Devo ammettere che ancora sto smaltendo il materiale recuperato a Lucca e dintorni l’anno scorso. Ad esempio non avevo ancora trovato il tempo per scrivere due righe su Curami, l’antologia erotica targata Cyrano Comics, scritta (quasi tutta) da Enrico Martini e disegnata da autori vari. E secondo me vale la pena di scriverle, queste due righe.
Il soggetto ricorda a grandi linee un classicissimo dell’erotismo giapponese, La clinica dell’amore: esattamente come nel manga di Haruka Inui, ci troviamo in una clinica che, con metodi tutt’altro che ortodossi, tratta pazienti affetti da disturbi sessuali di varia natura. Il titolare, il dottor Marco Male, è a sua volta un bel tipino: schizofrenico, narcisista, soggetto ad attacchi d’ansia e allucinazioni e caratterizzato talvolta dall’incapacità di distinguere la realtà dal sogno. In soldoni, è a tutti gli effetti un malato che cura gente malata quanto lui.
Insomma, spunti ce ne sono. Ora la domanda è: come vengono sviluppati?
Devo fare una premessa: io sono un grande fan delle narrazioni di genere. Adoro, ad esempio, l’horror, e negli ultimi anni ho completamente rivalutato la fantascienza e il western, che prima mi lasciavano freddino. Il fantasy, vabe’, lo digerisco tuttora raramente per questione di gusto personale, ma ne riconosco di sicuro i meriti. I racconti di genere, a mio avviso, hanno il grande vantaggio di permettere all’autore di affrontare temi alti e importanti con la forza della metafora, arrichendo le riflessioni con un livello di lettura più superficiale e di intrattenimento che ne facilita il veicolamento.
Ecco, detto questo: il genere erotico mi ha sempre messo un po’ in difficoltà. Ho letto chiaramente alcuni dei capisaldi del fumetto erotico internazionale e italiano, ma ho sempre l’impressione che anche nei prodotti più densi di significato i contenuti e la costruzione della storia finiscano con il passare in secondo piano rispetto alle tette. Ci sono le eccezioni, intendiamoci: penso alle cose di Magnus, ad esempio, o alla Valentina di Crepax.
E in realtà, non volendo scomodare questi nomi illustri, nel suo piccolo secondo me anche Curami riesce a strappare questo buon risultato. Per carità, tette ce ne sono, e non solo: stiamo parlando di un fumetto decisamente esplicito, come è naturale che sia, non privo di penetrazioni, eiaculazioni, perversioni e dettagli anatomici di ogni sorta. Però la lettura risulta piacevole non tanto per questo, quanto in virtù di una struttura narrativa semplice quanto funzionale e di un tono ironico che alleggerisce con scioltezza la “grevità” di certe situazioni.
I disegni, complessivamente, sono molto belli: è chiaro, in un’antologia che raccoglie un così alto numero di artisti, alcuni dei quali molto giovani, qualche difettuccio qua e là si trova e due o tre dei disegnatori coinvolti hanno ancora un po’ da lavorare sul tratto, sulle prospettive e sugli equilibri delle vignette e delle tavole. Ma le potenzialità e i margini di miglioramento ci sono tutti, quindi ben vengano progetti come questo che danno l’occasione ai più giovani di confrontarsi con un prodotto editoriale complesso, affiancando magari autori già più completi e “rodati”.
P.S. E comunque, aldilà di tutto, tra i vari approfondimenti e redazionali, c’è pure un’intervista ad Andrea Diprè. Cioè, che ci fate ancora qui? Correte a comprare Curami!