Cuore tedesco
Cuore tedesco di Angelo Bolaffi è un libro importante. Mai come in questa fase storica la Repubblica Federale Tedesca si trova in una posizione scomoda, accerchiata da “leader politici di destra e di sinistra, opinionisti progressisti e conservatori, uniti in una sorprendente alleanza antiteutonica” (p. 3). Alla Germania si guarda con “un misto di ostilità e invidia” (p. 3). Tra diktat imposti dall’Europa e successi economici in netta controtendenza rispetto alle sgangherate economie dell’Europa del Mediterraneo, la Germania è spesso accusata di avere un atteggiamento egemone e dominante, di voler imporre il proprio sistema di valori e, secondo i più critici, di voler instaurare un Quarto Reich. Il libro del filosofo Angelo Bolaffi, uno dei più autorevoli germanisti in Europa, è una risposta a questo attacco concentrico nei confronti della Germania. Un libro scritto da un profondo conoscitore della cultura e società tedesche che non può che provare disagio ad assistere al crescente (e spesso ingiustiticato) sentimento antitedesco in Italia e in Europa.
La “questione tedesca” ha rappresentato un tema interpretativo costante della storia dell’Europa almeno dalla metà del XIX secolo. Condannata ad un eterno Sonderweg, la Germania, dopo la caduta del Muro di Berlino e la successiva riunificazione, sembrava avviata alla normalizzazione. In realtà, la storia, come spesso accade nell’eterno campo di battaglia del Vecchio Continente, si è divertita a ricreare una stato di eccezionalità per la Germania. La crisi della moneta unica e lo squilibrio tra la forza economica della Repubblica Federale rispetto al resto d’Europa, hanno riproposto ancora una volta “la questione tedesca”.
Molti analisti e osservatori hanno letto nella differenza tra la solidità della Germania e la fragilità dei Paesi del Sud Europa una vera secessione di Berlino dal Mediterraneo, auspiacando, come ha scritto recentemente Agamben, l’avventodi un Impero latino. Non cade in questo errore Angelo Bolaffi secondo il quale la cooperazione italo-tedesca resta una asse essenziale per l’Europa, oggi come in futuro. Bolaffi, tuttavia, non nega che ci sia stato un processo di progressiva estraneazione tra Italia e Germania, dovuto ad un costante e crescente euroscetticismo italiano che è coinciso con “gli anni del berlusconismo” (p. 11).
Questo campo di tensione si è purtroppo incrociato con la crisi economica che ha messo fine all’idea di un Europa bella e senza costi. Con la crisi abbiamo compreso quanto sarà difficile e costoso completare il progetto europeo che non è evidentemente ancora concluso. Per portarlo a compimento è indispensabile il contributo tedesco. Ma cosa vogliono, allora, i tedeschi? Perché sembrano essersi trasformati, per gran parte dei cittadini europei, in tiranni? Bolaffi prova a spiegarlo in questo libro molto documentato e denso. Secondo l’autore è indispensabile ricominciare a “pensare la Germania”, perché dopo l’'89 il centro dell’Europa è tornato gradualmente ad essere Berlino. Ma, come si legge in Cuore tedesco, “la riunificazione non è stata l’ennesimo colpo di testa della Germania, un nuovo esercizio della volontà teutonica di potenza cui inevitabilmente doveva seguire il disordine europeo. Ma piuttosto il risultato del disordine europeo … La nuova Germania costituisce l’esito e non la causa della fine di un vecchio equilibrio europeo e mondiale…” (p. 48).
In Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea (Donzelli 2013) Bolaffi pensa la Germania, spiegandola soprattutto a chi la critica considerandola il principale ostacolo alla costruzione dell’Europa o a chi, ancora, vede nella Repubblica Federale Tedesca il grande nemico dei Paesi mediterranei. L’autore non contrapporre la virtuosa Europa del Nord, con la paccaminosa Europa del Sud, ma riconosce alla Germania la forza del proprio modello sociale e culturale, analizzando le origini e le scelte lungimiranti fatte da Schröder prima e Merkel poi con l’Agenda 2010 nei primi anni 2000 in contrasto con gli errori di Zapatero e Berlusconi, entrambi alla guida di due Paesi che, successivamente, soffriranno moltissimo la crisi: l’Italia di Berlusconi e la Spagna di Zapatero invece di approfittare della congiuntura favorevole (ovvero l’Euro della metà degli anni 2000) per procedere alla riforma dello Stato sociale e alla riconversione del sistema produttivo si sono allegramente limitate a consumare il dividendo che garantiva la stabilità in termini dei bassi tassi di interessi sul debito” (p. 129). Per Bolaffi, in ogni caso, resta indispensabile il dialogo italo-tedesco per il rilancio dell’Europa perché non è un caso che la crisi di costruzione dell’Unione Europea sia coinciso con “il divorzio strategio e culturale tra Italia e Germania … gli unici due paesi nel cui DNA storico è iscritto l’obiettivo Europa” (p. 88). In Germania non c’è alcuna tensione alla Führung, ma semmai alla Verantwortung, alla responsabilità. L’Europa a cui Berlino aspira non è un’Europa tedesca o plasmata secondo il modello sociale e culturale della Repubblica Federale ma, al contrario, un’Europa della responsabilità, della serità e della solidità finanziaria. Al di là di come si voglia interpretare l’Europa del futuro secondo la visione tedesca, si tratta comunque di un’idea ben precisa. Manca, al contrario, un’idea d’Europa da parte dell’Italia, un Paese che da troppi anni è ripiegato su stesso e si è affidato all’improvvisionazione, alla superificialità e al pressapochismo nella gestione della cosa pubblica perdendo progressivamente la visione complessiva degli assetti internazionali, ma soprattutto perdendo l’autorevolezza e la credibilità di discutere alla pari nei consessi internazionali. L’Italia, come tutti gli altri Paesi del Mediterraneo, hanno visto fallire il proprio modello sociale e non sono oggi capaci di proporre un’alternativa alle proposte che vengono dal Nord Europa. In questo modo la Germania si è ritrovata, suo malgrado, impreparata a svolgere un ruolo di guida considerato la fragilità delle economie dei Paesi del Mediterraneo.
Se l’analisi sul ruolo della Germania nell’Europa di oggi è molto convincente e sempre spiegata con una profonda conoscenza della storia della Germania e dell’Europa, più naïve il capitolo dedicato alla città Berlino, capitale nella quale Bolaffi ha ricoperto l’importante ruolo di direttore dell’Istituto Italiano di Cultura dal 2007 al 2011. La capitale tedesca è vista principalmente come la città dell’avanguardia artistica e culturale e molto lontana dalla città descritta in Berlin. Die Sinfonie einer Großstadt (1927) di Walther Ruttmann. In realtà, mai come oggi Berlino sta tornando ad essere la città degli anni ‘20. La continua e indubbia trasformazione è parte di un eterno ritorno a se stessa. Berlino si avvicina sempre di più alla città monumentale di un tempo e quando saranno conclusi i lavori del Castello, l’opera sarà, forse, completa. Berlino, come qualsiasi altra grande metropoli mondiale, ha ovviamente un’intensa e ricca attività artistica, ma il “povera, ma sexy” di Klaus Wowereit (citato da Bolaffi) è oramai del tutto insufficiente a descriverla. È ancora, relativamente, povera (lo è sempre di meno) ma è una città sempre più centrale dal punto di vista politico e anche un po’ economico. Sta diventando, come ogni metropoli e capitale che si rispetti, una città complessa e socialmente stratificata, dove c’è un po’ di tutto. Meno sexy, ma più di potere. Meno vivibile e più caotica. Berlino, inoltre, non rappresenta la Germania, è una realtà a sé nel panorama tedesco ed è sufficiente farsi un giro nella provincia tedesca per capire quanto la capitale sia lontana dalla Germania più profonda.
Cuore tedesco è un libro destinato a segnare in modo decisivo la riflessione contemporanea sulla Germania e con il quale, chiunque voglia scrivere della storia tedesca recente o commentare le decisioni del governo di Berlino, dovrà confrontarsi.
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