Arrivato a Torino nel 1911 il pallone ovale, da allora, tra alti e bassi, non se n’è più andato via: oggi, a testimonianza di quel giorno e di un movimento sportivo in continua crescita, è rimasto ancora il glorioso Ce.S.In CUS Torino Rugby che, dopo i fasti degli anni ’70, sta ritornando ai massimi livelli grazie ai frutti di un progetto di rinascita inziato alla fine degli anni ’90 del secolo scorso.
La società, militante nelle zone alte del campionato di serie B (la terza divisione nazionale), è diventata il fiore all’occhiello del panorama rugbistico piemontese e con un lavoro serio basato sulle strutture, sui giovani, ma anche sullo studio – trattandosi della squadra universitaria del capoluogo regionale – sta crescendo sempre più negli anni: il sodalizio cussino vanta oltre cinquecento tesserati dal settore Propaganda, ovvero i ragazzini al di sotto dei sei anni, fino alla Prima squadra e tre giocatori nati rugbisticamente sotto i colori biancoblù (Filippo Bianco, Giacomo Vergnano e Roberto Racca) stanno tutt’ora rafforzando le fila dell’Accademia del Rugby di Parma, una sorta di alta scuola di perfezionamento sportivo.
Dalla collaborazione con l’Università degli Studi, il Politecnico, la Regione Piemonte e l’Ente per il diritto allo studio universitario (Edisu) la società ha sviluppato e attualmente promuove il progetto Agon, volto a sostenere giovani atleti e/o tecnici, studenti universitari italiani o stranieri, i quali intendano iscriversi all’Università degli Studi di Torino o al Politecnico di Torino e svolgere attività sportiva agonistica nelle squadre del Ce.S.In CUS Torino. Durante la scorsa stagione sono così arrivati all’ombra della Mole il Trevigiano Stefano Amadio, il Campano Salvatore Fusco ed Alessandro Alparone da Ragusa.
“Nel rugby ci sono quelli che suonano il piano e quelli che lo spostano” (Pierre Danos, nazionale francese)
L’obiettivo del gioco consiste nel segnare una meta, ovvero arrivare ad appoggiare il pallone con le mani in un’apposita area delimitata alle estremità del campo: per ogni marcatura effettuata – che nel punteggio dell’incontro ha valore di 5 punti – si ha diritto ad una trasformazione, ovvero un modo per guadagnarne altri due calciando la palla ovale dentro la parte superiore di una porta a forma di H, denominata appunto come la lettera. Per raggiungere questo scopo le due formazioni sono composte da quindici giocatori ciascuna e si posizionano all’interno di un rettangolo di gioco di lunghezza non superiore ai 100 metri e larghezza inferiore ai 70 suddivisi in due grandi gruppi: gli avanti ed i trequarti.
I primi sono gli elementi più massicci della squadra, prendono parte a tutte le situazioni di mischia dell’incontro ed hanno la funzione di permettere alla propria compagine di mantenere il possesso del pallone impedendo i tentativi di interruzione di gioco avversari; i secondi, invece, sono i più longilinei ed hanno il compito di arrivare a marcare le mete. Si differenziano in base al ruolo che occupano nello scacchiere tattico ed al numero di maglia che portano: il 9 ed il 10 sono i mediani – l’uno ‘di mischia’ e l’altro ‘di apertura’ ed hanno il compito di comandare chi gli avanti, chi i trequarti – a seguire l’11 ed il 14 sono le ali, il 12 ed il 13 i centri ed il 15 è l’estremo.
“Il rugby è uno sport da bestie praticato da gentiluomini, il calcio è uno sport da gentiluomini giocato da bestie” (Henry Blaha, nazionale americano)
Al di là delle imposizioni che, oltre ad alcune varianti più o meno intuitive della regola del fuorigioco, prevedono il passaggio del pallone con le mani soltanto all’indietro e l’impossibilità di mantenerne il possesso anche da terra, il gioco della palla ovale si è sempre contraddistinto per la precisione del proprio regolamento, capace di normare nel dettaglio ogni contatto fisico per impedire che il divertimento di uno sport ‘duro’ potesse sfociare nel ‘violento’.
Il placcaggio, l’unico modo per fermare l’avversario gettandolo a terra, può essere effettuato soltanto su giocatori in possesso del pallone e l’intervento deve avvenire solo dalle spalle in giù. Regole simili sono previste anche per le situazioni di raggruppamento – le mischie ordinate o le ruck e la maul, i raggruppamenti a terra od in piedi durante le contese dell’ovale – dove qualunque utilizzo illecito di gambe e braccia, come calci, schiaffi o pugni, sono puniti severamente dal direttore di gara: il cartellino giallo equivale all’espulsione temporanea di 10′ costringendo la squadra a giocare in inferiorità numerica, il rosso quella definitiva.
“Il rugby è il miglior modo per tenere trenta energumeni lontano dal centro della citta’ durante il fine settimana” (Oscar Wilde, scrittore irlandese)
Due pratiche consolidate nel mondo del rugby testimoniano ulteriormente la profonda correttezza ed il rispetto dei giocatori predicato da questo sport: prima e dopo le partite, con le compagini ancora sul terreno di gioco, i capitani delle due formazioni “salutano” le squadre avversarie tributando loro i dovuti meriti in previsione dello spettacolo che sta per iniziare o che è appena terminato. Usciti dal rettangolo di gioco, poi, dopo le docce, le due formazioni – a qualsiasi livello si giochi, dai dilettanti fino alle gare di Coppa del Mondo – si ritrovano sedute attorno al medesimo tavolo per dare vita al terzo tempo: un momento conviviale per lasciarsi alle spalle gli screzi del campo e concludere la giornata con serenità.
Per andare in meta
Ce.S.In CUS Torino gestisce un moderno centro sportivo, l’Angelo Albonico (di proprietà della Provincia di Torino), attrezzato con due terreni da gioco e club house per ospitare i terzi tempi delle partite. Il tutto in strada del Barocchio 27 a Grugliasco (TO). Rimanendo nel capoluogo torinese il rugby si può ammirare a Settimo, sul terreno di gioco del VII Rugby in via Cascina Nuova 39, mentre uscendo da Torino anche Asti (Parco del Tanaro, in via Cirio) e Alessandria (via Carlo Alberto 1) stanno cullando il movimento ovale piemontese.
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