Ma quali sono i motivi?
Da un lato Uber, arrivato a Milano e Roma nell’aprile del 2013 utilizzando auto blindate e con un costo superiore rispetto a quello dei taxi, è accusato di fornire un servizio uguale a quello di questi ultimi senza avere però la corrispondente licenza, realizzando quindi una concorrenza di tipo sleale. Anche negli Stati Uniti è emerso il tentativo di limitare o comunque regolarizzare la questione. In Germania, circa un mese fa, una associazione di tassisti ha ottenuto un’ingiunzione da parte dell’Unione Europea che identificherebbe Uber come una vera e propria azienda, tenuta a rispettare le regole dei tassisti, e non solo come un insieme di lavoratori indipendenti che utilizzano una piattaforma di acquisto/vendita di un servizio assimilabile ad Ebay. I casi di contrasto da parte di tassisti e istituzioni non sono mancati quindi anche in altri Paesi.
Il rispetto della legalità, credo, dovrebbe essere garantito da tutte le parti. Dai tassisti, da Uber e da chi è tenuto a verificare il rispetto delle norme. Proprio tra le Istituzioni, invece, non c’è ancora un clima di collaborazione che possa consentire di riportare l’ordine e di affrontare con efficacia la tematica. Il ministro Lupi, convocato appunto ieri a Milano ad un vertice con i delegati di 23 sigle sindacali rappresentanti dei tassisti, ha affermato che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, chiamando in causa Comune e Regione, sottolineando che “scaricare le responsabilità su altri non serve a nessuno”.
La questione Uber-Tassisti apre domande e spunti molto utili per tutti, non solamente a Milano.
La tecnologia sta cambiando in modo esponenziale e sta offrendo a sempre più persone la possibilità di accedere a servizi che stanno modificando il nostro modo di vivere, compresa la mobilità urbana.
Come scrive Federico Ferrazza, Vicedirettore di Wired, sul suo sito “il digitale non è una complessità che stravolge solo alcuni business. Trasforma tutto. E non si può fare nulla. Altrimenti si rischia di condurre battaglie contro i mulini a vento”. Parlando del mondo dell’informazione, sottolinea come lo stesso Wired.it non sia un giornale. Anche il mondo dell’informazione, il mondo dei viaggi, il mondo della salute, il mondo del divertimento, il mondo del lavoro, tutti i mondi cambiano rapidamente.
L’innovazione pone la sfida di nuove regole, con la consapevolezza che le regole corrono molto più lentamente del cambiamento. La sfida però è qui. Nel risolvere il trade-off tra favorire l’innovazione e il cambiamento che derivano da un mondo sempre più digitale e nello stesso tempo tutelare il rispetto delle leggi e delle regole. La tecnologia non è un problema, ma va affrontata. Non è sovvertendo all’ordine pubblico o schierandosi dietro barricate ideologiche che si ferma, ne si agevola.La sfida credo sia nelle mani delle Istituzioni.
I tassisti chiedono chiarezza e rispetto delle regole attualmente presenti in particolare riguardo a licenze e concorrenza.
Uber e chi la sostiene chiede possibilità di innovare e di offrire un nuovo servizio.
A istituzioni e legislatori la palla in mano, se saranno capaci, per favorire lo sviluppo del nuovo, tra corporazioni e burocrazia, senza creare situazioni di mancato rispetto di regole e vincoli e favorendo, attraverso eventuali modifiche (democratiche) di regole e vincoli, il cambiamento.
Chiedere risposte è logico. E i tassisti lo stanno facendo anche se con metodi molto discutibili, come il blocco ad oltranza della città da giorni.
Ma la questione è più ampia. Non riguarda solo i taxi. Il digitale sta cambiando il modo di vivere e l’Italia, come gli altri Paesi che puntano a restare competitivi e a migliorare mobilità e stili di vita all’interno dei loro confini, non possono permettersi di perdere l’opportunità di rispondere.
Articolo pubblicato da Javan24 > http://www.javan24.it/News.asp?SelCat=53&Azione=Dettaglio&Id=4132
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