Magazine Diario personale
DA THIS IS CUBA
Sono da poco ritornato da Cuba. La mia Cuba, come amo definirla. Erano due anni che non ci andavo. Due anni nei quali, onestamente mi è mancata molto, dove le mie “boe di salvataggio” erano internet o le poche conversazioni telefoniche che riuscivo a fare con i miei famigliari cubani.Molto spesso a Cuba , mi trovavo a riflettere sulla qualità della mia obiettività, nei confronti della complicata situazione che l’isola quotidianamente deve affrontare . Penso che fosse e che sia una necessità naturale della mia coscienza.In questa mia ultima vacanza non ho detto una sola parola quando si discuteva anche animatamente su tematiche politiche o più semplicemente di problemi quotidiani, ho voluto ascoltare, ascoltare ed ascoltare, immergermi silenziosamente nei problemi , cercando fin dove mi era possibile di immedesimarmi. Per tanto che se ne voglia dire noi “fortunati del 1° mondo” per molto che ci sforziamo, non capiremo mai cosa significhi vivere nella povertà. Noi occidentali spesso confondiamo certi costumi come pittoresche abitudini di un popolo che ha deciso di vivere così, “a lo loco” come direbbero i cubani.Ma non è così.La mia Cuba, come succede nella normalità delle cose, sta cambiando, la gente ed il loro approccio con la vita sta cambiando , Cuba non è più la stessa di 15 anni fa, quando la conobbi. Il problema maggiore forse non è nel cambiamento ma nella velocità con cui i cambiamenti stanno avvenendo, spinti sicuramente dal forte desiderio del popolo cubano di trovare una serenità politica con il vicino nord, di vivere senza le complicanze prodotte da un datato dualismo politico, e di poter soprattutto godere di una meritata e maggiore serenità economica .Spesso sentivo dire dalla gente con la quale discutevo che “el embargo somos nosotros mismo”, cioè, l’embargo è lo stesso cubano che lo produce. La chiave di lettura di questa affermazione, deve essere interpretata ma non posso che esserne anche se in parte, d’accordo. Imputare tutta la colpa ad un embargo anche se schifoso, anacronistico, assolutamente ingiusto, e che spero vivamente venga tolto incondizionatamente al più presto , è quanto di più sbagliato vi sia. Non è cosi che si possono risolvere i problemi nell’isola. Non serve essere particolarmente perspicaci, per capire che il meccanismo statale cubano è spesso bloccato o rallentato, dall’inettitudine voluta o dalla inefficienza di chi vi lavora, o dall’immensa perdita di materiale, di cibo, materie prime ecc. che dovrebbero andare a riempire i negozi cubani e che invece vengono rivendute nel mercato nero da chi se ne appropria furtivamente. Ovviamente non tutti i cubani agiscono in questo modo, ma purtroppo è un aspetto che aggrava la già difficile situazione di un paese con dei seri problemi economici. “Noi cubani dobbiamo essere stimolati” , dicono in molti, stimolo che ha solo un sinonimo: denaro. È innegabile comunque che “el bloqueo” quello imposto dal governo nordamericano in tutto questo gioca la sua parte e che le difficoltà per ovviare a questa vile condanna che sembra non aver mai fine , porti a determinate conseguenze e logiche, che poi inevitabilmente si riversano su tutta quanta la popolazione creando mentalità e modus operandi viziati.Cuba comunque mi lascia sempre affascinato, spesso senza fiato, per la sua storia per i suoi traguardi che ha saputo raggiungere nonostante tutto, anche se attualmente sto combattendo una mia battaglia interiore verso determinate situazioni che non hanno nulla o poco a che vedere con l’embargo e che mi hanno lasciato dell’amaro in bocca.Ad esempio per citarne alcune, capire il perché ai cittadini cubani lo stato non permette di portare gli stessi chili in valigia concessi ad un turista comune. Ad esempio io con Air France ne potevo portare 40 mentre a mia moglie cubana lo stato ne concedeva 30(ad entrambi Air France concedeva 40 kg). All’arrivo all’aeroporto poi quasi tutti i cubani venivano fermanti, controllati in modo quasi imbarazzante , creando anche situazioni di tensione, al contrario dei turisti che passavano la dogana aeroportuale molto più facilmente. La logica imporrebbe il contrario, ossia vista l’indigenza del paese, il cittadino cubano dovrebbe essere favorito per lo meno con il peso del bagaglio.Oppure, vedere il riso alimento basico della dieta cubana raddoppiato nel prezzo (nel mese di luglio) ed introvabile nelle botteghe in “ Moneda Nacional” quelle riservate ai soli cubani per capirci, ma di trovarlo nelle dispense dei supermarket in C.U.C. che ha lo “stesso” valore del dollaro, a prezzi praticamente impossibili per la gente comune , o capire perche una signora anziana non possa vendere alla luce del sole, dei vestiti ed altre cose di sua proprietà, con l’unico obiettivo di arrotondare la pensione che ritira mensilmente, mentre gli studenti esteri che studiano nell’isola siano liberi di vendere quello che più gli fa comodo, tra le varie cose anche mercanzie provenienti dalla università dove studiano. E non dimentico il mio amico Ivan che ha dovuto chiudere il suo negozio particular di Barbiere per l’aumento spropositato di tasse , cosa normale da noi, ma che mi fa un po’ rattristare se penso che tra le prime cose fatte nel lontano 1959 vi era l’abbassamento del 50% degl’affitti delle abitazioni.E poi in conclusione mi chiedo, per quanto tempo durerà la doppia moneta, spada di Damocle che pende sull’economia famigliare di ogni cittadino cubano ?Questa mia breve descrizione non rappresenta la visione globale dell’isola e per questo tengo a precisare che il mio breve scritto non vuole essere assolutamente sullo stile degl’articoli della bloguera Yoany Sanchez, stile che tra l’altro non condivido per la sua estrema settarietà. Al contrario il mio modesto obiettivo è di osservare anche l’altro lato della medaglia, di un sistema che mi ha affascinato e continua ad affascinarmi, e che seppur criticato, spesso per questioni d’interesse, attualmente è fonte d’ispirazione per tanti stati latinoamericani.
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