C’è un tempo in cui la pelle è viva, morbida e sensibile.
In quel tempo la pelle gode del calore del sole. Lo cerca, lo esige, pur sapendo che può fare male. Conosce i suoi effetti distruttivi, ma quella sensazione di tepore fa scomparire ogni pensiero, ottenebrato dal piacere.
Eppure il sole è inesorabile. Si accanisce su quella pelle che non vorrebbe altro che il suo bacio con una violenza che si accresce giorno dopo giorno.
E lentamente la pelle muore, invecchia, sopraffatta dalla potenza di quei raggi inesorabili.
Il piacere si muta in dolore, eppure quel cuoio scuro continua a non volersi privare del suo sole, accettando di subire quella torbida violenza pur di continuare a trarne quella briciola di giovamento, quel piccolo residuo di tepore.
Ma la magnifica potenza della grande stella fa giungere gli eventi dove devono. Con costanza ha bruciato quella pelle, riducendola a cuoio scuro. Ne ha ustionato le fibre, mutandola completamente fino a ucciderla.
E ora giace lì, inerme, costellata di crepe e così fragile che il minimo contatto la farebbe sgretolare.
Giace lì, colpevole soltanto di aver amato.
Giace lì, e infine è troppo tardi.
Il sole ha liberato i tuoni per urlare il suo dolore.