Oggi il MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca), ha emanato una nota di indirizzo alle segreterie universitarie delle facoltà di Medicina e Chirurgia di tutta Italia riguardo al prossimo concorso di accesso alle scuole di specializzazione. Poche righe, che suonano più o meno così:
Il concorso per l’accesso alle Scuole di Specializzazione di area sanitaria 2010-2011 inizierà con le prime prove nelle date del 7 - 8 – 9 Giugno 2011.
La presa di servizio dei neo specializzandi è fissata per il 30 Giugno.A breve ulteriori dettagli.
Ai più (e li capisco) questa notizia non farà nè caldo nè freddo. Per chi, come me, aspetta da più di un anno, è in buona sostanza un evento atteso in maniera quasi spasmodica da giorni, settimane, mesi. Tutti coloro i quali sostengono a spada tratta il ministro Gelmini e il suo entourage, dovrebbero sapere che, quest'anno più che mai, questo momento arriva dopo lunghe settimane di grotteschi rimandi, tra "necessità di comprendere il reale fabbisogno di medici per i prossimi anni" e altre becere scuse che sanno tanto di portafogli vuoti, in pieno stile con lo stile Tremontiano. Forse ci troveremmo tutti qualche mese avanti se il Ministro avesse deciso di far pagare con il pieno alla pompa di benzina, qualche centesimo anche per i contratti dei dottori, oltre che (e c'è già del patologico) le stagioni di cinema e teatri altrimenti lasciati alla rovina.I politici, a quanto pare, hanno il vizietto di dimenticarsi che i medici che lo stato da loro governato dovrebbe contribuire a formare, saranno gli stessi che li cureranno quando diventeranno vecchi e decrepiti (ancor più di come occorre per sedere in parlamento), così come gli insegnanti inculcatori e sottopagati che bistrattano a più riprese sono gli stessi che si curano dell'istruzione dei loro figli o dei loro nipotini.Ma non è (stranamente) per intavolare una sterile protesta politica che questa sera, in cui avrei potuto fare altro, mi trovo qui a battere pensieri sconnessi sulla tastiera del Mac. Forse mi godo una sorta di ultima ora d'aria prima di piombare a capofitto nell'oscuro periodo di "semi-clausura a crocette" che mi separa da quell'odiata prima prova.Forse. Ma quel che è certo è che è proprio in momenti così, specie corrugando una fronte ancora ustionata dal sole dello scorso weekend, che è facile buttarsi un po' giù e farsi qualche domanda.
Qualche anno fa volevo fare il giornalista. Giravo per la bassa bergamasca con una digitale ed un taccuino in tasca pronto a immortalare politici che inauguravano un'ambulanza per il centro anziani, ad intervistare presidenti di associazioni alla vigilia della festa del paese o a seguire noiose sedute serali di interminabili consigli comunali. La cosa strana è che non mi dispiaceva nemmeno.Quando ad un certo punto la necessità di scegliere tra il tentare la carriera del reporter e il gioco del dottore si è fatta più pressante, ho optato per il camice. Non ho sessant'anni, certo, ma posso dire che fino ad ora non me ne sono mai pentito. Quello che faccio, nonostante i problemi e gli intoppi che credo siano propri di ogni professione, continua a piacermi.Eppure, alla vigilia dell'ennesima prova che rischia di lasciarti in mano soltanto un magro biglietto con il consiglio di passare dal via e ritentare dopo 12 mesi, viene voglia di fare qualche riflessione.Per esempio: riconosco che, solitamente, il mio interesse nei confronti delle cose, anche delle più svariate, è genuino e profondo ma, tutto sommato, transitorio. Quasi si trattasse solamente di eventi di passaggio. Tu chiamale, se vuoi, notizie.Oppure: scrivere è una cosa che mi è sempre venuta spontanea. Alle superiori un amico sosteneva che avessi ingoiato un vocabolario. Non mi ricordo se è successo davvero, ma so che spesso le parole mi escono da sole dalle dita, a volte sin troppe (come in questo post).O ancora: ho un carattere curioso e ironico, posso essere pungente ma all'occorrenza accomodante. Faccio spesso domande senza ascoltare la risposta e proprio oggi mi hanno detto che sono socratico. Perfetto per condurre un'intervista.
D'accordo, mi avete beccato: sto forzando un po' la mano per cucirmi addosso una qualche parvenza di giornalista perfetto, saltando da una riflessione all'altra con il rischio di piombare in una specie di spirale autodistruttiva di un mondo parallelo. E se un fondo di verità ci fosse davvero? Altrimenti che ci farei ancora qui, che è quasi mezzanotte, a buttare pensieri nero su bianco in questo giocattolo simil-quotidiano chiamato Selinunte?
Meglio andare a leggersi le linee guida della fibrillazione atriale.
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