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Cronache di Surakhis 58: Dimissioni di Massa.

Creato il 28 settembre 2013 da Enricobo2
La notte era scesa livida sulle Colline profumate. La città, ma anche tutto il pianeta era avvolto dai fumi e dalle esalazioni che l'esplosione, dovute all'incuria progressiva, delle centrali a merda, avevano provocato. I litigi delle varie fazioni avevano bloccato ogni decisione e quando i grandi contenitori che raccoglievano gli escrementi di tutto il pianeta erano esplosi, i delegati, impegnati nel decidere se i colori delle nuove divise dovessero rappresentare anche i quartieri di rispettiva elezione e soprattutto il numero di ancelle di piacere a cui ognuno aveva diritto, avevano fatto spallucce. Intanto il liquame saliva e nella città bassa era già arrivato al primo piano ed aveva invaso le caverne basse, quelle scavate alla base delle montagne di immondizia che da decenni ricoprivano la città. I cunicoli delle miniere erano tutti chiusi e i minatori si aggiravano neghittosi in cerca di qualche cosa da mettere sotto i denti. Avevano così scoperto una verità a lungo coperta dalle autorità cittadine. Tutti si erano chiesti infatti come mai dalle centrali a merda, dopo la produzione di energia, non uscissero scorie di nessun tipo e pochi avevano fatto caso che le grandi fabbriche per la produzione del pastone, il cibo che veniva fornito gratuitamente ai lavoratori come salario (era stata una grande conquista sindacale, che aveva barattato la gratuità del lavoro con la fornitura gratuita di cibo, diritto inalienabile dei cittadini di Surakhis), erano situate proprio a valle delle centrali stesse e qui affluivano le scorie esauste dopo l'uso. 
Qualcuno aveva capito che era proprio la merda che rifluiva dai serbatoi digestori, la materia prima fondamentale con cui venivano fabbricati i cosiddetti pani base e i pastoni aromatizzati con cui venivano fatte le minestre. Molti gourmet obiettarono che era proprio la materia prima a dare al prodotto quell'inconfondibile sentore delizioso, che tutti ritenevano una caratteristica fondamentale della cucina planetaria, famosa in tutta la galassia e Charly Littlestones, capo della potentissima setta dei bioeconaturisti, si era spinto a dire che in fondo la merda era il più biologico e naturale tra tutte le materie prime, fornito oltretutto stagionalmente e a chilometri zero. Tuttavia questi argomenti ormai non appassionavano più molto la popolazione che oramai, anche nei quartieri alla base delle colline, ce l'avevano alle ginocchia mentre la fornitura di cibo era stata sospesa da giorni, così tutti gli occhi erano rivolti al palazzo del governo, dove l'imperatore era rinchiuso nel palazzo circondato dalle guardie che lo dovevano tradurre al patibolo e rifiutava di aprire le porte. I suoi accoliti e la sacerdotessa Massa, la più influente delle sue fedelissime, si era dimessa per solidarietà e questo suo gesto simbolico aveva trascinato tutti gli altri in una ordalia che era poi degenerata in una orgia epocale, anche se svaniti i fumi dell'alcool e degli afrodisiaci, le dimissioni erano state firmate da tutti col sangue, pur mantenendo l'uso della casa di piacere parlamentare dove tenevano seduta fissa, allietati dalle sacerdotesse e altre prebende minori, come stipendi e pensioni. 
Il governo era alle corde, il provvedimento sui colori delle divise era ormai saltato e anche l'importantissimo decreto che doveva stabilire in via definitiva il numero delle pieghe dei pepli delle assistenti succhiatrici ormai era impossibile da definire nei tempi previsti. Ogni decisione era sospesa. Di fuori le banda di Cricket si aggiravano lanciando slogan contro il palazzo, ribadendo la loro rinuncia alle prostitute di stato che tanto ognuno si aggiustava da solo, anche se poi molti di loro avevano obiettato che non era giusto pretendere un pié di lista per ogni prestazione usufruita. I più, però, scrutavano il cielo per individuare scie chimiche lasciate dalle astronavi andromediane, che portavano i clandestini fino in prossimità del pianeta per poi lasciarli nello spazio vicino, in mano ai predatori di organi. Insomma c'era un po' di confusione e anche se l'imperatore aveva dichiarato ufficialmente che prima di consegnarsi alla milizia avrebbe preferito fare esplodere il pianeta (molti pensavano infatti che fosse stato un suo ordine preciso quello di far fuoriuscire la merda dalle centrali, per creare un diversivo) e che prima dell'estremo sacrificio (quello del pianeta), se ne sarebbe andato in esilio su Capella III, il pianeta delle vergini multivulvari, dove avrebbe scrittole sue memorie, deluso del fatto che il suo mondo a cui tanto si era dedicato, non lo amasse più, dopo tutto quello che lui aveva fatto.
Eppure non si era mai tirato indietro quando, con noncuranza verso i suoi interessi personali, aveva corrotto, rubato e operato ogni genere azioni indecenti, per il bene dei suoi sodali ed in fondo della popolazione tutta, secondo le leggi di natura. Pianeta ingrato che non lo meritava. Meglio che fosse distrutto per sempre, la galassia non lo avrebbe rimpianto. Nella città bassa, invasa dai liquami e soffocata dalla puzza, intanto l'ira sorda degli schiavi ribolliva silenziosa e molti, sui cumuli di immondizie cominciavano ad affilare lame di fortuna e a fissare a lunghi bastoni, le mazze pesanti. Paularius, che riusciva, per innata consapevolezza, a prevedere gli andamenti dei tempi, aveva trasformato in crediti galattici tutte le sue proprietà e, con solo una dozzina di concubine a cui era particolarmente affezionato, aveva lasciato il pianeta da qualche giorno, per trasferirsi su un sistema solare periferico e vedere cosa sarebbe successo. Lì apprezzavano molto la cucina di Surakhis. Avrebbe aperto una pizzeria in attesa di tempi migliori, intanto i cambiamenti climatici non influivano sulla quattro stagioni. 
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