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Non amo particolarmente quei post in cui gli scribacchini se la suonano e se la cantano. Mi sembrano articoli settaristi, che escludono dal discorso tutti coloro che - Dio li abbia in gloria - non hanno la minima intenzione di scrivere racconti o romanzi.
Tuttavia finire la prima stesura di un lavoro di media lunghezza è pur sempre un evento piuttosto importante per un creativo (madò, com'è difficile trovare le giuste parole cercando di non apparire snob!). Ieri ho chiuso la versione beta de La nave dei folli, sequel della novel Il treno di Moebius. Per sapere di che si tratta vi consiglio di visitare questo link, dove troverete anche il bando per la realizzazione della copertina dell'ebook.
Il risultato è un solido file di 120 pagine in formato A5, che ora dovrà passare le forche caudine di un doppio editing - mio ed esterno.
Mettere la parola "fine" su un lavoro di medio-ampio respiro è pur sempre una soddisfazione. Non ho nessun rituale particolare per celebrare la cosa, se non un visibile allentarsi della "tensione", festeggiato con un bel giro di cazzeggio in Rete, cosa che in fase di scrittura mi auto-impongo di limitare a fasi alterne, altrimenti va a finire che non concludo nulla.
Poi ci sono state le prime valutazioni a caldo. Nello specifico de La nave dei folli sono più o meno queste:
- Si tratta di una buona storia. Non è supponenza, bensì realismo: se un autore non crede a ciò che scrive, meglio lasciar perdere. Attenzione: non è così automatico che arrivare alla fine di un racconto coincida con un giudizio positivo in merito a esso. Sapete per esempio che ho qui due novel complete, entrambi molto corpose, del tutto inedite perché non mi convincono nemmeno dopo una mezza dozzina di aggiustamenti fatti a ciascuna delle due?
Non perdo l'occasione per ribadirvi di lasciar perdere i consigli idioti di quelli che vi vorrebbero umili a livelli masochistici. Andate a vedere cos'hanno scritto questi grandi scienziati e scoprirete che nel 90% dei casi parlano senza averne le basi, e che l'umiltà è l'ultima cosa che possono predicare. Un po' di fiducia in se stessi è indispensabile, senz'altro più del parere di tanti guru da osteria che infestano la blogosfera.
- Pur essendo una novel autoconclusiva, come Il treno di Moebius, ci starebbe benissimo un terzo e ultimo capitolo. Questo è un bene, per due semplici motivi. In primo luogo vuol dire che lo scenario creato è ricco di spunti. Al di là che possano piacere o meno, ci sono dunque elementi stuzzicanti e complessi. Elementi che generano elementi. In secondo luogo questo possibile/probabile terzo capitolo mi darà modo di scrivere con relativa tranquillità per un altro paio di mesi o forse più. Tra l'altro la storia dell'eventuale terzo segmento della "saga" è già abbastanza definito nella mia testa, e mi sembra anche valido.
- Anche se non inseguo in nessun modo l'originalità, mi tocca ammettere che ne La nave dei folli ci sono degli spunti abbastanza divertenti e inediti, almeno per quel che riguarda i generi di mia competenza. Spunti già accennati ne Il treno di Moebius, e ben sottolineati da questa recensione.
- Ultimo punto, ma su questo tornerò in seguito: mi sto convincendo a regalare anche La nave dei folli, chiedendo semmai il libero contributo di un euro a chi, dopo averlo scaricato e letto, giudicherà opportuno ricompensare il mio sforzo creativo con un piccolo obolo. Una scelta che all'estero paga spesso e volentieri e che da anni mi riprometto di tentare anche qui in Italia. Vedremo...
Si conclude così questo post abbastanza auto-referenziale, una sorta di riflessione a voce alta che mi son permesso di condividere con voi.
Resta la curiosità di girarvi la seguente domanda, colleghi scribacchini: quali sono le prime cose che fate dopo aver messo la parola "fine" su un vostro lavoro?
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