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Da cosa nasce cosa

Creato il 03 novembre 2010 da Renzomazzetti

Palmiro Togliatti  Questa espressione, che da cosa nasce cosa, sembra sia diventata l’insegna sotto la quale si determinano le posizioni, si svolgono i contatti e si preparano le ipotetiche collaborazioni tra i partiti che si muovono sul fronte del cosiddetto centro-sinistra. La tradizionale arte del raggiro politico, da tanto tempo dominante la scena italiana, si arricchisce così, se non di una nuova realtà, per lo meno di una formula nuova, a copertura della vecchia mercanzia. Un giornalista straniero ha di recente esposto in modo esatto, secondo questa visuale, la posizione degli attuali dirigenti democristiani. Abbiamo tentato per anni e anni, pensano, di staccare il partito socialista dalle sue tradizionali posizioni di classe, neutraliste e rivoluzionarie; di spingerlo alla rottura verticale con il movimento comunista; di renderlo simile alla socialdemocrazia e così trasformato inserirlo in un blocco di potere borghese sotto l’egemonia democristiana. Non siamo riusciti a nulla. Cambiamo strada. L’obiettivo rimane sempre quello; ma lo raggiungeremo prendendo il partito socialista così come oggi è, facendogli, se mai, le indispensabili concessioni verbali, con formule programmatiche generiche, elaborate, limate, sfumate secondo la nostra vecchia abilità in questo campo. Quando poi l’avremo inserito e nel governo e nel sottogoverno il problema si risolverà da sé: da cosa nasce cosa. La cosa che dovrebbe nascere non viene precisata. Potrebbe essere la trasformazione socialdemocratica del partito socialista; potrebbe anche essere la sua rottura. Le due cose farebbero egualmente il giuoco sia delle forze conservatrici borghesi, sia dei dirigenti democristiani. Tanto in un caso quanto nell’altro questi ultimi pensano si creerebbe una situazione in cui la loro egemonia potrebbe esercitarsi per un certo periodo di tempo in modo tranquillo. Analogamente ragiona, forse con una egoistica propensione per l’ipotesi della rottura, il segretario del partito socialdemocratico. I repubblicani sono troppo smilzi, come forza organizzata, per entrare, con le loro ambizioni, in questo giuoco, ma fanno coro, così come lo hanno fatto per molto tempo. Il ragionamento del segretario del partito socialista segue, in parte, lo stesso schema dei democristiani. Inutile chiedere ai dirigenti di un partito, da tanti anni così incastrato nel potere, di ammettere che devono cambiar strada. Non chiediamo dunque niente di troppo nuovo, che li urti, che li metta in crisi. Andiamo a collaborare con loro così com’essi sono e si vedrà: da cosa nasce cosa. A questo ragionamento, cui talora si cerca persino di dare una veste di ragionevolezza politica, si aggiunge l’argomento più grosso e primitivo, ma persino simpatico per il modo come esprime la ingenua, illusoria concezione del governare che è della gente inesperta. Fateci entrare nella stanza dei bottoni e poi vedrete! E’ una visione del potere che, per seguire schemi cari al suo autore, potremmo chiamare staliniana, per il peso decisivo che dà al comando che parte dal centro. Più vicina al vero ci sembra la convinzione dei dirigenti democristiani e socialdemocratici, fondata forse anche sull’esperienza, che nella stanza dei bottoni è proprio colui che vi entra con troppo ingenue pretese che finisce per cambiar l’animo e la pelle. Certo è che la duplice e opposta fiducia che da cosa nasce cosa dà all’operazione politica che si sta svolgendo in questo momento il caratteristico sapore di un reciproco complicato inganno, di cui dovrebbero però esser vittima, prima ancora dei suoi autori, la opinione pubblica nazionale e quella aspirazione a profondi mutamenti di indirizzo politico che è così largamente presente nelle larghe masse popolari e si fa sentire dall’interno delle stesse organizzazioni politiche i cui dirigenti si sforzano in ogni modo, se non di ignorarla, per lo meno di non darle soddisfazione. Dal complesso di ciò che sta accadendo si ricava quindi la impressione che vi è chi tenta di cavarsela scrivendo semplicemente un nuovo capitolo della lunga storia del trasformismo politico nazionale. Sino a che non intervenga, com’è da sperare, una forza politica coraggiosa, che sappia rompere la polverosa tela di ragno e porre con chiarezza, con energia, ma nel modo più semplice possibile, i problemi di fondo del rinnovamento economico e politico nazionale. Per ottenere questo scopo bisogna dunque lavorare; ma certamente non lavorano per raggiungere questo scopo tutti coloro che, anche se traboccano di buone intenzioni, non riescono a uscire dalla stanca ripetizione di formule politiche astratte, alle quali, soprattutto quando si prendono in esame le proposte programmatiche elaborate con tanta cautela e astuzia dalle varie parti, non si riesce più a capire quale azione dovrebbe corrispondere. Il punto da cui si deve partire è la necessità di un mutamento profondo di indirizzi governativi. Ma questo mutamento deve essere misurato alla stregua delle concrete misure che ci si propone di realizzare e che verranno realizzate, non alla stregua di parole e frasi più o meno ben tornite. Dopo il congresso democristiano di Napoli si parlò di svolta storica, e alla storia si riferiscono, in egual modo, tutti i fautori del centro-sinistra. Senza disturbare la storia, ci accontentiamo di osservare che la politica italiana, dal 1948 in poi, si definisce per due elementi fondamentali. Il primo è la sudditanza agli schemi atlantici e americani della guerra fredda. Il secondo è la sudditanza agli interessi e alle esigenze della borghesia capitalistica, dei grandi monopoli industriali e finanziari e della grande proprietà terriera. Una vera iniziativa estera italiana perciò è sempre stata assente e impossibile. Persino il conte Sforza cadde in disgrazia quando osò accennare alla possibilità di una clausola di riserva che liberasse l’Italia dagli impegni atlantici aggressivi. Fanfani, a sua volta, aveva forse buone intenzioni, ma non fu più che velleitario. Le riforme costituzionali non vennero fatte se non per quella parte che fu imposta da un movimento di masse, e quel poco che venne fatto, nel campo agrario, fu una delle molle della ripresa economica. Nuovi indirizzi di governo non si avranno se non vi sarà, nei due campi, un mutamento di rotta. Perciò acquistano decisivo rilievo, nella situazione presente, il rifiuto di qualsiasi forma di armamento atomico e le riforme della struttura economica e politica, la difesa del salario e del livello di esistenza dei lavoratori, la riforma agraria, una lotta efficace contro la speculazione urbanistica, l’attuazione dell’ordinamento regionale e così via. Perciò assistiamo alla mobilitazione di tutto il ceto dirigente conservatore, dei suoi esponenti economici qualificati e dei suoi organi di stampa, nel tentativo di opporre una insuperabile barriera alla adozione di misure precise che vadano in questa direzione. E perciò il segretario della Democrazia cristiana, nel dare inizio al suo storico dialogo con i dirigenti del partito socialista, ha avuto soprattutto cura di ammiccare in questa direzione, facendo prima un discorso dove tutta l’abilità sta nella ricerca delle formulazioni atte soltanto a fingere o a mascherare le sue vere intenzioni e poi, dopo l’incarico ricevuto di costituire il governo, leggendo una dichiarazione che, per la sostanza, non sappiamo proprio quale dei dirigenti di governi centristi avrebbe rifiutato. Anche noi pensiamo che da cosa nasce cosa, ma con considerazioni e in modo del tutto diverso, così come deve fare un partito che lavori non per ingannare l’opinione pubblica e persino se stesso, ma per spingere a un rinnovamento e a una svolta. Pensiamo cioè che da una spinta popolare e di massa verso un rinnovamento degli indirizzi governativi, quale è partita dal giugno 1960 ed è arrivata sono ad oggi passando per il 28 aprile, non possono non uscire cose nuove. Ma le cose nuove bisogna riuscire a conquistarle lottando davvero contro i propositi dei gruppi dirigenti conservatori, strappando loro misure concrete e posizioni di potere effettive, non già piegandosi alla loro volontà e nascondendo la testa sotto il mantello di tortuose frasi ben ricamate. Per il momento, i gruppi conservatori si muovono con la prospettiva di non cambiar niente nella sostanza della loro vecchia politica, anzi, di andare persino indietro, col pretesto della congiuntura. Ma è tutt’altro che sicuro che l’esito debba dipendere soltanto dai loro propositi. -Palmiro Togliatti, Rinascita, 1963.-

PURGATORIO DE L’INFERNO 10.

questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcellona

fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco

fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti il foglio, Alessandro,

ci vedi denaro:

questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada

del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae

Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la Scuola d’Atene, è il burro,

è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere,

è il parto: ma se volti il foglio, Alessandro, ci vedi

il denaro:

e questo è il denaro,

e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri

con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette

di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:

ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente:

-Edoardo Sanguineti-


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