Comincerò col parlarvi della cicciolata, perché ho come il sospetto che questo sia un elemento misterioso per molti. Si tratta di un salume prodotto in provincia di Parma e consumato quasi esclusivamente in questa zona. La cicciolata è un salume povero; del maiale non si butta niente, questo lo sappiamo, e non è che ci puoi ricavare solo culatelli o prosciutti. Si fanno quindi bollire cotenne, la testa disossata, il grasso della schiena, più altre frattaglie in percentuale molto minore, tipo cuore o lingua ad esempio. Il sapore e il profumo vengono dati dall’aggiunta di sale, spezie, aglio, vino, ecc.. ognuno ha la sua ricetta. Cuocendo, i grassi si sciolgono e vengono eliminati spremendo la cicciolata in un torchio, che assume poi la forma quadrata caratteristica. Questo è un salume che mi riporta indietro nel tempo, che fa affiorare ricordi, non miei diretti, ma dei racconti di vita dei miei nonni. Ci sono pratiche contadine che ancora resistono malgrado si siano fortemente ridotte e siano ora molto meno diffuse di un tempo. Una volta era comune e quasi scontato avere un maiale nei cortili di campagna. Il malcapitato animale veniva nutrito in modo assolutamente genuino,ingrassato a dovere per essere macellato in un periodo che andava grossomodo da novembre a gennaio, garantendo cibo per tutta la famiglia (e una volta le famiglie erano numerose) per tutto l’anno. Mio nonno mi raccontava delle sua cantina, in cui i salami pendevano dalle travi, chiusa come una cassaforte, in cui il “bottino” veniva saggiamente gestito perché bastasse per l’intera stagione. La situazione economica non era fiorente, quindi il culatello veniva venduto per poter acquistare un maialino da ingrassare per l’anno successivo. E si andava avanti così…La cicciolata era destinata all’assaggio generale di amici, parenti e vicini di casa. Costituiva un omaggio poco impegnativo ma sempre gradito da offrire magari a chi abitava in paese e non macellava. Quand’ero piccola non mi piaceva, mi faceva impressione l’idea del grasso e non capivo come mai i miei ne andassero tanto ghiotti. Poi si cresce e i gusti cambiano, per fortuna. Certo che quella di una volta, fatta in casa, dev’essere stata a dir poco sublime… peccato! Ai giorni nostri, per un consumo più moderno, la si taglia a fette sottilissime da gustare su crostini o bruschette oppure a cubetti con l’aperitivo. La mia versione è rustica e tradizionale, ovvero, appoggiata su fette di polenta abbrustolite. La si preparava così in casa, semplicemente cosparsa di parmigiano grattugiato. Ho solo voluto aggiungere una nota cremosa con una mousse leggera di ricotta e gorgonzola e profumata da qualche rondella di porro saltato.
Sarà deliziosa?
6 fette di polenta (fatta il giorno prima)
6 fette di cicciolata (circa 200 g)½ porro150 g di gorgonzola50 g di ricotta olio extravergine, saleSi fa in una attimo. Lavorate il gorgonzola con la ricotta, dovrete ottenere una crema morbida e spumosa. Affettate metà del porro e fatelo appassire in una padellina con un filo d’olio, aggiungendo eventualmente un cucchiaio d’acqua per non farlo bruciare. In un’altra padella fate friggere le fette di polenta, girandole per farle dorare da entrambi i lati. Scolatele su carta per fritti e tenetele in caldo.
Disponete le fette di polenta su un vassoio o direttamente nei piatti e appoggiate su ogni fetta una fetta di cicciolata ripiegata in quattro. Con due cucchiai ricavate delle quenelle di gorgonzola e ricotta che sistemerete sulla cicciolata, terminando con una cucchiaiata di porri su ogni crostino di polenta. Servite subito.