30 aprile 2013 di Redazione
di Oreste Caroppo
“Laccu de li Russi” e un particolare di girini e di un esemplare di Lepidurus che cerca di nascondersi nuotando nell’acqua della pozza sotto una massa vegetale. (Foto di O. Caroppo, 28 marzo 2010)
Nella foto è ritratto un laghetto temporaneo – uno dei più persistenti acquitrini dell’area paludosa detta de li Russi – il Laccu de li Russi – ricadente nel feudo di Supersano che, un tempo, faceva da contorno al grande lago Sombrino nella cui ampia vallata, che giunge ai piedi della Serra di Supersano, è situata la palude immortalata. Un amico mi avvisava che qui aveva notato la comparsa di un piccolo crostaceo appartenente, dal punto di vista tassonomico, all’ordine dei Notostraci ovvero a quel gruppo di crostacei così detti perché posseggono il carapace (a tale caratteristica è dovuta proprio l’etimologia del nome). Cercavo questa specie da diverso tempo e perciò mi recai in perlustrazione sul luogo dell’avvistamento. Erano le 13:00 del 28 marzo 2010 quando, finalmente, ebbi il grande piacere di vedere il tanto ricercato crostaceo dal suggestivo ciclo vitale e, filogeneticamente parlando, antichissimo.
Questi animali, appartenenti alla famiglia dei Triopsidi, hanno una morfologia esterna che apparentemente pare non aver subito modifiche dal Triassico, ovvero da ben 220 milioni di anni, e perciò potrebbero essere le specie animali più antiche ancora viventi. Gli esemplari che lì ebbi modo di osservare erano numerosissimi e nuotavano assieme ad altrettanto numerosi girini di anfibi anuri. La specie potrebbe essere quella del Lepidurus apus, che è un parente stretto del più noto Triops cancriformis che, così come il primo, è rinvenibile nel Salento nelle pozze effimere d’acqua dolce. Durante la perlustrazione, inoltre, notai che alcuni di loro sguazzavano nel fango, altri, concluso il breve ciclo vitale, giacevano morti sul fondo, altri ancora erano carichi di uova sotto il carapace il quale, negli esemplari più grandi, raggiungeva la lunghezza di 2,5 cm. Questi crostacei producono uova microscopiche che si disseccano con il prosciugarsi della pozza e, in tale condizione, possono restare quiescenti per anni. Quando il lago, per le abbondanti piogge, viene a ricostituirsi e saranno ristabilite le condizioni ottimali chimico-fisiche per lo sviluppo delle uova, da queste, in brevissimo tempo, si svilupperanno gli individui. La larva che si origina dall’uovo è chiamata nauplio e la crescita procede attraverso diverse mute sinché, nutrendosi e divenuti adulti, si riprodurranno per poi morire ma ciò, solo dopo aver prodotto altre numerose uova e ancor prima che la pozza sia di nuovo prosciugata. Tale ciclo si ripete da milioni e milioni di anni subendo minime, quasi nulle, variazioni evolutive così come i loro fossili testimoniano. I Triopsi di hanno un misterioso terzo occhio, posto medianamente tra altri due, ed è per questa caratteristica fisica che è stato coniato il termine triops che, infatti, deriva dal greco e significa proprio “tre occhi”. Per forma, sebbene artropodi differenti, i Triopsidi ricordano i Limuli che vivono in acque marine e, suggestivamente, anche i Trilobiti, quasi estinti, che vivevano in ambienti marini dell’Era Paleozoica.
Durante una campagna di rilevamento ho avuto anche il piacere di perlustrare, nel cuore del Basso Salento, diverse pozze temporanee assieme al dottor Giuseppe Alfonso, limnologo zoologo dell’Università del Salento. A lui, in un’escursione del 22 dicembre 2008, ne segnalai alcune nel feudo di Maglie, precisamente in contrada Pumu – Muntarrune e in contrada Montalto, formatesi a seguito delle piogge su banchi affioranti di roccia calcarea, in buche sia carsiche, da erosione carsica superficiale, sia di origine antropica, dove, già da diversi anni, avevo notato la presenza, riscontrata anche insieme, di un altro piccolo crostaceo ossia il cosiddetto Branchipus schaefferi. In altri laghi e pozze effimere formatesi sul suolo sabbioso-argilloso dei Paduli, sempre nel Parco della Foresta Belvedere alla quale appartiene anche Maglie, abbiamo osservato, invece, il Chirocephalus diaphanus, altro crostaceo tipico di questi ambienti.
Il Branchipus schaefferi e il Chirocephalus diaphanus, come i Triopsidi, sono una specie dalla vita effimera ma fanno parte dell’ordine degli Anostraci ossia a quel gruppo di crostacei che non hanno il carapace (v. http://it.wikipedia.org/wiki/Anostraca). Allo stesso ordine appartiene la rossastra Artemia salina che vive nell’acqua salata del mare o in quella salmastra delle lagune dove è alimento di base per i fenicotteri che, nutrendosene, fa loro acquisire la tipica pigmentazione rossastra delle penne e piume. Artemie sono state fotografate alcuni anni fa nelle acque di Santa Cesarea Terme e precisamente presso l’antro della grotta costiera di Porto Miggiano.
Gli Anostraci hanno un ciclo vitale non dissimile dai Notostraci e, come questi ultimi, presentano dimorfismo sessuale, ovvero apparenti differenze somatiche tra individui maschi e femmine. I Notostraci e gli Anostraci sono, attualmente, i crostacei più antichi conosciuti, essendo note già dal Cambriano forme riferibili ai branchiopodi ovvero alla classe dei crostacei cui questi appartengono. Fossili di Anostraci si ritrovano dal Devoniano. Le uova, dette cisti, sono di dimensioni microscopiche e anche queste possono sopravvivere dissecate per diversi anni. Durante lo stato di quiescenza, le uova possono resistere sia ad alte e sia a basse temperature e al passaggio attraverso l’apparato digestivo di vari animali. È per tale motivo che questi esseri sono considerati organismi criptobionti. Sfruttando il vento o il corpo di altri animali le uova sono trasportate a notevole distanza dal luogo di origine e, in tal modo, la correlata specie riesce a diffondersi e a colonizzare nuovi luoghi oppure a rimanere in loco nella sabbia finché, percepite le condizioni ottimali e reidratatesi le uova, i nuovi individui si avvieranno rapidamente al loro completo sviluppo. In assenza di maschi, le femmine possono produrre uova fertili per partenogenesi generando, così, solo femmine. Questa è una strategia evolutiva doppiamente importante sia perché in tal modo si evita di vanificare la vita dell’individuo nel caso di un suo sviluppo in un ambiente privo di maschi, sia perché consente di procedere alla colonizzazione di nuovi ambienti in attesa che qualche uovo maschile giunga nel medesimo ambiente, in modo da potersi avere poi anche una riproduzione sessuale maschio-femmina, un sistema riproduttivo quest’ultimo che permette un incremento della variabilità genetica che, come noto, è sempre utile nell’evoluzione.
Le pozze effimere del Salento, diffusamente presenti nelle aree dell’antica Foresta Belvedere, hanno rivelato ecosistemi ricchissimi di biodiversità e, in merito ai crostacei, mostrano anche altre specie – a volte molto rare ed interessanti – come quelle dei copepodi, delle dafnie, ecc. Le popolazioni, in questi luoghi nostrani, sono sempre composte da numerosissimi individui e la loro presenza si rileva persino in quei laghetti dalle acque opache e color ambra che così appaiono poiché arricchite dalle sintine ovvero da quelle acque di vegetazione derivate dalla molitura delle olive e poi sversate dai frantoiani. Esempi di questo genere, per i quali si è provveduto anche ad effettuare campionamenti insieme al dottor Giuseppe Alfonso, sono stati rilevati in località Masseria Sant’Elia in feudo di Scorrano nel grande lago che si crea lungo il corso del Canale Lame il quale, a sua volta, sfocia nella voragine detta Avisu da Turre, ossia l’abisso di Masseria Torre Mozza.
La ricchezza di vita presente in tali pozze dei Paduli, (alimentate dalle piogge abbondanti su suolo terroso), che ho potuto personalmente constatare attraverso pescate fatte con apposito retino, è la ragione per la quale è qui tanto diffusa la presenza di avifauna acquatica, (che vi annovera uccelli di innumerevoli specie, dagli anatidi alle oche, dai cigni ai trampolieri, dai ciconiformi agli ardeidi e, poi, gruiformi, limicoli, ecc.). Tanti di questi uccelli infatti possono abbondantemente sfamarsi grazie all’abbondante quantità di plancton, zooplancton e fitoplancton che si genera nelle acque limacciose dei Paduli. Fanno da contorno, alla tanta vitalità dell’ecosistema, tritoni, rane, rospi, raganelle e loro girini, insetti di innumerevoli specie, oltre a tanti altri animali che, assieme, alimentano e costituiscono una ricca ed interessantissima catena alimentare.
In questi ambienti il fitoplacton è costituito da piante caratterizzate da un ciclo di vita strettamente legato ai ritmi delle stesse pozze. Tra di esse si ritrovano anche le alghe unicellulari verdi, come le clorelle e quelle pluricellulari oltre a tutta quella vegetazione tipica dei cosiddetti limni – termine che viene dal greco ed indica un luogo umido e ricco d’acqua stagnante così com’è nella stessa etimologia dei laghi detti Alimini in feudo di Otranto – tra cui le felci endemiche come la Marsilea strigosa dalla foglia galleggiante a forma di quadrifoglio scoperta nei laghi effimeri in feudo di Montesano Salentino e, precisamente, in località la Padula, ricadente, a sua volta, sempre nel Parco della Foresta Belvedere e nella vasta area dei Paduli centro-salentini. Questa specie fu scoperta da studiosi, biologi e ricercatori dell’Orto Botanico dell’Università del Salento tra cui la sua responsabile, la professoressa Rita Accogli e Leonardo Beccarisi. Di grande importanza per l’approfondimento della flora tipica delle pozze effimere presenti in quest’area, come anche della Grecìa Salentina, di Arneo, del Capo di Leuca, ecc., è il costante lavoro di ricerca svolto, sia sul territorio e sia in laboratorio, da parte della limnologa botanica Paola Ernandes, sempre dello stesso Orto Botanico leccese, che ha individuato microfelci assolutamente endemiche del Salento. Infine non si può rimanere indifferenti di fronte alle tante diverse specie di narcisi e di crochi che pure trovano in questi lacchi un habitat ideale. È il caso, per esempio, del Laccu Craparu di Soleto nella Grecia Salentina – un lago temporaneo di origine carsica poiché formatosi in una dolina che si apre nella dura roccia calcarea, tra gli olivi, quasi fosse un cratere, scavato ed eroso dalle acque piovane nei millenni che vi hanno depositato dentro uno strato di terre rosse semi-impermeabili – dove abbiamo osservato, (in un’escursione del 21 ottobre 2012), narcisi e crochi, che rispettivamente, punteggiavano e coloravano di bianco e di rosa un fondo di erbetta verde.