Cultura, più coraggio da parte del Governo

Creato il 28 agosto 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

La cultura deve guidare un nuovo progetto di Paese. È necessario ed è possibile. Ma, per farlo davvero bisogna liberare le energie migliori presenti nella società e nel tessuto economico, nel solco di quella cultura delle opportunità che ha fatto grande l’Italia e l’Europa”: con queste parole (“Riforma giusta, ma andiamo avanti”, Sole 24 ore del 24 agosto) il presidente di Federculture Roberto Grossi rilancia il tema dell’investimento nei beni culturali.

Grossi afferma che il ministro Franceschini, sulla linea del governo Letta, ha dato “importanti segnali di attenzione verso un settore che per troppi anni ha subito l’assenza di azioni organiche e incisive di riforma”, ma “serve più coraggio per superare le emergenze, ormai croniche, e abbattere antichi steccati ideologici e resistenze burocratiche per attuare una politica realmente rivoluzionaria”.

Musei, biblioteche, teatri sono a tutti gli effetti un servizio pubblico, e come tali devono essere gestiti: è impossibile andare avanti con il 15 per cento degli istituti statali senza visitatori e introiti (come è accaduto nel 2013) e con una media giornaliera di tredici visitatori per ben un terzo dei musei, delle aree archeologiche e dei monumenti statali.

Per il presidente di Federculture sono necessari da parte del Governo “ulteriori passi e il coraggio di alcune scelte”. In particolare, Grossi propone di “puntare su una vera autonomia gestionale per un’offerta culturale moderna, efficiente, al passo con l’innovazione tecnologica”. Negli ultimi anni le esperienze di gestioni autonome pubblico-private si sono dimostrate all’altezza nella gestione di un servizio pubblico. Occorre quindi “garantire l’autonomia ai soggetti gestori, semplificare le procedure e sostenere i processi di affidamento dei servizi pubblici locali a fondazioni ed enti autonomi”, afferma Grossi ricordando che i grandi musei stranieri, dal Louvre al Prado alla Torre Eiffel – affidata a una Spa che produce ricavi per quasi 6 milioni di euro l’anno – sono quasi tutti enti autonomi con meccanismi gestionali analoghi alle imprese.

Il secondo punto proposto da Grossi consiste nel “favorire l’affidamento di siti culturali e di reti territoriali alle imprese e al privato sociale”, in quanto la gran parte della ricchezza culturale italiana è di proprietà pubblica, in particolare dei Comuni, “ma solo in rare occasioni l’apparato pubblico, statale in particolare, si è dimostrato all’altezza dei beni che possiede”. Lo stato deve dunque fare un passo indietro rispetto alla gestione diretta, magari affidando a soggetti privati, anche non profit, la gestione di musei e siti minori che non riesce a valorizzare.

Affinché i beni culturali costituiscano una reale opportunità di conoscenza e di crescita, Grossi conclude con un richiamo all’articolo 118 della Costituzione in cui si afferma “il principio della sussidiarietà e della collaborazione tra diversi livelli di governo e soggetti privati e sociali”. Perché anche la cultura torni a essere patrimonio di tutti e non appannaggio di pochi – inadeguati e/o incompetenti.

MC


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