Nella seconda metà degli anni cinquanta Hunter S. Thompson, alias Dottor Gonzo, alias l'autore di Paura e delirio a Las Vegas, lavorò come giornalista per il Daily News di Portorico. A quell'epoca, Thompson non era ancora diventato famoso, la rivista Rolling Stones non aveva ancora aperto i battenti e la stagione degli Hippy, del free love e dell'LSD apparteneva ad un futuro che in pochi si sarebbero immaginati. Cronache del rum non è nient'altro che il resoconto romanzato di quei giorni pieni di follia, disperazione e, per l'appunto, di Rum. Non molto tempo fa ne è stato tratto anche un film con Johnny Deep (che per la seconda volta si è trovato a vestire i panni del dottor Gonzo), mentre per chi preferisce leggere invece che andare al cinema, e per tutti i fan sfegatati - come il sottoscritto - di quel geniaccio di H.S.Thompson, Dalai Editore ne ha curato ed edito nel '98 l'edizione italiana, di cui mi accingo a parlarvi.
Scrivere una recensione su questo romanzo dopo aver letto il capolavoro di Thompson"Paura e delirio a Las Vegas" è un po' come, diciamocelo pure, commentare una partita di calcetto dopo che si è fatta la telecronaca della finale di coppa del mondo; e questo non perchè il romanzo in questione sia brutto, ma più che altro perchè Paura e delirio a Las Vegas era semplicemente perfetto, scritto da un Thompson in piena maturità e grazia psichedeliche. Logico, quindi, che qualsiasi altro suo lavoro risulti al confronto sbiadito, se non minimalista. Però rimane il fatto che Hunter S. Thompson era un grande narratore e Cronache del Rum, tutto sommato, è un gran bel romanzo. Non vi è la follia psichedelica degli altri suoi lavori, perchè a dominare il tutto regna sovrano l'alcool e le sbronze colossali che Thompson e i suoi colleghi si presero tra i bar malfamati di Portorico, sotto il sole cocente e le palme tropicali; però non manca l'ironia feroce e dissacrante del dottor Gonzo, anche se leggermente annebbiata dai vapori del Rum.
E in effetti la prima cosa che salta all'occhio, leggendo il romanzo, è la sottile vena depressiva che ne permea le pagine, intrisa di alcool, disperazione e mancanza di un qualsiasi punto di riferimento. I personaggi (fittizi ma ispirati a fatti reali) di Cronache del Rum sembrano perdersi in questa odissea senza alcuna meta, dove non vi è casa, ne pace ne amore da conquistare, ma solo un grande vuoto nell'anima da riempire con litri e litri di Rum. Non avendo letto l'opera completa di Thompson non posso dare un giudizio completamente affidabile in tal senso, ma penso comunque di non sbagliare poi di molto affermando che questo è forse uno dei suoi romanzi più tristi. D'altro canto, una delle qualità più notevoli di Thompson è sicuramente quella di saper coinvolgere il lettore fino a farlo immedesimare in pieno nell'esperienza dei suoi viaggi: e se in paura e delirio a Las Vegas si trattava di viaggi mentali e fisici nell'universo delle droghe, qui si parla invece di sbronze, depressione da post-sbronze e poi ancora sbronze. Insomma, per farvela breve, un libro ad altissimo tasso alcolico, per il quale potrebbero ritirarvi la patente se solo vi mettete a leggerlo prima di salire in macchina. Comunque consigliatissimo a tutti quelli che hanno apprezzato l'unico ed irripetibile funambolismo letterario di uno dei personaggi più singolari di tutto il secolo passato: H.S.Thompson, dottore laureato in giornalismo gonzo.
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