Cultura e turismo, domina il museo del violino e chiude il Mai

Creato il 09 marzo 2015 da Cremonademocratica @paolozignani

Il dominio del museo del Violino sulle attività culturali cremonesi, sul sistema museale territoriale e sulle politiche per la promozione del turismo è palese da tempo. Da anni gli sforzi della pubblica amministrazione ruotano attorno alla potenza economica e alla capacità di mobilitare capitali dell’industriale dell’acciaio ed editore Giovanni Arvedi, che ha costruito un sistema di comunicazione capace di valorizzare l’attività produttiva dell’industria siderurgica di via Acquaviva e di sviluppare interesse attorno al museo di piazza Marconi, la sua principale creazione nel mondo della cultura. È un composito sistema di relazioni quello che s’impernia sul protagonismo di Arvedi, cavaliere della Repubblica e “feudatario” di Cremona, come lo definiscono i critici più duri, cioè i 5 stelle. Accanto ad Arvedi si trova la costellazione di Comunione e Liberazione, la società di comunicazione di Fiorenzo Tagliabue, il mondo cattolico e la Chiesa cremonese, ma anche buona parte del mondo politico. È un’egemonia evidente.
Così ecco chiudere il Museo dell’arte irregolare (Mai) di Sospiro, che assieme alle opere di diversi artisti esponeva anche le opere d’arte dell’atelier della Fondazione Sospiro.
Museo di eccezionale importanza, capace di attrarre a Sospiro, a otto chilometri da Cremona, visitatori provenienti dalla città universitaria tedesca di Heidelberg. Gli artisti restano infatti tali anche se si ammalano. La battaglia culturale e civile contro lo stigma si coniuga con la promozione del puro talento artistico, eppure Cremona ha detto no. Sospiro da almeno quindici anni appare infatti nelle cronache internazionali per il valore dei suoi straordinari laboratori, di valore umano e prestigio culturale eccezionali.
Il piccolo paese però non è facilmente raggiungibile: da Roma, Lugano è più raggiungibile di Sospiro. La Fondazione Sospiro, seconda in Lombardia per numero di ospiti dopo il Pio Albergo Trivulzio, ha tolto gli spazi di Villa Cattaneo dedicati al Mai. Nella relazione di bilancio della Fondazione vengono spiegati i motivi economici. Trasferire il Mai a Cremona, a Palazzo Stanga, non è però stato possibile.
Il Mai non può partecipare ai bandi prima d’avere tre anni di bilanci: accedere a finanziamenti pubblici non è così facile.
È incredibile, eppure il Mai si è sentito dire dei no. E dire che si parla di un museo vero e proprio, capace di produrre testi, di svolgere un’attività di produzione culturale: si parla di un museo, non di una galleria che organizza mostre.
Una serie di no, ecco che cos’ha incassato l’ex direttrice Bianca Tosatti, ormai dimissionaria. È una sconfitta di Cremona e del territorio cremonese, ma soprattutto della cultura nel senso più limpido della parola. Un fallimento di Cremona, anche per il turismo.
L’obiettivo doveva essere – ed è facile sostenerlo – una sinergia fra tutti i musei e i centri d’attività culturale di Cremona e provincia. Eppure la collaborazione non è stata attivata, come non è riuscita, tempo fa, a stabilirsi fra la collezione di strumenti musicali donata da Carutti al museo civico di Cremona. Occasioni perdute, ancora. Il museo paleontologico di San Daniele Po fa da sé, per quanto figuri in un evento internazionale come il Darwin day, altro pianeta fuori orbita appare l’acquario di Motta Baluffi.


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