Ero in ufficio, qualche settimana fa.
Un lunedì assurdo, fatto di bidoni
pieni di fazzoletti usati, tosse violenta, male alle osse e tanta,
tanta voglia di tornare a casa sul divano. Per vegetare. Per
stringermi alla Luna. Per riprendere un po' di forze.
Stavo male: non riuscivo a fare
praticamente nulla se non guardare disperatamente l'orologio,
sperando di andarmene il prima possibile.
Tra un colpo di tosse e l'altro, suona
il telefono: nessun numero. Mi schiarisco la voce, cercando di darmi
un po' di vita, e rispondo. “Buongiorno, chiamo dalla redazione di
Unomattina. Siete produttori di dadi da brodo, giusto? Perché
stiamo preparando una puntata proprio sui dadi e vorremo invitarvi in
studio per parlarne un pò..”
Un'occasione importante per l'azienda:
garantisco la nostra disponibilità, le confermo che qualcuno sarebbe
andato a
Roma per partecipare alla trasmissione e, non appena chiudo
la comunicazione, chiamo il mio capo. “Unomattina ci ha contattati!
Dobbiamo andare a Roma” gli dico, in preda al fuoco sacro
dell'entusiasmo. “bene bene Elena, vai avanti!” mi fa lui,
criptico, prima di riagganciare. Rifletto qualche istante sul
significato dell'espressione “vai avanti Elena” ma, causa febbre,
demordo in fretta (“lo scopriremo solo vivendo”, penso). Con
occhi pesanti, un freddo inenarrabile e male pressoché ovunque,
faccio fagotto, saluto e torno a casa. Qualche ora più tardi, il
boss mi chiama dicendomi che mi sarei occupata personalmente
dell'affare RAI. “io, cosa, dai cosa stai dicendo?”. Andare in
tv. Parlare in diretta davanti ad una telecamera.. oddio, no. “Dai
ma io, ma su sono in ufficio da nemmeno due anni, rischio figure
barbine, ma dai, perché non vai tu..”. Non attacca. Dovevo andare
io. Mi arrendo alla legge insita nelle richieste del mio capo: prendo
atto della sua decisione, chiudo la comunicazione e mi rimetto a
soffiarmi – senza interruzione alcuna – il naso.
Il mercoledì mi richiamano dalla
redazione, dicendomi che l'appuntamento (programmato per il venerdì
mattina seguente), era stato rimandato: avevano modificato il
programma, spostando i dadi ed inserendo un'intervista a non so quale
attrice. Avevo 38 di febbre: ringrazio il cielo e ritorno a dormire.
Il giovedì, a causa di alcuni impegni
importanti, sono costretta a tornare in ufficio. Alle 15.30, suona il
cellulare. “Ciao, ascolta, abbiamo dovuto cambiare nuovamente il
programma.. non è che riuscireste a partire e venire giù a Roma
per.. domani mattina?”.
Il cuore mi si blocca per qualche
istante in gola. Accetto all'istante, ripresa dal fuoco sacro
dell'entusiasmo. Ed iniziano i preparativi: disperati.
-
torna a casa, prendi il gatto,
portalo a casa dei tuoi.
-
Prendi i campioni di dadi e carica
l'auto.
-
Ricordati di trovare un navigatore
altrimenti a Roma ci arrivi tra tre settimane.
-
La valigia: prendi un po' di
vestiti, scarpe, silk epil perché, di grazia, occorre mettersi a
posto!
-
Fai il pieno alla Polo. Povera
piccola, ma reggerà?
Alle 16.30 ero nuovamente in ufficio
per caricare i campioni: nel frattempo, avevo litigato con la Luna
per riuscire a metterla nel trasportino che odia, avevo dovuto
cambiarmi i jeans perché, sempre lei, a causa della sua repulsione
nei confronti degli spostamenti, me li aveva battezzati con qualche
litro di urina, avevo fatto la valigia dimenticandomi i trucchi ed il
carica batterie del cellulare, avevo recuperato un navigatore e.. non
avevo avuto tempo di pensare che, da li a poche ore, sarei andata in
RAI.
Il viaggio della speranza inizia alle
17.00. Prendo l'E45 e mi dirigo verso la capitale – da sola –
sperando con tutta me stessa di farcela. Non avevo mai percorso una
distanza così lunga (tra andata e ritorno, quasi 800km!) da sola con
la mia auto. Temevo la stanchezza, temevo di perdermi, temevo di
schiantarmi nel traffico romano.. insomma, temevo un sacco di cose.
Fortunatamente, tutto fila liscio come
l'olio: alle 21.40 entro in un albergo molto carino accanto a via
Teulada (dove l'anno scorso frequentai il corso di scrittura creativa
RAIERI, quanti bei ricordi!), e mi precipito nel ristorantino che mi
avevano prenotato in Viale Angelico (ho mangiato le fettuccine al
tartufo più buone che abbia mai assaggiato! Se passate da Roma,
fermatevi al ristorante King dei Molisani – viale Angelico 41-43).
Mi rendo conto che l'aria romana mi fa
uno strano effetto: quella città mi rende incredibilmente felice.
Forse perché c'è un
feeling speciale tra di noi o forse solo perché
ho avuto la fortuna sfacciata, nei tre mesi di corso, di girarmela
tutta a piedi, no so dirvi. Però ha il potere di farmi sentire
accolta, quasi come se fossi arrivata a casa di una vecchia amica che
non vedevo più da qualche tempo. È una città che conosco, in cui
avevo sviluppato le mie abitudini (come comprare il pane da portare a
casa in Romagna, ad esempio!): una città che, per quanto talvolta mi
abbia spaventato, non manca mai di dirmi “ben tornata Elena”. Lo
fa a modo suo, ispirandomi pace e tanta voglia di fare al tempo
stesso. Insomma: rivederla è sempre un piacere immenso!
Riesco ad arrivare a letto verso
mezzanotte. E, chiaramente, di dormire non se n'è parlato nemmeno.
Tosse, tosse ed ancora tosse. Unite il tutto ad un po' di agitazione
ed avete la chiara immagine dell'Elena che gira e rigira per la
stanza e decide, verso le quattro del mattino, di dormire seduta
abbracciata ad un cuscino (l'unico modo trovato per vincere la
tosse).
Il mattino seguente, entro a Saxarubra
verso le 9.00. una meraviglia: una piccola città fatta di studi
televisivi e di gente che non sta ferma un attimo. Parcheggio dietro
ad un camion aperto e, pochi istanti dopo, mi rendo conto che alcuni
uomini, stanno scaricando gli arredamenti dello studio di
Superquark.
Mi fermo incantata: questo è il Paradiso!
Ho avuto il grande onore di farmi
truccare e pettinare dalle incredibili – e davvero tanto simpatiche
– professioniste RAI: vedere che, subito dopo di me, era il turno
di Lori del Santo, è stato qualcosa di surreale, incredibile.
Guardarmi allo specchio alla fine del processo di “restyling
feniciano”, ha lasciato la stessa emozione dentro la piccola – ed
incredula – Elena: stentavo a riconoscermi.
Ho trascorso tutta la mattina in uno
stato di felice beatitudine. Una volta dentro lo studio, sono
riuscita a parlare con cognizione di causa ed a godermi a pieno quel
fantastico momento.
Alle 13.30, ha avuto inizio il viaggio
di ritorno: ero stanca, provata dall'influenza e dalle poche ore di
sonno ma.. felice! Di avercela fatta, di aver vissuto quelle ore così
cariche ma così belle.
Ma soprattutto ero grata di aver avuto
la possibilità di viverla: che bella soddisfazione!
Ed ecco il video della mia fatica (che
non riesco a guardare.. ce la farò, un giorno.. forse;)). [al minuto 28, mi dicono!]