Cronaca di una serata tranquilla – “Lucy”

Creato il 03 ottobre 2014 da Borga007

Ieri sera sono andato a vedere Lucy. Bravo pirla, potrebbe rispondermi qualcuno. E cosa ce ne frega, potrebbe dire qualcun altro. E invece ve la racconto, com’è andata. Niente di che, eh.

C’eravamo io e i miei amici, Peter, Dylan e Matteo. Quest’ultimo si è portato dietro anche uno che non sopporto tanto ma che per non essere scortese ho risposto con un “va bene” all’affermazione “Oh, viene anche Giorgio che da quando l’hanno rieletto è costretto a stare in casa con la Clio a guardare solo Un Posto al Sole”. Ovviamente siamo tutti puntuali, manca solo Matteo, il quale ci raggiunge con passo, come diremmo noi giovani, ganzo e tranzollo. E’ arrivato in moto, nonostante piovesse. E indossa sempre quel cazzo di giubbotto di pelle e quella maledetta camicia bianca che nemmeno Paperino aveva tanti modelli uguali dei propri vestiti nel proprio armadio. Appena arrivato cerca di imporre a tutti la visione del film dell’Ape Maia perchè. Qui è il momento in cui disconnetto il cervello e sento solo alcune parole intervallate dal rumore delle onde del mare che si infrangono con forza contro gli scogli in una giornata dal cielo plumbeo. Famiglia. Scuola. Futuro. Sole. Cuore. Amore. Forse le ultime tre gli sono venute per inerzia. O forse ho sentito male. Per fortuna arriva Giorgio che accompagnato ormai dal suo inconfondibile compagno, il bastone da passeggio, riporta alla realtà il Matteo con la semplice motivazione che “Non ho sopportato quasi dieci anni di Un Posto al Sole per poi, nell’unica sera in cui esco con gli amici, andare a vedere una cazzo di ape che parla”. Niente da dire, ci mettiamo in coda, Dylan prova a proporre l’ennesimo horror di ottantesima visione proveniente dagli anni ’60 al che Giorgio torna sull’orlo di una crisi di nervi quindi decidiamo di andare a vedere Lucy. Perchè alla fine Besson mette d’accordo tutti. Ecco, diciamo così.

Ci sediamo. Ecco, il posto esterno. Se c’è una cosa che odio è il posto esterno. Estraniato da qualsiasi conversazione, impossibilitato nell’enunciare simpaticissime battute durante la visione e con il classico sconosciuto a fianco, grazie all’omino della biglietteria che nonostante la sala vuota raggruppa tutte le persone nello stesso punto manco lui fosse il cane e noi le pecore, con il quale si ingaggerà una lotta all’ultimo sangue per il controllo del bracciolo. Per fortuna a Peter scappa la pipì e corre fuori dalla sala. Prontamente gli rubo il posto, quello di fianco a Matteo. Inizia la pubblicità e Matteo comincia a enunciare teorie economiche dalla consistenza evanescente perchè la crescita, la ripresa, il Pil e poi niente il mare ha ripreso il sopravvento sulla mia attenzione. Dylan si guarda intorno: non capisco se per cercare qualche bella ragazza o per controllare che non sia presente nessuno di sua conoscenza. Forse si vergognava di uscire con noi, forse non era proprio il suo genere di film. So solo che, non avendo lui un cellulare, è stato costretto a dialogare con Giorgio. Ecco, i trailer. Ecco, l’ennesima commedia scialba italiana. Matteo mi guarda malissimo e mi riprende, affermando il bisogno di sostenere il settore culturale del nostro Paese. Esticazzi, però. Annuisco, gli do ragione. Finalmente inizia il film.

Wooosh.

E finalmente finisce il film. Perchè, insomma, il film è quello che è. Una ‘Bessonata’ del 2014 con poco coraggio, qualche spinta sull’acceleratore ma non troppa e un sorrisino dietro l’altro accompagnato da un breve movimento orizzontale ondulatorio del capo traducibile dall’espressione colloquiale “Checcagata”. Giorgio un po’ si arrabbia. L’unica volta che esce con qualche amico da anni e lo portiamo a vedere sta cagata. Dice che il prossimo film lo sceglie lui. Per fortuna tutti i registi che conosce sono già morti. Matteo cerca di spiegarci la visione del futuro attraverso una riflessione metafilmica, metaforica e metastocazzo della pellicola. Roba che per fortuna che esistono le onde del mare. Dylan non ha detto nulla, una volta finito il film. Si limitava a scuotere la testa. Poi si fermava. Poi mi guardava e ricominciava a scuotere la testa. Come se fossi io il colpevole. Se non fosse stato per me saremmo andati a vedere l’Ape Maia, perdio! Ecco la prima volta che scrivo ‘perdio’. Son soddisfazioni. Ora che ci guardo, Peter non è più tornato dal bagno. Controllo il cellulare e trovo un suo messaggio: “Scusa ma avevo lasciato il gas aperto e sono corso a casa”. Sì, ci credo.

E quindi niente, alla fine siamo usciti dal cinema. Dylan non si ricordava dove avesse parcheggiato la sua auto ma grazie al suo quinto senso e mezzo (non fatemi domande, per favore) l’ha ritrovata di fianco al Lidl, esattamente dove l’aveva messa appena due ore prima. Giorgio e Matteo sono andati a casa sulla loro Punto blu. Il primo consapevole che a casa lo avrebbe aspettato una mezz’oretta di riassunto di soap opera della serata e il secondo, invece, più riflessivo considerando l’attanagliante dubbio che lo assillava: una foto al libro sul comodino o alla luna nel cielo per dare la buonanotte ai propri followers?

Per quanto riguarda me sono tornato a casa un po’ deluso da Besson che, nonostante la supercazzola scientifica, ha scritto una sceneggiatura che si conclude al minuto 30 di Trascendence, un po’ deluso dal montatore del trailer che ha messo tutte le sequenze carine in quei due minuti e mezzo, un po’ anche da Morgan Freeman che ormai interpreta gli stessi ruoli da dieci anni con il pilota automatico perchè le bollette s’hanno da pagà e pure l’Imu sulla seconda casa. Sarebbe potuto essere una cosa esagerata, potente, “ignorantemente” divertente, sborona, ecco. Invece è un compitino, un filmetto leggero leggero. Niente di ché. Quindi metto in moto l’auto, infilo la chiavetta usb del sapere universale nella radio e comincio a cantare.



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