Cartina tratta da Limes
Lo sgangherato copione della vittoria del bene sul male sta diventando grottesco: un morto senza corpo e senza nemmeno una foto, una dinamica confusa e poco convincente, una serie di bugie iniziali lasciano aperte tutte le ipotesi, compresa quella, espressa da peacereporter che in realtà Bin Laden fosse morto da tempo.
Ma tutto questo in fondo ha poca importanza: ciò che è stato ucciso ad Abottabad, accanto ad una delle più importanti installazioni militari pakistane, non è uomo, ma di volta in volta, un simbolo, un pretesto, una carta da giocare, un credito da spendere negli equilibri geopolitici. Il problema è se Obama abbia dovuto calare l’asso prematuramente per necessità elettorali, oppure se abbia ritenuto che fosse arrivato il momento di liberarsi di una lotta jahidista, enfatizzata per anni al fine di giustificare guerre e paure planetarie, ma divenuta per qualche verso scomoda.
Di certo il gioco del domino in Asia si riapre, focalizzato sull’Afganistan. Ora, con grande dolore per Karzai, è possibile trovare accordi con i talebani e con tutti i movimenti tribali che finora si sono ferocemente opposti all’invasione dei portatori di democrazia. Ma ci sono alcuni problemi che potrebbero portare a risultati paradossali.
E qui la sciatta regia dell’uccisione di Bin Laden si rivela più sensata: il fatto che il nascondiglio fosse così vicino a un centro nevralgico pakistano, rende le collusioni e le coperture di cui ha goduto il capo di Al Qaeda, non più un sospetto, ma una certezza. Così tramonta l’ipotesi di un ritiro graduale delle truppe occidentali dall’Afganistan in vista di un possibile protettorato di fatto del Pakistan su Kabul e soprattutto sui territori Pasthun. Se i pakistani hanno venduto Bin Laden per acquisire dei meriti e farsi avanti con richieste in proprio, hanno commesso un errore clamoroso quanto meno a farlo trovare all’ombra del proprio esercito.
La cosa comunque non è di poco conto perché una crescita del potere pakistano è inviso all’India che a sua volta costituisce il bastione, il contrappeso che gli Usa vorrebbero contrapporre alla Cina. Quindi non è affatto escluso che una certa presenza militare occidentale rimanga in Afganistan, ma paradossalmente a tutela di un governo in sostanza talebano contro le mire di Islamabad.
La quale naturalmente non potrà fare altro che tentare di risuscitare in qualche modo il terrorismo di marca wahabita.
E’ un’ipotesi estrema, ma tutt’altro che fuori dal mondo: il potere ha una logica che risponde a solo a se stessa e che non ha valori altri, anche se tenta di sfruttarli. Ecco perché non bisogna stupirsi delle foto mancanti o dell’orrore per cui ufficialmente esse mancano: ci si potrebbe domandare da che parte stia la civiltà o dove sia finita.