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9 aprile 2012, lunedì di Pasqua. Esco di casa e penso di vivere in un incubo che mi vede catapultata al giorno di santo Stefano priva di ogni vestito invernale. Mi do un pizzicotto: nessun incubo, pura realtà. Rientro in casa. Mi maledico per aver fatto il cambio di stagione con un certo anticipo, troppo anticipo. Apro l'armadio: nessun maglione, giusto un paio di felpe felpate. Ne afferro una bianca al volo. Infilo la canottiera della salute (!), una maglietta a maniche corte che magari al mare è caldo, la felpa, il giacchetto primaverile e la sciarpa. Ah sì, mi munisco anche di due paia di calze, uno dei quali, ovviamente, di lana. Riesco di casa. È ancora freddo, ma parto ottimista. Andiamo a Senigallia, al mare, e al mare, per forza, deve essere più caldo.
In macchina sento i piedi gelarsi. Il riscaldamento è a palla come d'inverno. Leggo la gabbianella e il gatto a mio cugino, non ricordavo fosse così bella quella storia! Ci ritroviamo a giocare al gioco degli animali, ma il mio cuginetto è troppo forte, è un undicenne zoologo e pensa sempre animali strani che puntualmente non indovino mai. La sua sorellona mi guarda perplessa quando mi cimento coi suoi indovinelli, come per dire ma sei scema a perderci ancora tutto questo tempo? Fa' in modo di non farmi sentire di gnu, caribù e condor per tutti i centosessanta chilometri di strada, per favore.
A un certo punto l'autista cambia idea sulla meta, non più Senigallia, troppo lontano. L'autista dice testualmente che ci fermeremo al primo mare che troviamo. Mentre facciamo colazione, con una cartina in mano, decide che la destinazione più vicina è Falconara, provincia di Ancona. Quando arriviamo noto con un certo dispiacere che la temperatura non è affatto cambiata. La spiaggia è deserta, i locali chiusi, il posto abbastanza bruttino, ma è il primo mare che abbiamo trovato e perciò sarà il mare di questa Pasquetta assolata, ma freddissima, e se lo dico io, che non ho mai freddo, c'è da crederci.
Il mare deserto mi piace, il mare un po' burrascoso mi piace ancora di più. Sullo sfondo, in lontananza, si vede il porto di Ancona, a un passo dalla spiaggia la ferrovia. Camminiamo a lungo, ci siamo solo noi. Raccogliamo una busta di conchiglie bellissime, poi torniamo indietro, ci scaldiamo giocando con un pallone trovato lì per caso, perso da qualcuno chissà quando. C'è anche uno scivolo con le altalene in quell'angolo di spiaggia solo per noi. Mi dondolerei volentieri, ma le dimensioni del mio lato B non me lo permettono. Pazienza. Mentre c'è chi ancora gioca a pallone io mi diverto a cogliere l'attimo fotografando le acrobazie ginniche di S. e del suo ragazzo. Ovviamente non posso partecipare attivamente, visto che non so fare niente, a parte la capriola in avanti, già su quella all'indietro ho qualche difficoltà.
Il freddo imperversa, il vento tira un bel po' scompigliando i capelli in tutte le direzioni possibili e immaginabili. Finalmente torniamo in macchina col riscaldamento di nuovo a palla, ho le mani gelate.
Dopo il picnic e tutti i chilometri del ritorno, non appena apro la porta di casa mi fiondo in camera a cercare qualcosa di pesantissimo. Mi infilo un maglione a collo alto con sopra anche una felpa di pile, poi mi accartoccio vicino al fuoco, cercando di scaldarmi tutta: mani, piedi, faccia. Tutto. So che rimpiangerò questo freddo quando ci saranno trenta gradi, ma io ho fatto il cambio di stagione. Non posso tirare giù, di nuovo, le cose invernali. Non posso fare il cambio di stagione due volte, perciò aspetto che torni primavera, con qualche brivido di troppo che, comunque, è sempre meglio del caldo afoso, questo è ovvio!
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