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Culturalmente nati nel mezzo

Creato il 31 marzo 2010 da Antonio Maccioni

Giandomenico Sica è laureato in Filosofia e si è occupato a più riprese di logica, filosofia della matematica e filosofia della scienza. È adesso advisor dell’editore Polimetrica in merito a progetti di ricerca e sviluppo: dal 2004, anno della fondazione della casa editrice, e fino al 2008 ne ha diretto la linea editoriale. È stato coinvolto nello startup di Itsme, che sta sviluppando un nuovo tipo di sistema operativo per pc. Ci sono storie e progetti che pensano, perché cercano di costruire oltre il pensato e proporre soluzioni nuove a problemi antichi e a problemi moderni.

Polimetrica si occupa di pubblicazioni scientifiche su scala internazionale. Ha un sito e un’immagine proporzionata al terget di riferimento che verrà comunque presto rinnovato. La sua politica editoriale è andata a rifondarsi nel corso del tempo sull’Open Access: se ti piace il libro, ti invio gratuitamente una versione elettronica tutelata da una licenza precisa; se preferisci la carta o vuoi semplicemente sostenere un’operazione editoriale qualitativamente valida, puoi acquistare le copie a stampa regolarmente distribuite. Così Giandomenico Sica dice che funziona, e che può essere considerata una pratica validissima per proporre contenuti di elevato livello: non tanto considerando l’editoria scientifica in generale, quanto piuttosto l’editoria scientifica specializzata.

Come nasce Polimetrica e perché?

Polimetrica nasce nel 2004. L’ho fondata insieme con la mia famiglia (Giovanni, mio padre, Daniela, mia madre e Viviana, mia sorella). L’idea era semplicemente quella di realizzare un progetto imprenditoriale comune. I miei genitori avevano già esperienza in ambito editoriale (con una linea di edizioni giuridiche ed economiche), mentre io avevo una forte passione per la ricerca scientifica. Mia sorella, al contrario, stava completando una laurea in ingegneria gestionale e aveva tutte le competenze organizzative del caso. Abbiamo quindi pensato di unire le forze.

Qual è attualmente, dal tuo punto di vista, il rapporto tra l’Accademia italiana e il libero accesso alla conoscenza?

Il rapporto è difficile da analizzare. La maggior parte dei docenti non è comunque particolarmente sensibile al tema. Alcuni, per attitudine, già condividono i propri lavori tramite internet, sia sul sito internet istituzionale che in alcuni archivi disciplinari (questo è valido soprattutto per i ricercatori di informatica, ingegneria informatica, fisica e matematica). Nelle scienze umane e in altri settori delle scienze pure ed applicate non c’è ancora la sensibilità e la capacità culturale di comprendere il significato del libero accesso alla conoscenza.

Quanti giornali scientifici open access realmente validi conosci?

Domanda difficile. Il problema è mettersi d’accordo sul concetto di “validità” riferito ad una pubblicazione scientifica. Quando una pubblicazione scientifica è realmente valida? Se prendessimo in prestito il concetto da un qualsiasi altro ambito editoriale, potremmo dire che un’opera è valida quanto più è apprezzata dal suo pubblico di lettori. Naturalmente vanno considerate anche dimensioni del pubblico e valore economico dell’opera. Questo ragionamento è piuttosto grezzo, però introduce quello che penso sia il punto chiave per rispondere alla domanda. Oggigiorno il problema principale delle pubblicazioni scientifiche è legato alla loro autoreferenzialità. Detto in altre parole, non sono pensate per venire incontro alle esigenze di un pubblico di lettori, ma per venire incontro alle esigenze di pubblicazione degli autori. Secondo questa prospettiva, conosco pochi giornali scientifici realmente validi, a prescindere dal fatto che siano open access o meno.

Li leggi abitualmente?

No, leggo molti blog specialistici, ma poche riviste scientifiche.

Il teorizzato avvento dell’ebook salverà il libro o lo ucciderà?

Non lo so. In realtà vedo l’e-book e la pubblicazione cartacea come prodotti complementari e non necessariamente alternativi. Qualora le vendite degli e-book dovessero esplodere, è realistico immaginare una contrazione del mercato delle pubblicazioni cartacee, che peraltro ha delle strozzature non indifferenti per gli editori (rif. costi di distribuzione e logistica). Tuttavia penso che non scomparirà, mentre è verosimile pensare che andrà riposizionandosi. Ad ogni modo, quello che sto notando è una difficoltà da parte degli editori tradizionali ad approcciarsi al mondo di internet e delle nuove tecnologie. Probabilmente è una questione culturale e generazionale.

Come si risolveranno i problemi legati al copyright?

Onestamente non vedo particolari problemi legati al copyright. Il problema, in uno scenario in cui le pubblicazioni elettroniche a pagamento diventano una realtà consolidata, potrebbe essere quello della pirateria. Però si tratta di una questione ipotetica, le cui dimensioni sono tutte da calcolare, anche in funzione di una serie di variabili connesse con le tecniche di produzione e di distribuzione del prodotto editoriale elettronico.

In questo contesto la crisi dell’editoria è destinata a risolversi o ad aggravarsi?

Personalmente sono fiducioso. All’estero sto vedendo modelli editoriali che funzionano (penso a GigaOM, Techcrunch) e che stanno diventando una sorta di standard, in un certo tipo di editoria (mi riferisco all’editoria specializzata, che è il settore in cui mi muovo). Si tratta di aspettare che persone nate – culturalmente – all’interno di internet e della rete si approccino al problema con soluzioni nuove.


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