Sarebbe passata inosservata se il padre di una delle vittime non avesse intrapreso, pressoché da solo, una battaglia per la Verità e la Giustizia, che ha portato alla richiesta di ben undici rinvii a giudizio tra farmacisti, funzionari ministeriali, direttori di Asl e l'ex comandante del Nas Marco Datti, a seguito della morte del figlio Luigi Marzulli e di Ombretta Rubeghi, deceduti secondo la procura della Repubblica di Roma a causa di una dieta a base di fendimetrazina, una sostanza anoressizzante vietata dalla legge.I due giovani erano morti tra il 2009 e il 2011, dopo aver acquistato il medicinale in farmacia, secondo quanto sempre sostenuto dalle famiglie ed infine dall'accusa, dove non avrebbero mai dovuto trovarlo se i carabinieri del Nas, i dirigenti del Ministero della Salute e due direttori di Asl si fossero preoccupati di controllare l'applicazione del divieto.Un'inchiesta complessa, quella portata avanti dal pubblico ministero Francesco Dall'Olio della procura capitolina, che ha ravvisato la sussistenza di una complessa catena di responsabilità tanto da portare lo scorso mese di novembre alla richiesta di rinvio a giudizio di ben undici imputati.
Tra di essi l'ex comandante del Nas, Marco Datti, in carica fino al settembre del 2013: per il magistrato, non ha disposto verifiche periodiche nelle farmacie capitoline per impedire la vendita dei prodotti galenici. Ai farmacisti Alessandra Magnolfi, Marica Siciliano ed Emanuele Coli è stato contestato di aver preparato pillole a base di fendimetrazina acquistate da Marzulli e Rubeghi.Ai funzionari ministeriali è stato contestato di non aver disposto i regolamenti necessari per rendere efficace l'azione di prevenzione dei militari dell'Arma sul territorio, sarebbero stati latitanti nella formulazione delle direttive. In questo caso il pubblico ministero ha individuato cinque responsabili: si tratta di Marcella Marletta e Giuseppe Ruocco che hanno ricoperto il ruolo di direttori generali. Sotto accusa anche Germana Apuzzo, Paola D'Alessandro e Diego Petriccione a capo dell'Ufficio VIII stupefacenti, una sotto-sezione del medesimo dicastero. Tra gli imputati figura pure Giuseppe Guaglianone, al vertice dell'Asl/C dove si trova la farmacia presso la quale Ombretta Rubeghi, 37 anni, comprò le pillole che le sarebbero state fatali. La richiesta di rinvio a giudizio è stata avanzata dal magistrato anche per Paola Cocito che dirigeva la Asl/A nella cui giurisdizione lavorava il farmacista che vendette a Luigi Marzulli, 36 anni, i prodotti galenici.Le indagini sono scaturite grazie al prezioso contributo di Michele Marzulli, padre di Luigi, ormai considerato in materia un super-consulente legislativo che non si è dato per vinto dopo la morte del figlio e ha affrontato una battaglia che ci auguriamo non resti isolata in quanto in Italia sono stati segnalati alcuni casi analoghi, anche se con tutta probabilità sarebbero decine i decessi di pazienti per lo stesso motivo data l'assenza di controlli su questo tipo di sostanze stupefacenti anfetaminosimili, tra di esse la citata fendimetrazina, ma anche amfepramone, fenilproponalamina, fenbutrazto, sia da sole che in associazione anche se vietate dalla legge.Sono anni, infatti, che il signor Marzulli combatte con il Ministero della Salute, con l'Aifa, con i NAS, Regioni, FOFI, Federfarma, Ordine dei Medici, affinché venga completamente bloccata la vendita delle suddette sostanze di cui è vietata la prescrizione e la dispensazione sin dall'anno 2000 (Dm 24 gennaio 2000 e dall'art. 5 del Decreto Leg.vo 94/98 ), dall'EMEA e dalla Commissione Comunità Europea dal 09 marzo 2000, ma sinora nessuno ha controllato o è intervenuto per mettere definitivamente la parola fine sulla vicenda.L'inchiesta in questione passata pressoché nel silenzio generale se non solo per alcuni sporadici articoli, avrebbe attestato queste carenze ed in particolare da parte del Ministero della Salute e delle altre Istituzioni preposte quali i NAS e le ASL.Ecco perchè Giovanni D'Agata presidente dello "Sportello dei Diritti", ritiene doveroso riportare l'attenzione sulla questione affinché l'opinione pubblica ne abbia la più ampia conoscenza e contezza e si schiera al fianco delle famiglie delle vittime perchè sia fatta piena luce e, finalmente, Giustizia.
Lecce, 2 gennaio 2015
Giovanni D'AGATA