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D’Alema e l’etica pubblica

Creato il 30 gennaio 2011 da Loriscosta


Sostiene D’Alema (oggi, su Repubblica) a proposito di Fini “…Ciò che gli si imputa non ha alcuna rilevanza pubblica e non c’entra nulla con il modo con cui presiede la Camera dei deputati….”.

L’osservazione è bizzarra. Il fatto che il Presidente di An abbia venduto la casa, donata al partito di cui era allora amministratore ordinario e straordinario, ad un parente ha notevole rilevanza pubblica.

Noi rimaniamo fiduciosi che il Governo Berlusconi liberi al più presto il paese da diuturni profluvi di melma che promanano dal Capo. Ma se cadesse solo su una questione morale – che pure deve trovare una adeguata soluzione, pena l’incredibilità totale dell’esecutivo e dell’Italia – questo non farebbe di Fini un eroe, un salvatore della Patria e tanto meno una persona al di sopra di ogni rimprovero morale o moralistico. Possibile non rendersi conto che – e ripetiamo a scanso di qualsiasi equivoco che i fatti che vengono imputati a Berlusconi non sono per la oggettiva gravità paragonabili a quelli in cui è tirato in ballo Fini – anche il Signor Presidente della Camera in qualità di Presidente di An e quindi in qualità di soggetto che percepisce soldi pubblici deve (e va sottolineato DEVE) rendere conto non solo agli iscritti di An, non solo ai suoi elettori ma a tutti i cittadini italiani di come vengono impegnati i soldi; inoltre deve (e sottolineamo che non siamo di fronte ad una mera facoltà) garantire la massima trasparenza nel proprio operato e non può – come peraltro non può chiunque ha incarichi pubblici – mentire in modo disinvolto su come operi nel privato e nel pubblico. Perchè dire come ha detto Fini, quasi spergiurando, che Tulliani non era proprietario dell’immobile venduto, che insomma suo cognato non abbia avuto un vantaggio oggettivo nella vendita dell’immobile di Montecarlo appare sconveniente oltre che un abuso della supponenza pubblica per cui, chiunque rivesta cariche pubbliche o ha una riconosciuta notorietà come Fini, favorire in modo quasi nepotistico familiari, parentucoli o amici di dubbia frequentazione.

Sarebbe il caso di osservare, e qui lo facciamo osservare all’On. D’Alema, che Fini non è nuovo a violare norme pubbliche imperative. Certo, per quello che si chiama interesse personale. E per le quali norme pubbliche un cittadino comune, non il Presidente della Camera, non un uomo della casta, sarebbe inquisito e forse già in carcere.


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