L’AQUILA – Cuore d’alpino. Un cuore d’amore. Un cuore che sa gioire. Un cuore che fa gioire. Un cuore che dà speranza. Anche nei momenti più tristi. Gli alpini riescono a creare un clima di festa e di fiducia nel futuro. Anche dove le troppe delusioni e gli inganni alimentano il pessimismo. Come a L’Aquila, tradita dalle promesse non mantenute del post-terremoto. Gli Alpini, nella loro 88^ Adunata Nazionale, con la grande sfilata nelle vie martoriate del capoluogo aquilano, hanno riacceso i riflettori sulla realtà. La “carica dei trecentomila” ci consegna tante emozioni e tante lezioni di vita. Come quell’alpino che si è fermato ed ha reso l’estremo omaggio con il suono dell’armonica a bocca all’alpino piemontese Giovanni Vignola, di 80 anni, a terra privo di vita, stroncato da un infarto mentre a L’Aquila stava raggiungendo a piedi la caserma Francesco Rossi per prendere parte alla grande sfilata.
La musica per esprimere la vicinanza in un momento di grande dolore. Una bella pagina di umanità. Su facebook la racconta così Federico Palmerini, un giovane sacerdote, con grande cultura e con straordinaria sensibilità. Scrive: “Mentre celebravo la Messa delle 9 in parrocchia (Parrocchia Santa Rita L’Aquila), accanto alla nostra chiesa Giovanni, alpino di Saluzzo, 80 anni, “è andato avanti”, colto da un infarto mentre si recava alla sfilata. Tra i tanti segni di vicinanza a questo alpino e a suo nipote, venuto con lui all’Aquila, ce n’è stato uno eccezionale per la sua semplicità: un alpino, accortosi dell’accaduto, dal bordo opposto della strada (apparentemente a distanza…), si è fermato, ha tirato fuori la sua armonica a bocca ed ha salutato con un breve brano musicale l’alpino Giovanni (così gli si è fatto vicino…). Anche questa è l’adunata, ma soprattutto questa è bella umanità! A-Dio, Giovanni!”.
Piccoli doni con un grande significato. L’amicizia sincera. Testimoniata nei giorni terribili del devastante terremoto e riconfermata domenica 17 maggio, con la grande sfilata. Una marea di penne nere, un invito a risorgere, a non fermarsi mai. Sul quotidiano abruzzese il Centro, il giornalista Giustino Parisse, che nella drammatica notte del 6 aprile 2009 ha perso i due figli, ha raccontato il corteo “dal di dentro”. Ha iniziato così: “Basta piangere. Due parole gridate da dietro le transenne quando avevo appena superato la tribuna d’onore. E’ come se quello spettatore, di cui non sono riuscito a vedere il volto, mi avesse letto dentro”. E poi: “Vicini a me, a reggere lo striscione con l’appello per una ricostruzione rapida, dieci alpini di Onna. Ho visto, in lontananza, una città in marcia. Sì perché una città la fa la gente e non conta se tutt’intorno ci sono i segni di quei trenta maledetti secondi. Le persone che ieri sono giunte da ogni parte d’Italia in fondo mi sono sembrate più aquilane degli aquilani. Basta piangere. Giusto. Eppure si può piangere anche per una gioia improvvisa quando vedi che L’Aquila c’è: sei anni fa di questi tempi era un luogo fantasma mentre ieri grazie agli alpini ha riacquistato voci, suoni e colori”.
*già Caporedattore del TGR Rai
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