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Curiosity report: gli ultimi risultati presentati all'AGU 2013

Creato il 11 dicembre 2013 da Aliveuniverseimages @aliveuniverseim

Curiosity Yelloknife Bay

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Mentre il rover della NASA Curiosity sta affrontando il percorso di 8,6 chilometri in direzione del Monte Sharp, gli scienziati hanno presentato gli ultimi risultati in occasione American Geophysical Union (AGU 2013) a San Francisco: in poco pù di un anno di missione Curiosity è riuscito a trovare le testimonianze sul passato abitabile di Marte e a scoprire indizi sulla storia del pianeta.

Nel mese di novembre il rover stava ancora conducendo ulteriori analisi sul campione di roccia marziana prelevato a Cumberland lo scorso 19 maggio, stoccato per tutti questi mesi nel CHIMRA (Collection and Handling for In-Situ Martian Rock Analysis) ed analizzato, per così dire, nel tempo libero.

Gli ultimi report non fanno altro che confermare le scoperte emerse fin dai primi sol.

Appena sbarcato su Marte, a settembre 2012, Curiosity aveva trovato l'evidenza di un antico torrente.

A febbraio 2013, fu prelevato il primo campione di roccia marziana dal target "John Klein" (in memoria del vice-direttore del progetto Mars Science Laboratory, morto nel 2011), appartenente ad un affioramento chiamato Sheepbed, nell'area di Yellowkinife Bay.
La patch dove Curiosity aveva eseguito la sua prima perforazione, si trovava alla base di una una rete di canali discendenti dai pendii del cratere Gale e la roccia da cui era stato prelevato il campione, mostrava diversi indicatori di ambieti passati umidi, come noduli e vene.
La prima perforazione aveva rivelato un'inaspettata polvere grigia, sotto lo strato ossidato che ricopre la superficie marziana, lasciando ben sperare nella ricerca dei composti organici:
"A parità di condizioni è meglio avere un colore grigio piuttosto che rosso perché l'ossidazione è una cosa che può distruggere i composti organici", aveva dichiarato John Grotzinger della Caltech.

Il team così selezionò Cumberland a pochi passi da John Klein (2,75 metri ad ovest) per confermare i primi risultati.

Il team ha utilizzato i nuovi campioni, non solo per caratterizzare la roccia, ma per datare la sua origine e la sua evoluzione, rappresentativa, almeno in parte, della storia planetaria.

Il nuovo rapporto di Kenneth Farley (In Situ Radiometric and Exposure Age Dating of the Martian Surface) del California Institute of Technology di Pasadena indica che Cumberland ha un'età compresa tra i 3.860 a 4.560 milioni di anni.

Questo intervallo temporale fa riferimento al periodo in cui la roccia si è formata, che, osservando le date, corrisponde più o meno all'epoca in cui si è formato il nostro Sistema Solare e Marte stesso.

Poter datare una roccia marziana con un'analisi diretta è in effetti un bel passo in avanti.
Fino a non molto tempo fa gli scienziati stimavano l'età del pianeta e delle zone contando e confrontando i crateri da impatto. Un metodo ereditato dalla nostra esperienza sulla superficie della Luna, dove si è potuta avere una datazione assoluta grazie alle missioni Apollo ed ai campioni riportati a Terra.

Ma ora, per datare i campioni marziani, Farley e colleghi, hanno adattato un metodo radiometrico, vecchio di 60 anni, utilizzato fino ad oggi sulla Terra.
Questo sistema misura il decadimento di un isotopo di potassio in argon, un gas inerte.
L'argon viene rilasciato quando la roccia si scalda e si accumula nuovamente nella roccia quando questa indurisce. La datazione radiometrica si basa sulla misurazione della quantità di argon imprigionata.

L'analisi su Cumberland è iniziata con lo spettrometro Alpha Particle X-Ray, posto sull'estremità del braccio robotico del rover, per determinare la composizione.
La roccia è risultata molto ricca di potassio, un dato importante perché un isotopo del potassio, potassio-40, decade spontaneamente nel tempo producendo argon-40, dimezzandosi ogni 1,25 miliardi di anni.
L'argon è rimasto, quindi, bloccato all'interno della roccia quando questa si è solidificata. Curiosity ha potuto così, sfruttare la situazione, scaldando nuovamente la roccia, senza fonderla, dentro al SAM (Sample Analysis at Mars), e misurando l'argon-40 rilasciato, non poco nel campione di Cumberland, per un età di 4.2 miliardi di anni più o meno 350 milioni anni.

Questo processo potrebbe essere accaduto anche naturalmente, resettando, in un certo senso, l'età geologica. Ad esempio, nel cratere Gale le rocce ignee, potrebbero esser state scaldate nuovamente dall'impatto che ha generato il cratere.

"L'età non è sorprendente, ma ciò che sorprende è che questo metodo ha funzionato per Marte", ha detto Farley. "Quando si sta confermando una nuova metodologia non ci si aspetta che il primo risultato sia qualcosa di inaspettato ma ciò significa che la nostra comprensione delle ere della superficie di Marte era corretta".

Però, anche se Cumberland è così vecchia, la sua superficie è stata esposta solo recentemente (parlando ovviamente in termini geologici).

Marte non ha un campo magnetico significativo, così, Farley ha utilizzato gli effetti causati dai raggi cosmici galattivi per questa seconda datazione.

I raggi cosmici galattici possono produrre isotopi specifici dei gas nobili: argon-36, neon-21 ed elio-3.
Questi isotopi non dovrebbero essere presenti in una roccia giovane e, conoscendo la frequenza con cui vengono prodotti su Marte, è possibile stimare da quanto tempo la roccia è in superficie, o quasi, considerando che i raggi cosmici galattici possono penetrare due o tre metri in profondità.

L'analisi dei tre diversi gas ha prodotto epoche di esposizione recenti, in un intervallo di tempo tra i 60 e i 100 milioni anni. Probabilmente, l'azione eolica ha giocato un ruolo fondamentale.

"Il tasso di esposizione è sorprendentemente veloce", ha detto Farley. "Il luogo dove troverete le rocce con esposizioni più recenti sarà proprio accanto alle scarpate sottovento".

Avere a disposizione rocce arrivate in superficie non molto tempo fa, è sicuramente un punto a favore nella ricerca di prodotti chimici organici, conservati nella geologia.

"Stiamo facendo progressi per determinare se ci sono sostanze organiche marziane", ha dichiarato Doug Ming, del Johnson Space Center della NASA, a Houston, parlando del campione di roccia di Cumberland.
"Abbiamo rilevato prodotti organici ma non possiamo escludere che essi siano stati portati dalla Terra".

Tracce erano state già trovate nel primo campione di terreno sniffato dal SAM a Rocknest ma erano stati classificati di origine terrestre. Tuttavia, a Cumberland il quantitativo sembra essere superiore.

Ming è anche l'autore principale del nuovo rapporto su Yellowknife Bay, l'interessante zona in cui era arrivato Curiosity nel sol 124, inserendosi nel bacino nel sol 125 (12 dicembre 2012).
Qui le analisi su John Klein avevano mostrato abbondanti minerali argillosi e l'assenza di sali e di acidi, suggerendo la presenza di acqua dolce nel passato del Gale e di un ambiente favorevole alla vita.
Una serie di elementi chimici trovati, mix di zolfo e minerali contenenti ferro, potevano poi rappresentare una fonte di energia per la vita microbica:
"La gamma di ingredienti chimici che abbiamo identificato nel campione è impressionante, e suggerisce abbinamenti come solfati e solfuri che indicano una possibile fonte di energia chimica per i microrganismi," aveva detto Paul Mahaffy, principale ricercatore del SAM al NASA Goddard Space Flight Center di Greenbelt, nel Maryland.
D'altra parte, come Grotzinger aveva sottolineato durante una conferenza, non c'è bisogno di carbonio organico per il metabolismo microbico: esistono organismi che si nutrono letteralmente di rocce e minerali. 

Così, Curiosity aveva già raggiunto il suo obiettivo primario, ossia trovare prove di un ambiente antico in grado di sostenere la vita.

Si pensa che su Marte scorreva acqua sufficiente a formare minerali argillosi ed, eventualmente, per sostenere la vita, più di 4 miliardi di anni fa. Ma il pianeta subì un'essiccazione che lasciò solo acqua liquida residua, acida e salmastra ("L'EVOLUZIONE DI MARTE: UNA DELLE POSSIBILI STORIE").
Un punto chiave è, quindi, capire se i minerali argillosi a Yellowknife Bay si sono formati inizialmente sul bordo del cratere e poi sono stati trasportati all'interno o la loro origine è stata direttamente a valle, magari con l'azione di acque residue sotterranee.

Scott McLennan della Stony Brook University di Stony Brook, New York, e co-autori, ritengono che gli elementi chimici rilevati nelle rocce indicano che il materiale è originato altrove e successivamente depositato a Yelloknife Bay, dove si è verificata l'alterazione chimica. Se la trasformazione da minerali vulcanici in argillosi fosse avvenuta a monte per interazione atmosferica, allora alcuni elementi sarebbero stati più carenti, come il calcio e il sodio.

David Vaniman del Planetary Science Institute di Tucson in Arizona, e co-autori, ha trovato altre prove a sostegno di questa ipotesi con un'analisi separata sulle rocce sedimentarie di Yellowknife Bay.
Il team ha notato una mancanza di olivina e l'abbondanza di magnetite, che suggerisce che le rocce sono state trasformate in argilla a valle. La presenza di smectite, ci racconta poi, le condizioni in cui l'argilla si è formata.

"La smectite è il tipico minerale argilloso dei depositi lacustri", ha detto Vaniman.

Curiosity cratere Gale lago a Yelloknife Bay

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS

John Grotzinger del Caltech e co-autori hanno esaminato le caratteristiche fisiche degli strati di roccia e nei pressi di Yellowknife Bay, concludendo che l'ambiente abitabile esisteva in un momento "relativamente giovane per gli standard marziani". Probabilmente, nel periodo Esperiano (tra i 3.500 e i 1.800 milioni di anni fa), quando alcune zone del pianeta stavano già diventando secche ed acide, periodo a cui risalgono le più antiche testimonianze di vita sulla Terra.

La ricerca suggerisce condizioni di abitabilità per la zona di Yellowknife Bay che potrebbero aver persistito da milioni a decine di milioni di anni. Durante quel tempo, fiumi e laghi apparivano e sparivano dalla superficie e, anche quando il suolo era rimasto arido, il sottosuolo era probabilmente ancora bagnato e ricco d'acqua.

D'altra parte già dalle analisi orbitali le immagini del NASA Mars Reconnaissance Orbiter e del Mars Odyssey avevano confermato la presenza di grandi strutture geologiche caratteristiche ("boxwork"), posizionate a circa 880 metri dal fondo del cratere Gale, sulle pendici dell'Aeolis Mons: queste formazioni, ritenute di origine sedimentaria, erano state determinanti per la scelta del sito di atterraggio e dell'obiettivo primario della missione.

Gale Crater boxwork

Credit: NASA/University of Arizona/JPL-Caltech

John Grotzinger aveva detto: "Esse sono indicative di ampie cementazioni da acque sotterranee e rappresentano un ambiente possibilmente abitabile dove possono essere state conservate molecole organiche". 

L'acqua necessaria per creare strutture simili, non sarebbe stata poca.
Così, alcuni scienziati credono che sussistano le prove della presenza di 3 laghi nella storia del cratere Gale: uno ad un livello più alto, avrebbe inizialmente riempito gran parte del cratere lasciando il Monte Sharp come una sorta di isola; un lago profondo fino a 650 metri sul lato sud del Monte Sharp; un terzo lago al livello delle boxwork, profondo 170 metri, sul lato settentrionale ed orientale del Monte Sharp.

L'interpretazione per questi tre livelli di laghi è che l'acqua sia rimasta nel cratere sufficientemente a lungo affinché il livello è sceso progressivamente, andando a riempire altre zone.
I tre livelli avrebbero saturato i depositi sulle pareti del Monte Sharp e del cratere: poiché il livello dell'acqua sarebbe progressivamente diminuito, la zona di atterraggio di Curiosity, sarebbe stata una delle ultime ad asciugare.

All'AGU sono stati presentati anche altri risultati per il quantitativo di radiazioni che raggiunge la superficie di Marte: la raccolta progressiva di questi dati aiuterà a pianificare le missioni future.

Le relazioni a disposizione oggi includono le prime misurazioni sulle radiazioni ambientali in superficie.
Secondo il rapporto di Don Hassler del Southwest Research Institute di Boulder, Colorado, i raggi cosmici provenienti dall'esterno del nostro Sistema Solare e le particelle energetiche provenienti dal Sole bombardato la superficie del cratere Gale con una media di 0,67 millisievert al giorno, da agosto 2012 a giugno 2013.
Per confronto, l'esposizione a radiazioni tipica di una radiografia al torace è circa 0,02 millisievert.
Tale periodo di misura di 10 mesi non include eventi importanti di tempeste solari e oltre il 95 per cento del totale proviene dai raggi cosmici galattici.

I risultati del monitoraggio della radiazione in superficie forniscono un pezzo aggiuntivo al puzzle per proiettare la dose di radiazioni di andata e ritorno totale per una futura missione umana su Marte e si aggiungono ai tassi rilevati da Curiosity durante il suo viaggio di andata.
Le stime, ad oggi, per una missione umana di andata e ritorno sul Pianeta Rosso, in un periodo di attività solare analoga, parlano di una dose totale di radiazioni nell'ordine dei 1.000 millisievert, associati ad un aumento del 5 per cento del rischio di sviluppare il cancro (il limite di corrente per gli astronauti in carriera alla NASA è del 3 per cento).

L'Agenzia Spaziale sta lavorando con l'Institute of Medicine of the National Academies per affrontare il problema e stilare le linee guida sanitarie per il volo spaziale.

Ma le radiazioni che tanto preoccupano per le future missioni umane, possono aver influito anche sulla vita microbica del pianeta e, quindi, sulla ricerca di Curiosity.

Secondo una stima, se esistevano prodotti chimici organici a circa 5 centimetri di profondità, che è la profondità del foro prodotto dal trapano di Curiosity, si sarebbero esauriti fino a 1.000 volte in circa 650 milioni di anni, in base al tasso di radiazioni misurato dal rover.

Il bello di Cumberland è che è stata esposta agli effetti dei raggi cosmici solo circa 60 a 100 milioni anni e quindi, potrebbe contenere materiale organico ancora rilevabile.

Riferimenti:
http://www.nasa.gov/jpl/msl/mars-rover-curiosity-20131209.html#.UqaYpKzLfd8
http://www.planetary.org/blogs/emily-lakdawalla/2013/12091832-curiosity-results-at-agu-age-dating.html


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