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L'analisi presenta il nostro come un Paese, nonostante tutto, felice [attacca proprio così Luna]. Ci sarebbe, in effetti da capire, se il dato rispecchia una reale condizione o, piuttosto, "solo" la speranza di una Nazione. Sperare non è poca cosa ma è un sentimento che, in qualche modo, mi sa tanto di delega ad altri [a chi?] della responsabilità di uscire fuori da una situazione evidentemente non buona.
Cosa si può prevedere dagli stati che ogni persona riporta sui Social Network? Gli indici di borsa e i risultati elettorali. Basteranno queste due variabili osservate per poter dire quanto saremo felici? Non ne sono convinto. Per capirlo, però, se ci si pensa un pò, basterebbe monitorare la crescita delle Persone, dei Cittadini connessi alla Rete e, soprattutto, tra loro attraverso le Piattaforme Sociali. Ancora una volta ci aiuta Vincenzo Cosenza nel suo osservatorio Facebook. E' questione di Capitale Sociale; del Bridging soprattutto.
Perchè [solo] Facebook? Perchè pare che, almeno negli Stati Uniti, il 95% del tempo trascorso online sia dedicato proprio alla creatura [?] di Mark Zuckerberg. E se è vero per gli USA, ho motivo di credere che questo sia ancora più vero per l'Italia.
Perchè non anche Twitter? Perchè ho l'impressione che qui da noi sia ancora un fenomeno di nicchia e che, dalla nicchia, cerchi penosamente (almeno per il momento) di uscire con delle dinamiche che, brillantemente, sono state definite di accattonaggio digitale. Questo, credo, anche grazie al proliferare della tecnologia mobile. E sono fermamente convinto che l'accattonaggio sia dovuto ad una spasmodica ricerca di visibilità, di vendere qualcosa di se. [Se in TV si può/deve comprare, sul Web si può/deve guadagnare]. A differenza di quanto dice Luca De Biase che, analizzando il fenomeno delle maggiori vendite di strumenti mobili di accesso alla rete rispetto a quelli fissi, teme invece una Rete vissuta più da consumatori che da produttori.
Detto delle Persone Fisiche, cosa accade nel mondo delle Persone Giuridiche?
Sembra che il fenomeno dei Social Network stia iniziando ad essere monitorato con maggiore attenzione. Più del 50% delle Imprese che lavorano nel B2C e B2B in America ritengono, ora, infatti, importante la misurazione delle campagne condotte sui Social. E sembra anche che il Like sia il criterio maggiormente utilizzato. Non c'è quindi da scandalizzarsi di fronte a chi propone un indice, l'LPM (numero di like per ogni milione di revenue), di popolarità del Brand. Non si tratta, ovviamente, di un vero ROI; non credo abbia nemmeno molto a che vedere con la quota di felicità che quel Brand può creare; ma questi tentativi testimoniano una sempre più crescente sensibilità rispetto ad un fenomeno ormai consolidato e, se è vero - come è vero - che le Aziende ritengono il Like anche una richiesta di attenzione da parte del Consumatore/Cittadino, c'è da aspettarsi anche un miglioramento di performance in termini di qualità dei prodotti e dei servizi offerti. E, quindi, anche di felicità.
Dice Kashen, su GigaOm, a proposito della startup: In the startup world, thousands of entrepreneurs focus their ingenuity on finding ways to make millions of dollars. They look for market inefficiencies and focus on questions like: "Will consumers pay for this?" without asking "Will this make people’s lives meaningfully better?" It’s not that we shouldn’t try to make money, it’s just that money should be merely one of many factors we strive for, and it’s played far too central a role for far too long.
Dovrà però valere, nella dinamica di dentro-fuori, quello che Keith Ferrazzi, intervistato su inc.com, dice a proposito della dinamica dentro-dentro, della collaborazione; e, quindi, prima ancora di gestire una community fuori, sarà forse megli attrezzarsi per gestirne una dentro [magari Giacomo, magari!].
La parola d'ordine è, dunque, Collaborazione e siccome collaborazione significa felicità (di TUTTE le parti coinvolte) mi piacerebbe diventasse superfluo connotare con il termine "Sociale" una Iniziativa [Imprenditoriale] perchè ogni Iniziativa [Imprenditoriale] dovrebbe avere il risvolto sociale (dentro e fuori).
Non manco, quindi, di riferirmi anche oggi all'Editoria Sociale, al Modello intorno al quale ruotano gran parte dei miei ragionamenti.
Una previsione del Center for Digital future della Annenberg School dice che entro 5 anni la gran parte dei quotidiani cartacei scomparirà. A sopravvivere, secondo Jeffrey I. Cole, insieme alle quattro maggiori testate americane (New York Times, USA Today, Washington Post e Wall Street Journal), saranno anche le testate ultralocali [forse questo è il migliore aggettivo da contrapporre a "(iper)locale" con il quale ci si continua ostinatamente a riferire a testate che localizzate e destinate ad un ristretto bacino di utenza proprio non sono]. Non so quale tipo di analisi si basi questa previsione; posso dire, però, che non smentisce le conclusioni alle quali, con una ardita aggregazione di dati offline/online, giunsi qualche mese fa.
Cosa fare quindi, visto che tra - pare - poco "saremo tutti online"? L'azione, di indubbia ispirazione sociale, di stimolo dei Cittadini alla crescita, prevista dal Modello Fotovoltaico non si esaurisce soltanto nella richiesta di garanzia dell'infrastruttura di connessione, ma prevende anche la ricompensa ai Cittadini che si fanno parte attiva di tale crescita. Il nome tecnico è microguadagno; una sua possibile implementazione potrebbe chiamarsi Pointification e Badgification. La logica è di premio per chi ha IL ruolo fondamentale in un ecosistema in cui i guadagni sembrano essere ancora concentrati nelle mani del carrier. Una redistribuzione dei redditi può iniziare proprio da qui.
Come potrebbe altrimenti essere riconosciuto il merito ad iniziative come Year in Hashtag? E a tutta la folla che ne ha permesso la realizzazione?
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