Il medico Samuele Petronio, uno dei personaggi di cui parlo anche in altra parte del libro, era fratello dell'esattore delle tasse. Non era originario del paese, ma venuto a Coreno da fuori, forse da Castelnuovo, intorno agli anni '30. Praticamente subito dopo la laurea; fresco di esame di abilitazione alla professione medica, avvenuto a Napoli qualche mese prima. All'inizio faceva solo le funzioni del medico della Mutua; poi nel suo quartino alle case popolari, che abitava da solo, aveva attrezzato un piccolo studio dentistico. Praticamente c'erano solo una sedia per il povero paziente, uno sgabello per lui e un piccolo trapano a pedali e un tavolinetto per pochi ferri e qualche medicina. Raccontano che a Napoli era avvenuto un fatto poco piacevole: forse attirato dalla ricchezza, più presunta che vera, di una ragazza più anziana di lui, si era prima legato con quella, poi, addirittura sposato. La moglie, che infatti nessuno conosceva, non era mai venuta al paese, anzi l'aveva lasciata a Napoli, sola per lunghe settimane, poi si erano lasciati e definitivamente separati. Qualcuno dice perché aveva scoperto che era più ricco lui. Qualche pettegolezzo sorse e corse inevitabile in paese, intorno al matrimonio del medico Samuele, che all'epoca era una delle figure di maggior rilievo sociale, ma più misogino di Alberto Sordi. Qualcuno, ben informato, disse che la donna, in combutta col fratello l'aveva raggirato, presentandosi un giorno all'Università: lui vestito in livrea da autista, che poi era la sua vera professione; lei da nobildonna elegantissima e ingioiellata come la Madonna di Pompei, rispettivamente alla guida e a bordo di una fuoriserie, che ovviamente non era di loro proprietà, ma che avevano affittata per l'occasione. L'avventura di una notte era costata assai cara all'ancora inesperto Samuele, visto che, dopo la separazione, era stato costretto a pagare un vitalizio alla moglie, fintamente sconsolata, ufficialmente sedotta e abbandonata. Samuele era famoso in tutto il paese per la sua parsimonia. Qualcuno la definiva avarizia. Dicono che quando era invitato ai matrimoni, volontariamente restasse digiuno per qualche giorno precedente al pranzo, per approfittare delle abbondanti portate del pranzo, e pure di qualche bis, al tavolo di uno dei rinomati ristoranti del golfo di Gaeta. Dicono pure che, come accessori, avesse una sola cintura di cuoio, allungata e rivettata più di una volta e una sola cravatta. E dicono pure che avesse un solo abito. Oppure che fossero due e non più di due, perfettamente uguali, che indossava alternandoli giornalmente. Quando morì lasciò una eredita' miliardaria - molti danari, il quartino alle casette e una villa, mai abitata - a lungo contesa tra qualche parente e le pie donne che lo avevano accudito dopo la scomparsa della sua storica donna di servizio Celestina. Professionalmente preparato, come tutti i medici di quel tempo, ma di modi spiccioli. Io stesso, ad appena otto anni, sono stato vittima della sua ruvidezza. Giocando dietro casa, all'aria di Rosina, mi ero procurata una profonda ferita al ginocchio, senza una grande perdita di sangue. Questo particolare mi aveva indotto, erroneamente a pensare che la ferita si sarebbe rimarginata da sola. Quando rientrai a casa cercai di tenere nascosta la cosa, ma quando tentai di infilarmi nel letto, mia madre si accorse che qualcosa non andava. Vide la ferita e mi portò di corsa dal medico Samuele, che abitava poco lontano, all'ultima casetta. Quello senza anestesia, senza scrupoli e con un particolare gusto sadico mi ricucì la ferita con quattro o cinque punti inferti nella carne viva. A memoria di quel fatto, porto ancora la cicatrice cucita nella mia carne. All'altezza del ginocchio sinistro.
Cronache dal Piccolo Borgo della Pietra Millenaria
Creato il 15 aprile 2015 da Salvatore Ruggiero @sally57Il medico Samuele Petronio, uno dei personaggi di cui parlo anche in altra parte del libro, era fratello dell'esattore delle tasse. Non era originario del paese, ma venuto a Coreno da fuori, forse da Castelnuovo, intorno agli anni '30. Praticamente subito dopo la laurea; fresco di esame di abilitazione alla professione medica, avvenuto a Napoli qualche mese prima. All'inizio faceva solo le funzioni del medico della Mutua; poi nel suo quartino alle case popolari, che abitava da solo, aveva attrezzato un piccolo studio dentistico. Praticamente c'erano solo una sedia per il povero paziente, uno sgabello per lui e un piccolo trapano a pedali e un tavolinetto per pochi ferri e qualche medicina. Raccontano che a Napoli era avvenuto un fatto poco piacevole: forse attirato dalla ricchezza, più presunta che vera, di una ragazza più anziana di lui, si era prima legato con quella, poi, addirittura sposato. La moglie, che infatti nessuno conosceva, non era mai venuta al paese, anzi l'aveva lasciata a Napoli, sola per lunghe settimane, poi si erano lasciati e definitivamente separati. Qualcuno dice perché aveva scoperto che era più ricco lui. Qualche pettegolezzo sorse e corse inevitabile in paese, intorno al matrimonio del medico Samuele, che all'epoca era una delle figure di maggior rilievo sociale, ma più misogino di Alberto Sordi. Qualcuno, ben informato, disse che la donna, in combutta col fratello l'aveva raggirato, presentandosi un giorno all'Università: lui vestito in livrea da autista, che poi era la sua vera professione; lei da nobildonna elegantissima e ingioiellata come la Madonna di Pompei, rispettivamente alla guida e a bordo di una fuoriserie, che ovviamente non era di loro proprietà, ma che avevano affittata per l'occasione. L'avventura di una notte era costata assai cara all'ancora inesperto Samuele, visto che, dopo la separazione, era stato costretto a pagare un vitalizio alla moglie, fintamente sconsolata, ufficialmente sedotta e abbandonata. Samuele era famoso in tutto il paese per la sua parsimonia. Qualcuno la definiva avarizia. Dicono che quando era invitato ai matrimoni, volontariamente restasse digiuno per qualche giorno precedente al pranzo, per approfittare delle abbondanti portate del pranzo, e pure di qualche bis, al tavolo di uno dei rinomati ristoranti del golfo di Gaeta. Dicono pure che, come accessori, avesse una sola cintura di cuoio, allungata e rivettata più di una volta e una sola cravatta. E dicono pure che avesse un solo abito. Oppure che fossero due e non più di due, perfettamente uguali, che indossava alternandoli giornalmente. Quando morì lasciò una eredita' miliardaria - molti danari, il quartino alle casette e una villa, mai abitata - a lungo contesa tra qualche parente e le pie donne che lo avevano accudito dopo la scomparsa della sua storica donna di servizio Celestina. Professionalmente preparato, come tutti i medici di quel tempo, ma di modi spiccioli. Io stesso, ad appena otto anni, sono stato vittima della sua ruvidezza. Giocando dietro casa, all'aria di Rosina, mi ero procurata una profonda ferita al ginocchio, senza una grande perdita di sangue. Questo particolare mi aveva indotto, erroneamente a pensare che la ferita si sarebbe rimarginata da sola. Quando rientrai a casa cercai di tenere nascosta la cosa, ma quando tentai di infilarmi nel letto, mia madre si accorse che qualcosa non andava. Vide la ferita e mi portò di corsa dal medico Samuele, che abitava poco lontano, all'ultima casetta. Quello senza anestesia, senza scrupoli e con un particolare gusto sadico mi ricucì la ferita con quattro o cinque punti inferti nella carne viva. A memoria di quel fatto, porto ancora la cicatrice cucita nella mia carne. All'altezza del ginocchio sinistro.
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