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#CulturaSportiva e management: un intervista.

Creato il 05 febbraio 2015 da Sdemetz @stedem

Sensible Event Management - Stefania Demetz

Ci sono dei confronti che mi fanno davvero molto piacere. Soprattutto se avvengono con studenti ai quali cerco di raccontare non solo il mio mestiere, ma soprattutto in cosa consiste  la responsabilità che un manager deve sentire propria. Quando poi questi confronti mescolano il management allo sport, al non profit, al volontariato gli stimoli sono molti. Io sono convinta che per chiunque gestisca un’organizzazione – non solo in ambito sportivo – lo sport sia davvero portatore di modelli. E non si tratta dei triti e ritriti  soliti slogan che incitano all’azione (fare squadra, essere il mister, fare goal).

Lo sport è prima di tutto lealtà e bellezza. E il management per me è esattamente questo: responsabilità e bellezza.

Ecco perché quando Tommaso Trevisan, studente del Master in Strategie per Business dello Sport, mi ha chiesto se poteva pormi alcune domande per la sezione #culturasportiva del sito della società Zero Branco FBC 1932, ho detto di sì ed è stato un sì convinto.

Abbiamo parlato di persone, di sport, di volontariato, di sfide per le organizzazioni non-profit, di management.

Ecco qui la prima domanda, ma vi rimando con piacere al sito per leggere la nostra chiacchierata in versione integrale:

….  l’aspetto più rilevante per la determinazione del risultato aziendale è la risorsa umana. Condivide questo pensiero?

D: Ovviamente per avere successo sono necessarie una buona strategia, una buona organizzazione e una buon piano finanziario. Ma tutte queste cose sono fatte da esseri umani e quindi concordo: le persone (non amo tanto l’espressione “risorse umane”) sono centrali. Fredmund Malik, uno dei maggiori studiosi di management, definisce il management come una forza dinamica dove molte persone inseguono obiettivi condividendo lavoro e saperi. E Jim Collins, suo collega americano, va oltre, e dice che per avere successo queste persone però devono essere “good persons”, gente buona, innamorata del progetto, umile e aperta al confronto. Quindi, direi, non solo le persone sono importanti, ma è vitale scegliere le persone giuste.

Per leggere tutta l’intervista basta cliccare qui.


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