CROAZIA: La memoria riconciliata. Il discorso dei due presidenti

Creato il 12 settembre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Davide Denti

Oggi i popoli croato e italiano hanno un futuro comune nell’Europa unita su basi democratiche. Fra breve non vi saranno confini fra i nostri due Paesi.” E’ il 3 settembre 2011, e così i presidenti di Italia e Croazia, Giorgio Napolitano e Ivo Josipovic, celebrano con un discorso comune, letto nelle due lingue, il termine dei negoziati per l’adesione della Croazia all’Unione Europa. Lo scenario è l’Arena romana della città di Pola, in Istria, oggi uno dei comuni croati ufficialmente bilingui.

Il discorso dei due presidenti richiama entrambi i capitoli del contenzioso storico tra i due paesi: l’occupazione fascista e i tentativi di italianizzazione forzata, così come le vendette partigiane jugoslave e la tragedia delle foibe: “Condanniamo ancora una volta le ideologie totalitarie che hanno soppresso crudelmente la libertà e conculcato il diritto dell’individuo di essere diverso, per nascita o per scelta.”

Non sarà un caso, che solo oggi un tale reciproco riconoscimento sia possibile: da parte di un presidente italiano che viene dalla migliore storia del PCI, lontano da ogni rivendicazione nazionalista della destra, ma anche scettico verso la fratellanza acritica di buona parte del suo stesso partito verso la Lega dei Comunisti Jugoslavi; e di un presidente croato che, per quanto ben più giovane, ha percorso lo stesso cammino nella fazione riformista dei comunisti croati, lavorando per la sua trasformazione nell’attuale partito socialdemocratico, e dopo l’indipendenza restando per un decennio lontano dalla politica e dalle sirene del nazionalismo autoritario del “padre della patria” croata Tudjman.

Coltiviamo la memoria delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all’avvenire”. Come scrive Marzio Breda sul Corriere, hanno dimostrato coraggio i due presidenti a pronunciare insieme parole importanti, la cui credibilità futura si basa sull’aperto riconoscimento dei torti reciproci del passato.

Azioni come queste creano comunanza, e tagliano l’erba sotto i piedi di quegli imprenditori politici della storia e della paura che vivono dello sfruttamento di una memoria che cova ancora come brace. Nel 2013 la Croazia entrerà a far parte dell’Unione Europea, e sarà allora che l’attenzione dovrà restare alta, affinché i discorsi nazionalisti nei due paesi non riprendano piede. Così come accaduto nel caso dei paesi dell’Europa centro-orientale, è dopo l’adesione che gli attori politici, da una parte e dall’altra delle frontiere, possono trovare una nuova arena a livello europeo, in cui sfruttare a fini politici (carriera, consenso) una memoria non ancora riconciliata e pronta ad essere richiamata in vita. Così è stato per i tedeschi espulsi dalla Polonia e dalla Boemia, così per le minoranze ungheresi in Slovacchia e Romania.

L’errore fondamentale, in questi casi, è di applicare allo ieri le categorie dell’oggi, chiedendo un’impossibile riparazione ai figli e nipoti dei responsabili di allora. Solo una riconciliazione basata sul reciproco riconoscimento dei torti, sull’impossibilità di ripararli, e sulla volontà di vivere insieme in una “casa comune europea”, per utilizzare la definizione di Gorbacev (un altro comunista!) ripresa da Napolitano e Josipovic, potrà garantire la vita comune dei diversi popoli del bacino Adriatico all’interno dell’Unione Europea, senza che questa si trasformi in una nuova arena di scontro. In questo senso, le parole di Napolitano e Josipovic indicano la strada, come due Presidenti dovrebbero fare, “in nome dei nostri Stati e dei nostri popoli”.


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