Croce del Sud

Creato il 18 maggio 2011 da Fabry2010

[Questa è la versione 'sotto le duemila parole' - facente parte della raccolta Siete ancora lì? - di un racconto che ha anche una versione più ampia. Se volete, potete leggere tale versione qui]

Chris uscì dall’acqua e risalì la spiaggia. E dopo aver sistemato la tavola da surf tra i fili d’erba che crescevano su una delle dune si andò a sedere di fianco alla coppia.
“Dobbiamo aspettare che la marea ricominci a salire” disse indossando gli occhiali da sole “e diventerà un pomeriggio memorabile.”
Fuori il point era poco affollato – la qualità delle onde era rimasta costante per tutta la mattinata – e la spiaggia, all’inizio piuttosto affollata, si era andata costantemente svuotando.
“È già memorabile” disse la ragazza. Si appoggiò sui gomiti tirandosi su dall’asciugamano e inclinò la testa all’indietro. I capelli nella brezza. “Non ci posso credere che siamo praticamente soli.”
“Questi posti sono sempre poco frequentati” disse Chris. Prese una rivista dallo zaino e la posò sull’asciugamano, ma senza decidersi a sfogliarla. C’era qualcosa che lo tormentava. “Oggi soprattutto” aggiunse. Si guardò attorno come a sincerarsi di quello che stavano dicendo. “In acqua ho sentito alcuni surfisti dire che sono andati tutti a vedere la balena.”
La ragazza allora smise di dondolarsi con la testa nell’aria e per un momento parve indecisa su cosa dire. E il ragazzo, che le era sdraiato accanto e che fino a quel momento sembrava stesse dormendo, si sollevò a sua volta sugli avambracci. In ascolto.
“Quale balena?”, chiesero all’unisono.
Chris inizialmente non rispose, come sorpreso dalla domanda. Si era finalmente deciso ad aprire la rivista e stava guardando l’immagine di un’onda gigantesca alla cui base si riconosceva la silhouette di un uomo su una tavola da surf. La didascalia sopra l’immagine diceva DA QUALCHE PARTE NEL PACIFICO.
“Ho sentito due tizi parlarne in mare” riprese volgendosi verso la ragazza, e facendo un cenno con la testa al ragazzo, “giusto dopo che sei uscito dall’acqua tu.” Raddrizzò il busto. Le braccia distese sulle ginocchia piegate. Indicò il promontorio alla loro sinistra. “A un paio di chilometri da qui, la prima baia che si incontra guidando verso sud. Cinque minuti in macchina. Ricordi dove ti ho portato a fare surf ieri mattina?” chiese. Il ragazzo annuì. “La spiaggia non è un granché” continuò voltandosi nuovamente verso la ragazza “ma le onde…”
Tacque un istante.
“Quindi?” domandò lei.
“Una balena è finita sugli scogli e sta morendo.”
“O mio dio. Stai scherzando?” chiese di nuovo la ragazza.
“No. È successo alcune ore fa. È per questo che non c’è più nessuno.” Continuava a tenere la rivista aperta sulla fotografia e intanto si era messo a passare le dita sull’articolo sottostante, ma senza dare l’impressione di leggere.
“Dobbiamo muoverci anche noi” intervenne il ragazzo mettendosi a sedere.
“Non c’è nulla che possiamo fare.”
“Qualcosa ci deve essere” insistette quello.
Chris scosse la testa. Smise di guardare la rivista. “Quando una balena finisce sulle rocce non c’è via d’uscita. La marea ricomincerà a crescere in serata, ci vorranno ore prima che l’acqua la raggiunga di nuovo. E anche allora…”
“Si sarà ferita sbattendo sugli scogli” disse la ragazza. Una smorfia di dolore a spezzarle la voce. – S’era d’improvviso rattristata, aveva tirato fuori dalla borsa un pacchetto di sigarette e si era messa a cercare con impazienza l’accendino.
“A quanto pare ha un taglio sotto la pancia. Almeno così mi hanno riferito.”
“Qualcuno sa il motivo?” chiese lei.
“Vanno a spiaggiarsi anche in branchi alle volte. Come se cercassero il suicidio. Ma nessuno conosce la ragione. Sono anni che gli scienziati cercano di capirlo.”
Il ragazzo fece per alzarsi ma d’istinto rimase seduto. Si passò le dita lungo le braccia come se avesse d’improvviso sentito freddo, poi scosse la testa. “Dobbiamo comunque andare.”
“C’è già pieno di gente.”
“Vorrà dire che saremo tre persone in più a dare una mano.”
“Tre persone in più a vederla morire, intendi” disse lei accendendosi finalmente la sigaretta. Aspirava e soffiava il fumo con impazienza. Più per calmarsi che per piacere.
“Una balena, cristo di un dio” ricominciò allora il ragazzo. Si voltò verso di loro. “Ma non capite? C’è una balena arenata, qui dietro. Centinaia di persone a cercare di salvarla… E noi? Cosa ci stiamo facendo ancora qua?”
I due all’inizio non risposero. Lasciarono che la domanda raggiungesse la strada alle loro spalle e sparisse dietro la polvere di una jeep di passaggio.
“Se non può essere salvata, allora andarci non cambia un bel niente” disse infine la ragazza, “ha ragione Chris.” Fece cadere la cenere di lato all’asciugamano e si portò le gambe al petto. “Amore” aggiunse voltandosi verso il ragazzo, “so cosa intendi, ma io non me la sento di andare ad assistere a una cosa del genere.”
Il ragazzo non disse nulla.
“Capisco che per voi avrà dell’incredibile. Non credo che in Italia succedano cose del genere.” Chris si fermò, come se avesse perso il filo del discorso. “Magari è uno di quegli eventi che ti capitano una sola volta nella vita. Una balena arenata, tutte quelle persone attorno…”
“Solo a pensarci” mormorò la ragazza “mi viene da piangere.”
“Il punto è che una volta là non potremo fare altro che guardare” continuò lui. “Forse la decisione migliore che possiamo prendere al momento è quella di lasciarla in pace. Ci sono già abbastanza persone.”
“La penso anch’io così” disse la ragazza, con calma, mettendo le parole con attenzione l’una di fianco all’altra.
Il ragazzo allora cercò di visualizzare la scena. La balena moribonda sulle rocce. L’occhio sofferente. Centinaia di sguardi a osservarla. Mani che accarezzano, secchi che rovesciano acqua sulla pelle disidratata. Il sole alto, senza scampo. Dita che scattano fotografie. Videocamere. La tremenda bellezza della giornata a premere come una mano incandescente sui presenti.
“Se però per te è così importante” riprese lei dopo un lungo istante, “allora andiamo.” Gli aveva appoggiato una mano sulle spalle. “Ma non per fare fotografie” aggiunse. “Non voglio andare là a fotografare una cosa così bella mentre muore.”
Il ragazzo continuò a non ribattere nulla. Si mise a fissare le smagliature delle nuvole sull’orizzonte, appena sopra il ciglio dell’oceano.
“Nessuno ha mai detto niente del genere” mormorò. Ma sapeva, dicendolo, che il pensiero di fare fotografie aveva attraversato la sua mente dal primo istante in cui gli era stato detto della balena.

Erano andati in Australia in vacanza. Una pausa di riflessione. Un tentativo di rimettere a fuoco le cose, di capire quello che veramente volevano l’uno dall’altra e da se stessi. Non si erano sposati ma avrebbero potuto farlo, non avevano avuto figli ma avrebbero potuto averne. Convivevano, ecco. Questo era quello che rispondevano a chi glielo domandava. Per scelta naturalmente.
Avevano trascorso la loro prima notte a Sydney, affacciati al balcone dell’hotel coi calici di vino pieni e la sterminata luminosità dei grattacieli attorno.
Nei giorni seguenti erano stati all’Opera House, avevano visitato il Museo di Storia Naturale, avevano cenato nei ristoranti del Darling Harbour, e il fine settimana, mentre giravano con due hot dog in mano tra le bancherelle e i pezzi d’artigianato nel mercatino di Pannington, erano rimasti per un lungo istante in silenzio, davanti all’annuncio VENDESI affisso sul cancelletto d’entrata di una casa.
La seconda settimana avevano affittato un’auto e si erano spinti verso nord. Avevano risalito la costa tra baie bianche e cittadine isolate, fino ai margini della Gold Coast. A Byron Bay lui aveva surfato tra i delfini e lei aveva trascorso le giornate facendo fotografie. Avevano fatto l’amore in spiaggia, una quinta sterminata di pappagalli a vegliare sugli alberi alle loro spalle.
Con Chris si erano conosciuti diversi anni prima, quasi per caso, in un bar. E si erano da subito piaciuti. Come loro era un’anima in cerca del suo posto, ‘a running soul’ si era definito. Un eterno ragazzino preoccupato dall’idea di crescere. Era giunto in Italia al seguito di una ragazza con cui le cose poi non avevano funzionato e dalla quale alla fine si era dovuto dolorosamente separare. Di ritorno in Australia, dopo anni passati a Milano a cercare una via impossibile alla felicità, aveva rilevato una piccola fattoria nella Sunshine Coast smettendo una volta per tutte di correre. “Anche se ho perso la mia anima gemella” aveva detto accogliendoli il mattino del loro arrivo, “ho finalmente trovato il luogo in cui voglio stare.”
E in quel luogo il ragazzo e la ragazza avevano passato quattro giorni. Tra spiagge incontaminate e interminabili notti in veranda. A bere birra e chiacchierare mentre i resti della cena si raffreddavano dentro i loro piatti. “Questo posto è il paradiso” aveva detto il ragazzo allo scadere della seconda sera.
“Di sicuro lo è” aveva risposto Chris.
“Dovremmo trasferirci anche noi a vivere qui” aveva continuato il ragazzo.
“Dovreste” aveva detto Chris.
Il cane del vicino aveva abbaiato. La ragazza si era addormentata. Una lepre era sbucata d’improvviso dalla siepe sul muro di cinta e aveva attraversato di gran lena il giardino.

“Te l’avevo detto che sarebbe diventato un pomeriggio memorabile” cominciò a dire Chris camminando verso la duna sulla quale poche ore prima aveva appoggiato la tavola da surf.
Era la loro ultima giornata insieme. Il mattino dopo, all’alba, il ragazzo e la ragazza si sarebbero recati sulla Grande Barriera Corallina per due mattinate di snorkling prima del rientro in Italia.
“Quando la marea sale e il sole va giù” disse Chris cominciando a spalmare paraffina sulla tavola “questo luogo diviene unico al mondo.”
L’oceano era un’immensa lacrima verde striata di rosa e d’azzurro. Le onde carezze morbide provenienti dall’ignoto. E sull’orizzonte erano scese nuvole leggere che parevano foschia, dentro alle quali il sole andò a immergersi come miele in una distesa di latte.
Quella sera, mentre lentamente bevevano birra sotto l’occhio silenzioso della Croce del Sud, Chris si mise a raccontare della volta in cui sulla Barriera Corallina si era allontanato dal gruppo con cui stava facendo un’immersione, ed era andato a sporgersi sul bordo esterno di uno strapiombo in cui nessuno pareva intenzionato a recarsi. Un crepaccio oltre il quale non si riusciva a scorgere altro che il buio senza fine degli abissi. Aveva guardato giù allora, aggrappato al corallo come sull’orlo di un pianeta sconosciuto, e nel silenzio pieno di vuoto, aveva visto un’ombra scura e affilata, più scura e affilata del profondo dal quale stava emergendo, nuotare per un istante verso di lui e poi dissolversi nell’acqua.
La ragazza sentì un brivido attraversarla e si strinse al petto del ragazzo, e Chris si mise a ridere. “Vado a prendere un altro paio di birre” disse alzandosi. E passando loro di fianco strizzò l’occhio e bisbigliò “questa è la maniera in cui da queste parti ci facciamo abbracciare più forte dalle donne.”
Il ragazzo e la ragazza rimasero sull’amaca l’uno accanto all’altra, in silenzio. Un ripieno di grilli e fruscii a scarrocciare d’improvviso loro addosso.
“Non riesco a togliermela dalla testa” mormorò lei a quel punto. Prese un respiro che pareva non finire e domandò “ci stai pensando anche tu?”
Alcune ore prima, mentre al largo prendevano le ultime onde della giornata, Chris aveva chiesto a un surfista appena entrato in acqua se sapeva qualcosa della balena.
“È ancora là” aveva risposto quello, “in agonia. Un team di veterinari è arrivato apposta da Brisbane per farle un’iniezione e ucciderla. Verrà tagliata in tre parti. La trasporteranno a Sydney per essere studiata. Finirà esposta da qualche parte.”
Il ragazzo non era riuscito a fare a meno di pensare che, se mai un giorno fossero tornati anche loro a Sydney, allora l’avrebbero potuta finalmente vedere, lucida e imbalsamata, a pendere insieme alle altre dal soffitto di qualche sala del Museo di Storia Naturale.
Quell’immagine gli era affondata come un relitto nella mente, e da lì non si era più mossa.Ovunque guardasse, di qualunque cosa provasse a ragionare, continuava a ritrovarsela davanti.
“Stai ancora pensando alla balena?” chiese di nuovo la ragazza mentre Chris riappariva sulla veranda con tre birre in mano.
“No” rispose lui mentendo.



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