Entrate nelle cucine di palazzo Reale a Torino e vivrete l’emozione di immaginare la frenesia, i colori e i profumi che animavano questi luoghi. È un attimo e le quindici stanze dove i cuochi impartivano ordini tra i fumi di grandi forni, i valletti camminavano frettolosamente verso la tavola del re, i garzoni scaricavano le merci e i maggiordomi incrociavano gli sguardi di una squadra che poteva contare fino a sessanta persone, riprendono vita.
Grazie ad un meticoloso lavoro di restauro coordinato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte, oggi le cucine Reali raccontano la vita di corte del periodo risalente agli anni Venti e Trenta del Novecento: nuovi e moderni forni, ghiacciaie, spiedi, montacarichi vanno ad aggiungersi all’imponente dotazione a servizio della tavola dei sovrani, tra cui si contano 1500 utensili in rame. Oltre ai locali per la cottura dei cibi, ci sono le ghiacciaie, una stanza per la distribuzione dei viveri, una per il lavaggio delle stoviglie e una cantina per i vini. Le sale, articolate tra cucina del re (Vittorio Emanuele III) e un’altra a uso del suo erede, il Principe di Piemonte Umberto (futuro Umberto II), sono una continua sorpresa e sono state ideate nell’ottica di restituire ai luoghi la loro anima segreta e vissuta. Gli ambienti di cucina, oggi come allora, sono grandi luoghi di lavoro senza le pretese formali dei piani nobili, ma nella loro regale semplicità, elettrizzanti.
Gran parte degli utensili in rame e stagno fanno capolino nei diversi locali: nella dispensa del re ci sono le gelatiere di ogni dimensione; i piani di cottura a parete della Cucina del Principe ospitano l’angolo del cioccolato dove si simula la colatura del gustoso Cibo degli dèi tanto amato dalla corte sabauda. Pentole e coperchi sono appesi alle pareti, pesciere e padelle si trovano sui fornelli ed hanno al loro interno mock-up di trote, carpe e pollame realizzati con modelli corrispondenti alle specie dell’epoca, presentati secondo i ricettari del tempo: tutto sembra pronto per la preparazione di un pasto reale.
Negli armadi, sugli attaccapanni e ai piedi delle grandi caldaie sono tornate le uniformi usate negli anni Trenta, mentre nelle scansie sono stati collocati tipi di vivande dell’epoca: pane, grissini, forme di formaggio e verdura che nella dispensa del Principe diventa fresca e cambia a seconda delle stagioni per contestualizzare la presentazione della sala al momento della visita. Nella Cucina del Re, un cinghiale attende che il macellaio ne squarti le carni (a lui spettava anche il compito di disossarle e sminuzzarle per la preparazione di condimenti, salumi e fritture); damigiane, bottiglie, selezioni di amari e aperitivi d’epoca affollano gli scaffali della “someglieria” reale, arricchita da alcuni esemplari del Museo Martini & Rossi di Storia dell’Enologia di Pessione, e da curiosità come quelle che ricordano le preferenze dei reali per Champagne, Bordeaux, Borgogna e bottiglie piemontesi.
Ma che questa sarà una visita sui generis si percepisce subito: all’inizio del percorso la visione della grande caldaia pronta a bruciare una pila incredibile di mobili di scarto del Palazzo, ormai legna da ardere, sarà una sorpresa. E sarà solo l’inizio. Già, perché gli effetti teatrali proseguono con le immagini di inservienti in livrea (il capocuoco, il macellaio, il valletto di sala, il somegliere), giochi di luce e oggetti che raccontano una delle più belle vicende che le favole amano narrare: quella di re e regine, lussi e sfrontatezze, ma anche di uomini e donne, cuochi e inservienti che hanno contribuito a scrivere la storia.