costituisce 1/4 della commissione incaricata di stendere il primo abbozzo di costituzione. Speriamo che non sia veramente una vecchia strategia con un imballaggio nuovo nella questione curda, come Cengiz Çandar ha intitolato un suo recente articolo sul Radikal.
Altro scandalo (o almeno dichiarazione scandalosa) da criticare è l’affermazione del vice Primo Ministro Beşir Atalay, secondo la quale la Turchia nei primi due giorni dopo il terremoto avrebbe rifiutato gli aiuti della comunità internazionale per capire quale fosse il “potenziale turco” in una situazione di emergenza. Se fossi un terremotato mi irriterei non poco.
Ma in realtà non è su questi aspetti che vorrei richiamare l’attenzione.
Ho già precedentemente specificato in commenti vari la mia non troppa simpatia per la Democrazia Cristiana (in omaggio all’articolo del compare Giuseppe Mancini che uscirà sul supplemento Espansione de Il Giornale questo venerdì) di Erdoğan.
Penso che sarebbe molto interessante un tipo di inchiesta che portasse alla luce i sopracitati aspetti critici. Tuttavia si preferisce prestare attenzione solamente a fenomeni quali il “radicalismo islamico”, il “ritorno alla sharia”, o l”invasione islamica dell’Europa”. Cosa costerebbe trattare l’AKP come un governo qualsiasi, con suoi pregi, difetti e difficoltà, senza scadere nel bieco e assolutamente – direi – non professionale orientalismo?