Tremila chilometri più a nord, a Budapest, la sera e la notte di domenica è stata attraversata da migliaia di persone scese in strada per protestare contro il tentativo del leader conservatore Viktor Orban di imporre nuove modifiche liberticide alla Costituzione (qui), una deriva autoritaria e fascista che proprio ieri è stata simbolicamente riaffermata con la premiazione di tre personaggi tra i più repellenti che si possano immaginare: un archeologo antisemita, un giornalista tv che ha chiamato scimmie i Rom e un cantante, ultra nazionalista che rivendica revisioni dei confini e fa parte di formazioni paramilitari fasciste. Ma in questo caso dall’Europa dei burocrati stupidi, corrotti e vigliacchi, non si alza nemmeno un fiato, nemmeno la minima protesta per quella “democrazia” che teoricamente sarebbe richiesta per far parte dell’Unione, ma di cui evidentemente se ne fregano.
Mi chiedo quale sia la perversione che può spingere qualcuno a voler far parte a tutti i costi di questa Europa, spingendosi ad accettare supinamente qualsiasi cosa, persino il disastro economico, senza il minimo tentativo di cambiare le cose. Possiamo capire un conservatore di tendenze reazionarie come Monti che nelle ultime vicende politiche ha dimostrato non solo una straordinaria competenza nello sbagliare le mosse, ma anche un equilibrio psicologico quanto mai fragile e precario, come del resto tra il serio e il faceto alcuni avevano supposto (qui). Però è chiaro che il Paese chiede oggi alla politica di cambiare strada e di finirla con le bugie e illusioni di salvezza grazie alle nefande medicine di Bruxelles e Berlino, chiede che venga ricontrattato ciò che è stato sottoscritto con tanta leggerezza e che ci impone impegni di fatto impossibili da sostenere, che venga meno la commedia del feticcio monetario che tutte le persone con un minimo di razionalità riconoscono come il vero male europeo. In poche parole il Paese chiede una verità che è ormai assolutamente necessaria alla risalita dal baratro e che è vitale per ritrovare la strada dell’equità e della democrazia: sta finendo il tempo dei veli pietosi o delle sindoni dei bei discorsi che durano il tempo dell’applauso.