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Cronaca semiseria del "periodo no"

Creato il 01 luglio 2015 da Sommobuta @sommobuta
Il “periodo no” è quel particolare periodo dell’anno in cui tu saresti tenuto a fare qualcosa, ma l’universo sembra cospirare contro di te affinché tu fallisca.
Devi fare una determinata cosa, improrogabile, con tempistiche ben determinate, e di colpo iniziano a capitarti una serie di disavventure o contrattempi che non ti consentono di focalizzarti sull’obiettivo.
Sono due settimane che sto vivendo il mio personale “periodo no”.
E sembra che il periodo sia ben lontano dal terminare.
Sono al rush finale del saggio su Dragon Ball. Ho preso una settimana di vacanza dal lavoro unicamente per concentrarmi sui capitoli più delicati e finire il tutto per il 17 luglio.
Ovviamente, il “periodo no”, come una bella nuvola fantozziana, come un avvoltoio pronto a fiondarsi sulla carcassa, era in agguato per me.
Due giorni prima dell’inizio delle mie “vacanze” ho un piccolo incidente culinario. Niente di serio, ma nell’incidente mi si rompono gli occhiali.
Definitivamente.
Impossibile aggiustarli o “metterci ‘na pezza”.
Si devono cambiare.
Tipo Così...
Evvabbè, era in conto. Però checcazzo…
Chiunque porta gli occhiali da-tipo-sempre sa che la trafila “visita dall’oculista-ottico-occhiali nuovi” è una rottura di palle infinita. Se in Italia le proverbiali goccine negli occhi che l’oculista, malignamente, ti somministra per spalancarti la pupilla ti regalano quella mezza giornata di cecità perpetua, qui a Londra sono ancora più malefici: ti sparano del liquido dritto negli occhi.
No, non scherzo: te lo “sparano” proprio. Per ben tre volte. Ad occhio.
Ti fanno appoggiare la testa all’interno di un macchinario, che ha una struttura molto simile a quella della cura Ludovico. Gli occhi quindi sono belli e spalancati, e da una specie di tubo parte questo schizzo ghiacciato che ti esplode all’improvviso sulla superfice dell’iride.
Per uno che non è preparato può essere uno shock.
E ovviamente, l’effetto è lo stesso della goccina: mezza giornata di cecità.
Pomeriggio di scrittura bruciato.
Ma andiamo avanti.
Primo giorno di ferie, lunedì, programma inflessibile per tutta la settimana:
- Sveglia ore 7;
- Inizio lavoro ore 8;
- Prima pausa 10,30;
- Seconda sessione di scrittura;
- Pranzo ore 13;00
- Terza sessione di scrittura;
- Seconda pausa ore 17,30;
- Quarta sessione di scrittura;
- Cena;
- Relax;
- Nanna.
Potevano mai andare così le cose?
Ma certo che no!
Intorno alle ore 9 ricevo una telefonata da parte della mia agenzia immobiliare: “Occhio che stanno arrivando i tipi del gas a fare l’upgrade.”
Ok, aspettiamoli.
Nel frattempo continuo a scrivere.
Poi loro arrivano. Installano un salvavita sensibile alle fughe di gas, e portano coperte termiche ed estintore in caso d’incendio.
Ok, roba utile, non si sa mai. Grazie mille per la premura. Ma ho perso un’ora buona.
Quale sarebbe l'utilizzo di un estintore in casa, dite?
Mi rimetto al lavoro, squilla il cellulare: “I tuoi occhiali sono pronti!”
So già che quello pronto non è il primo paio di lenti “ufficiale” (che sto ancora aspettando, by the way), ma quello “ufficioso”. Decido comunque di andarli a ritirare. Così da abituarmi in fretta al “trauma” delle lenti nuove.
Per chi non lo sapesse, infatti, qualsiasi nuovo paio di lenti, indossate per la prima volta, ha un effetto strepitosamente “drogante”. Tutto ruota e balla, come se avessimo assunto una qualche sostanza stupefacente. E l’effetto dura (almeno, per il sottoscritto è SEMPRE stato così) due giorni.
Vabbè, ne approfitto anche per fare un salto in biblioteca.
Trovo Blankets.
L’ho già letto, ma voglio rileggerlo in lingua originale.
Lo prendo.
Torno a casa.
 Sarà contento Dario Moccia...
Tra tecnici, occhiali e biblioteca ho perso 3 preziose ore.
Mi rimetto sotto, recupero in nottata. Finisco attorno alla mezzanotte. Ho recuperato, ma sono stanchissimo. La buona notizia è che ho superato le 10.000 parole in una giornata sola. Non mi era mai riuscito. Sono contento.
Il secondo giorno riesco a dedicarlo interamente, per fortuna, alla scrittura.
Raggiungo le 17.000 parole. Non male.
Mi concedo un regalo.
Questo.
Sarà contento Davide Mana...
Mercoledì, il periodo no, ritorna.
Abbiamo i tecnici per l’installazione di internet a casa. Praticamente tutta la giornata.
Non ho tempo per scrivere.
FUCK!
Mi dico: “Ok, giovedì sarà tranquillo, hai tutto il tempo!”
E invece, la solita telefonata dall’agenzia: “Vengono quelli del comune a fare un sopralluogo”.
MAVAFFANCULO!
Ok, il sopralluogo è rapido e indolore, ma pure perdo un’ora. A cui ne aggiungo un’altra per la spesa settimanale (dovrò pur mangiare, no?).
Ma il resto fila liscio, scrivo.
E così venerdì.
Il periodo no sembra essere lontano.
Prrrrrrrrrrr! (cit.)
O forse no.
Perché dovrei scrivere anche sabato e domenica.
Ma sabato me la prendo “di festa”. Esco con Deborah. Vaffanculo a tutto e a tutti, insomma.
Domenica scribacchio, ma senza “voglia”. Le domeniche sono giornate pigre, lo sapete tutti. Soprattutto se il giorno dopo devi tornare a lavorare.
Ad ogni modo sono soddisfatto: il grosso del lavoro sul libro di Dragon Ball è fatto. È uscito fuori un bel malloppone, tocca solo aggiungere un paio di capitoli, l’introduzione, la conclusione, le note, le rifiniture e l’editing.
Siamo a cavallo.
URRA’!
Il periodo no è lontano, penso.
E invece no.
Ieri mattina accendo il computer per mettermi al lavoro. E mi accorgo subito che qualcosa non va.
Il tasto “C” non funziona più. ORRORE!
Lo smonto, lo pulisco, provo a capire cosa c’è che non va.
Niente, è proprio morto il gommino.
Unica soluzione: cambiare tastiera.
Bestemmie in aramaico antico.
Aspettando la tastiera nuova, mi tocca lavorare col vecchio computerino mezzo scassato.
Ma che, però, funziona ancora.
Almeno fino a quando il mio periodo no tornerà a colpire, perché ha deciso di mettermi i bastoni tra le ruote per il saggio su Dragon Ball.
E voi? Mai avuto un “periodo no”?

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