Da Bologna a Cannes: Intervista al giovane regista Edoardo Palma.

Creato il 03 aprile 2011 da Daniele7

Charlie the man who brought back the sea.

Edoardo Palma, classe 85. Da Gaeta a Bologna. Da Bologna a Cannes. Pochi giorni addietro, assieme alla Gadoev, giovane casa di produzione bolognese, di cui è co-fondatore, ha vinto il primo premio della Competition internazionale 48 GoGreen, dedicata a tematiche ambientali e sostenibili.

Intanto raccontaci cosa hai fatto negli ultimi 5 anni della tua vita, professionalmente parlando?

In sintesi? Mentre finivo la mia laurea triennale Dams Cinema, a 21 anni sono entrato in un’associazione culturale di Bologna che si occupa di video; lì ho iniziato la mia gavetta e ho conosciuto alcune delle persone che avrebbero fatto poi parte del progetto Gadoev. Siamo cresciuti insieme tra corti, documentari e filmati aziendali e dopo un paio d’anni abbiamo deciso di buttarci autonomamente nel mercato degli audiovisvi.

Cos’è Gadoev (http://www.gadoev.com/flash/index.html) ?

Gadoev è nato come un nome comune sotto il quale unire un gruppo di persone, ognuno con una propria formazione ma tutti con l’obiettivo di fare video. Poi nel febbraio del 2010 il gruppo si è “istituzionalizzato” diventando società.

Avete vinto il primo premio della Competition internazionale 48 GoGreen con un corto che andrà a Cannes. Cos’è 48 GoGreen (http://www.48gogreen.com/) ?

Prevalentemente è una gara, “figlia legittima” (gli organizzatori sono gli stessi) del concorso mondiale 48 Hour Project, che sfida i partecipanti a creare con alcuni elementi obbligatori un cortometraggio in 48 ore. Il 48 Go Green si differenzia perchè focalizza la sua attenzione unicamente su tematiche ambientali.
Gadoev aveva partecipato alla 48 ore italiana del 2010 e aveva vinto  (con il corto Gesti). Questo ci ha permesso di accedere di diritto alla gara GoGreen. E ci è andata bene anche stavolta.

Con il corto “Charlie the man who brought back the sea”, avete raccontato la storia di uno strampalato scienziato, che passa le sue giornate creando strani oggetti. Come sfondo uno scenario post-atomico, che lascia poco spazio all’immaginazione, luoghi vuoti e resti di cose invadono ambienti interni ed esterni. La scoperta di un libro, il Robinson Crusoe di Daniel Defoe, fa scattare in Charlie la voglia di ricreare qualcosa di ormai dimenticato, il mare.
L’incontro con una ragazza, genera nuove emozioni e nuovi sentimenti e accompagna Charlie verso la realizzazione del suo sogno: un marchingegno surreale sarà il mezzo attraverso cui la fantasia diventerà realtà.
Geniali. Posso dirlo? Geniali…Come è nata l’idea?

Se c’è una cosa che ormai ho capito di questo tipo di gare è che le idee non puoi studiarle prima, non puoi programmarle, e quindi puoi solo affidarti all’istinto, dalla stesura dell’idea fino al montaggio finale. In questo caso io avevo solo un pensiero prima che iniziasse la gara: raccontare una storia che facesse sperare e sorridere anche in un contesto postatomico. Poi, come ti dicevo, il resto è puro istinto. Per certi versi è come fare una seduta dallo psicanalista: i pensieri hanno l’obbligo di uscire liberi da seriose autocritiche.

Cosa rappresenta per te il Cinema?

Uuhhh, domandona!! In realtà credo di essere ancora troppo giovane per dirlo. C’è un’immagine che però, fra le tante, mi colpisce molto. È descritta in una lettera che Werner Herzog indirizzò ad un allievo che si lamentava del fatto che nessun produttore gli finanziasse i suoi lavori. E lui gli rispose: il cinema è come una scogliera acuminata sulla quale ti arrampichi costantemente, spesso anche ferendoti le mani, ma stai tranquillo che prima o poi quella scogliera si muoverà e ti scrollerà via. Solo allora capisci se sei portato per fare cinema: se veramente vuoi farlo ricominci a salire con un bel sorriso di sfida stampato in faccia.
Ecco, trovare quel “sorriso nonostante tutto” capace di riempirti il corpo, l’anima, ogni pelo della pancia, credo sia nel cinema (e forse anche in qualsiasi altro ambito artistico)  il primo obiettivo che è importante prefiggersi. Almeno credo.

Il Cinema di ieri è migliore di quello di oggi?

Ahia, altra domandona. Ti rispondo sinceramente: sì credo di sì. Ma è anche questa una risposta solo parziale: è difficile giudicare un arte nel presente, perchè “ti scappa via” dalle mani. Il passato è lì ed è più facile giudicarne o coglierne le qualità. Ma questo non significa che non ci sia possibilità per il futuro. Io penso che in Italia, ad esempio, i tempi siano profondamente maturi perchè inizi a farsi valere quella generazione nata negli ottanta che è cresciuta guardando Spielberg, Burton, Cronenberg, Scorsese, de Palma e poi Tarantino, Soderbergh, P.T.Anderson. Ecco, per quelli che sono i miei gusti, credo che Sorrentino sia il regista che ha fatto e farà da ponte in questo nuovo cinema italiano, perchè racchiude in lui i dettami del cinema classico ma anche gli elementi di una nuova cultura e una nuova narrazione cinematografica. Facciamo questa scommessa: tra 10 anni secondo me ci sarà in Italia una ondata di film fantascientifici, thriller, horror che venderanno anche in paesi stranieri. Un sogno? Forse. Però se ci pensi bene questa ipotesi solo 5 anni fa sarebbe suonata ridicola. Oggi, con tutte le produzioni indipendenti di piccoli film di genere che vendono miglia di copie dvd in Usa e Giappone, suona molto meno ridicola.

Cosa pensi del cinema italiano?

Penso che è un cinema destinato a cambiare. Ci sono dei momenti nei quali spero che conservi la sua identità e altri in cui vorrei vedere il nuovo cinema di cui parlavo prima. Gli autori che amo? Sono cresciuto con il “Cinema Paradiso” di Tornatore e ho scoperto negli anni la duttilità e l’intelligenza di Salvatores e Virzì; tra i classici adoro Fellini e soprattutto Elio Petri, tra i contemporanei Sorrentino.

E di quello americano?

Eh, quello americano. È stato il cinema che mi ha spinto verso questa passione, intorno agli 8 anni. Vedevo a ripetizione sempre gli stessi film: E.T., i vari Indiana JonesHookRitorno al futuro. Ci misi un po’ a capire che in tutti ci aveva messo lo zampino un certo Steven Spielberg. Fu Spielberg a farmi capire che c’è una persona che “fa i film” (o che, come nel caso di Ritorno al futuro, semplicemente ne coglie da produttore le potenzialità narrative ed economiche). Negli anni ho capito che non tutto è così semplice e che avere attorno una troupe che condivide i tuoi obiettivi è fondamentale, ma quella sensazione di strana magia legata a quella scoperta cerco costantemente di tenerla viva.

Cosa pensi del futuro passaggio, di cui si parla tanto, dalla pellicola al digitale?

Penso una banalità: da una parte mi spiace il fatto che probabilmente non riuscirò mai a lavorare in pellicola, dall’altra credo che la qualità che ha ormai raggiunto il digitale, in costante miglioramento, è un bel vantaggio per registi giovani e inesperti come il sottoscritto: ti da la possibilità di sperimentare e crescere ammortizzando notevolmente i costi e riuscendo a raccontare le tue storie con buona o notevole qualità visiva.

Cosa pensi del 3D?

Penso che è “cool” se viene usato come uno strumento narrativo, come un macchinario utile a narrare quella particolare storia, come ad esempio lo è stato la steadycam negli anni ’80. Sono  curioso di sapere l’uso che ne faranno l’anno prossimo sia Spielberg che Scorsese, entrambi con i loro primi film in 3D in uscita.

Prossimi progetti in cantiere?

Sulla carta un’infinita, in cantiere ancora pochi. Diciamo però che, con le recenti vittorie, la betoniera si è già attivata.

In bocca al lupo.

Crepi e grazie a te.


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