Tavola di prova di Alessandrini per Allan Quatermain
La nascita del personaggio, avvenuta ufficialmente nell’aprile del 1982, ha radici ben più profonde e radicate nel tempo. Il germe del Mystero ha il suo primo fremito in due progetti: Conrad Klein e Franco Ferretti.
Il primo è un sensitivo, uno “scanner”, che indaga su casi soprannaturali creato nel 1967 per l’Intrepido da Castelli insieme a Mario Gomboli, Tito Monego e Marco Baratelli, ma mai realizzato; il secondo è un detective che si occupa di archeologia e furti d’arte, protagonista di un telefilm RAI anch’esso mai realizzato e progettato da Castelli nel 1969.
L’evoluzione di Ferretti è Riccardo Van Helsing: detective del soprannaturale, scritto da Castelli agli inizi degli anni ’70 e pubblicato con i disegni di Carlo Peroni in cinque storie sulla rivista Psyco. Infine, c’è il Progetto Governativo, una storia alternativa del mondo che, in sei episodi di sedici pagine, vedeva nascere la setta poi meglio nota come Gli uomini in nero, ma il progetto non fu mai completato.
Tutto quest’insieme costituisce il “plasma narrativo primordiale” da cui emerge Doc Marvel, poi mutato in Allan Quatermain; creato nel 1975, quando Castelli propone alla redazione del Giornalino (edizioni Paoline) si tratta di un progetto di avventure ispirato al protagonista del romanzo Le miniere di Re Salomone dell’inglese H. Rider Haggard. La proposta visualizzata con i disegni di Eric Siò però non è accettata, (l’editore opta per un’altra proposta che Castelli aveva scritto in collaborazione con Tiziano Sclavi: Chico e Basco).
Tempo dopo, nel 1977, Castelli insieme a Bonelli presenta a Francoforte Il mondo è un’avventura, un progetto (che non ha seguito) in cui si ha l’idea di proporre l’ambientazione documentaristica e, soprattutto, quella di sviluppare con un articolo alcune informazioni date nella storia a fumetti (fonte ispiratrice di quella che sarà la rubrica “I Misteri di Mystère”).
Nel 1978, durante la collaborazione con Mondadori sulla rivista SuperGulp!, Castelli coglie l’occasione e ripresenta le avventure di Quatermain. Il volto dell’eroe è quello di James Coburn, è inglese e presenta, sin dall’inizio, il suo assistente/aiutante neanderthaliano Java, una pistola a raggi e Beatrice la fidanzata bionda, visualizzati dalla matita di Fabrizio Busticchi.
Imperterrito e con nuovi bozzetti ad opera di Enrico Bagnoli, poi sostituiti da quelli di Sergio Zaniboni che illustra anche due tavole (trovando ispirazione per il volto del protagonista in Elliot Gould), Castelli lo propone all’editore tedesco Koralle Verlag di Amburgo che pubblicava la rivista settimanale Zack (con la quale l’autore milanese aveva già collaborato presentando la versione tedesca de Gli Aristocratici), che usciva in coedizione anche in Francia e Belgio. Ovviamente, per cercare di compiacere il nazionalismo francese, il personaggio fu ribattezzato Martin Mystère, per l’occasione diventa francese e risiede a Parigi, (Jaques Mystère è un omaggio a Tiziano Sclavi che aveva creato per i gialli d’estate editi nel 1973 dal Corriere dei Ragazzi l’omonimo protagonista), ma ancora una volta ci fu un rifiuto.
Castelli, credendo molto in questo lavoro, che racchiude in se il nucleo base per un tipo d’idea “moderno” d’avventura, non molla e decide di presentare il lavoro all’amico di vecchia data Sergio Bonelli e alla sua casa editrice, allora chiamata ancora Daim Press, con la quale aveva già collaborato nel 1965 con una rubrica della collana Oceano e nel 1976 con i testi di due volumi della serie “Un uomo un’Avventura” (L’uomo delle nevi e L’uomo di Chicago).
Castelli si presenta in redazione con il nuovo progetto editoriale basato proprio sulla “sostanza” di Martin Mystère (considerato allora come nome provvisorio); Giancarlo Alessandrini ne ha illustrato tre tavole dalla vecchia sceneggiatura di SuperGulp e ha visualizzato il protagonista dandogli casualmente alcuni tratti che ricordano un po’ Brick Bradford e un po’ l’attore James Franciscus (protagonista de “La vendetta di Gwangi”). Bonelli accetta il progetto: è l’estate del 1980. Si comincia a lavorare e, siccome il racconto in albo bonelliano mensile è lontano dalle brevi avventure settimanali con cui si era pensata la serie, si stravolge il tutto. Si sceglie, si modifica, si rifà e dopo un anno di lavoro, verso la metà del 1981, lo staff è costituito: oltre ad Alessandrini sono scelti Angelo Ricci, i fratelli Cassaro e il giovanissimo talentuoso Claudio Villa.
Gli albi, voluti da Sergio Bonelli di 64 pag. (invece delle solite 96) per tentare anche un altro formato, sono pronti sino al n°3, el’uscita in edicola è programmata per gennaio 1982. Del personaggio si parlò in anteprima alla Fiera del libro per ragazzi di Bologna nel maggio dell’81, dove venne distribuita una brochure bilingue, ancora col nome provvisorio di Martin Mystère; all’indomani della fiera si decide improvvisamente di cambiare ambientazione, da Londra a New York, e conseguentemente da inglese il personaggio diventa americano, si è costretti a ridisegnare le tavole già pronte e a modificare i testi dei primi episodi già realizzati.
Dopo molti tentennamenti si arrivò al nome definitivo e presentato ufficialmente a settembre 1981 alla III fiera del fumetto di Lugano come Doc Robinson, dove “doc”, oltre ad essere un omaggio al Doc Savage di Lester Dent e a significare dottore, indica anche per le iniziali del personggio: Donald Oswald Craig.
La nuova serie, con una bella locandina opera di Alessandrini, presenta l’immagine del nuovo eroe che dà appuntamento al pubblico in edicola. Nei giorni che seguono qualcosa non convince e in redazione, poco prima di andare in stampa, s’individua il problema nel nome: sfortunatamente era comparsa in edicola una rivista intitolata “Robinson”, che per ovvi motivi obbligò a cancellare il nome di Doc Robinson e costrinse i letteristi a rifare il lettering col nuovo nome: Martin Mystère, che da provvisorio divenne definitivo.
Ci fu anche un ripensamento sul numero di pagine e da 64 furono portate alle classiche 96 degli albi bonelliani. Ciò comportò un ulteriore ritardo nell’uscita dovuto alle correzioni delle tavole già pronti. Infine, ad aprile, con l’eroe splendidamente e plasticamente centrato in copertina, il pubblico fa conoscenza col primo numero della nuova serie: i grandi enigmi di Martin Mystère detective dell’impossibile. All’indomani, dopo pochi mesi da quest’uscita, si è già creato un seguito di accaniti appassionati.
Al tempo ci fu anche una stupida polemica che voleva il Nostro come frutto del successo cinematografico dello spielbergeriano Indiana Jones, allora protagonista nelle sale cinematografiche, senza sapere che il prof. Mystère era stato messo in cantiere ben prima che nascesse il soggetto del film.
Evoluzione
Il personaggio era approdato in edicola in un periodo di particolare crisi del settore, attestandosi su una vendita intorno alle 35.000 copie. Dopo una partenza non esplosiva quindi, un continuo trend positivo lo ha portato a fine anni ottanta, inizio novanta, a un venduto di 85/90.000 copie, fino a toccare il massimo picco di 150.000 copie negli anni successivi.
Da personaggio costruito a tavolino (e per questo non molto simpatico allo stesso Castelli), il Mystère iniziale è una sorta di “agente segreto” del mistero, alto, biondo, bello, ricco e famoso: si muove in Ferrari Mondial, ha le donne che gli cascano ai piedi e ha una capacità fisica degna di un campione di Decathlon, dulcis in fondo è dotato di un ipotetico potere metafisico, tale Terzo Occhio, e della Murchchdana (o Murchadna), un’arma a raggi vecchia di quindicimila anni costruita dai Naacal edificatori di Mu (entrambe le cose le ha ricevute ad Agarthi dal maestro Kut Humi). Pesta sistematicamente i piedi, con la sua spiccata propensione a ficcarsi nei guai, agli uomini in nero, che diventano la sua ombra, mentre alla luce del sole il suo nemico n°1 è l’ex amico Sergej Orloff. Da qui partono le avventure, che nel corso degli anni lo portano in missioni “impossibili”, tra rovine atlantidee e misteri fantarcheologici. Avventure che attraverso tematiche sempre più varie (in favore degli enigmi della scienza e dei misteri dell’esoterismo sino alla semplice pura curiosità) lo porteranno, attraverso una lenta metamorfosi, a perdere le peculiarità di personaggio “legnoso-finto, da marionetta” e ad acquisire quegli elementi di umanità e credibilità tali da assomigliare in maniera sempre più sovrapponibile al suo creatore, assumendone gradualmente tutte quelle caratteristiche psicologiche e comportamentali (la curiosità innata, la colta ironia, la passione per i libri…) che andranno a completare il lato “umano” del character.
Oggi il personaggio, tenendo fede al suo essere a cavallo tra due mondi, quello reale e quello fantastico, è molto più simile al suo autore e, se si dice che G.L. Bonelli era Tex, Martin Mystère è Alfredo Castelli. La cultura enciclopedica frutto di anni di letture, raccolta di libri sui più disparati argomenti e l’infinita curiosità, ormai non distinguono più il personaggio dall’autore e viceversa. Rispetto all’inizio, pur rimanendo atleticamente valido, il prof. ha subito l’attacco del tempo ed è più sedentario, meno impulsivo e più riflessivo. Contemporaneamente allo sviluppo di questa crescita, di questa credibilità come personaggio (se non addirittura come persona!), Martin fin dal 1989 (fu utilizzato la prima volta dal centro Etnografico ferrarese) è diventato sempre più richiesto da enti, associazioni, scuole, fondazioni, organizzazioni, ecc. per la promozione culturale nelle vesti d’ospite e testimonial.
Una carica guadagnata per la sua capacità di raccogliere in se simpatia, autorevolezza e capacità d’affabile divulgatore nel trattare gli argomenti più vari. È apprezzatissimo soprattutto da docenti e dal mondo della scuola. Una veste questa che è motivo d’orgoglio degli autori e dell’editore e che ha contribuito a mettere sotto una luce diversa anche i fumetti, visti non più come oggetti del perditempo ma come una forma di comunicazione vera. L’approccio di Mystère all’ignoto è senza dubbio privo di preconcetti e, spesso, equilibratamente scettico e mai su posizioni aprioristiche, pronto a cambiare idea esponendo opinioni e possibili soluzioni rimandando al lettore il compito di farsi una propria opinione.
Il traguardo dei trent’anni è stato raggiunto grazie al lavoro di chi, oltre al gruppo costituente lo staff iniziale, si è aggiunto nel corso degli anni e ha dato un contributo alla crescita del personaggio. Nel corso degli anni, insieme a Castelli, alla testata hanno collaborato un gran numero di artisti, circa un centinaio, divisi quasi al cinquanta per cento tra autori dei testi e dei disegni; un numero che rappresenta in assoluto quello più alto rispetto a qualsiasi altro personaggio della casa editrice.
Questa gran quantità di autori, anche se spalmata in trent’anni di attività, ha rappresentato un grande apporto di idee e soluzioni, ma anche una gran variabilità di talenti che hanno espresso le loro “interpretazioni” di Mystère portando, specie in alcuni periodi, un inevitabile andamento “altalenante” nelle pagine delle avventure del detective dell’impossibile. Questa poca “uniformità” nei testi e nei disegni è stato, forse, l’unico vero “difetto” della serie.
Ciononostante, anche se a volte “disorientato”, il pubblico, quello dello “zoccolo duro”, ha continuato a seguirne le gesta dimostrando che la personalità e la forza di fondo del character hanno superato anche questo limite.
Da qualche anno Castelli (con uno staff più limitato) ha stretto le redini alla guida del personaggio riportandolo su binari più adatti e al fascino dei tempi migliori.
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