Sappiamo da tempo che l’inquinamento atmosferico causa gravi danni ai polmoni.
Ora aggiungiamo alle nostre conoscenze un tassello importante: i danni al cuore.
L’esposizione cronica all’inquinamento prodotto dagli scarichi di veicoli, dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento è fortemente collegata all’insorgenza di infarto e angina. Un collegamento presente anche al di sotto degli attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea.
Queste le conclusioni di un articolo appena pubblicato dal “British Medical Journal” che getta una luce inquietante sulla salute delle popolazioni che vivono in aree urbane densamente popolate, bambini compresi.
Se l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico provoca negli adulti i danni che leggiamo nello studio, figuriamoci cosa può succedere ai bambini esposti agli stessi agenti inquinanti.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il polmone del bambino inizia a soffrire le conseguenze dell’inquinamento già durante la gravidanza e completa la sua crescita intorno ai sei anni. Ci sono tutti i presupposti per aspettarci davvero dei guai peggiori in chi sarà un giovane adulto nei prossimi anni, anche perché sebbene i dati siano ormai noti e sotto gli occhi di tutti, sono davvero pochissime le amministrazioni che hanno tradotto queste conoscenze in interventi concreti volti a ridurre il particolato nelle città, come strategie di riduzione del traffico, di radicale incentivazione dei trasporti pubblici, di contenimento delle emissioni dovute ai riscaldamenti.
Aggiungere altri studi mi sembra a questo punto che sia superfluo, nel senso che ora sappiamo davvero molto sui danni dell’inquinamento, sia nei bambini, sia negli adulti. Bisognerebbe non studiare più, ma fare qualcosa.
Lo studio pubblicato sul BMJ, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio, ha esaminato più di 100.000 persone residenti in 7 città di 5 Paesi europei. In Italia, lo studio è stato condotto a Roma e a Torino coinvolgendo circa 14.000 persone. Hanno collaborato numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna, del Lazio e del Piemonte.
I risultati? Per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato (le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri, PM10) di 10 μg/m3 vi è un aumento del rischio di attacchi cardiaci del 12%. I soggetti in studio sono stati seguiti per circa 12 anni e più di 5000 hanno avuto un primo infarto o un ricovero per angina instabile.
Lo studio suggerisce un’associazione tra esposizione cronica al particolato e incidenza di eventi coronarici acuti, perfino a concentrazioni al di sotto dei limiti attuali europei.
Si tratta di risultati importanti. Le esposizioni ambientali non erano una preoccupazione per la cardiologia fino a poco tempo fa, ma oggi si scopre che l’infarto può avere una origine ambientale.
L’inquinamento urbano deve essere considerato dal mondo medico insieme ai fattori di rischio tradizionali, come il fumo o la scarsa attività fisica.
La pubblicazione:
Cesaroni G, Forastiere F, Stafoggia M, Andersen ZJ, Badaloni C, Beelen R, et al.
Long term exposure to ambient air pollution and incidence of acute coronary events: prospective cohort study and metaanalysis in 11 European cohorts from the ESCAPE Project.
BMJ 2013; 348: f7412 DOI: 10.1136/bmj.f7412