da identitagolose.it 27-12-2012

Da Alessandratioli

Assaggiare i Balcani

Un giovane cuoco veneziano ci guida tra i sapori sconosciuti di Bosnia ed Erzegovina. Prima parte



Le kifle, panini spezza-fame e tra i simboli più apprezzatti nel processo di rinascita gastronomica della Bosnia ed Erzegovina, un paese di quasi 4 milioni di abitanti, molti dei quali dediti all'agricoltura e alle cose buone

 La rinascita di una nazione o di un popolo parte dal cibo. E non lo diciamo così per dire. Ho vissuto infatti per 5 giorni a ritmi ininterrotti tra le strade e le case della gente della Bosnia Erzegovina, e lo posso affermare senza rischio di smentite: in un Paese che continuiamo a ricordare per i dolorosi avvenimenti di
venti anni fa, il cibo rappresenta il simbolo più autentico di un ritorno alla normalità, alla convivialità. Alla vita.Davanti al forno più antico di Sarajevo, vicino alla moschea di Gazi Husrev-beg, chi è in fila per comprarsi le kifle calde non appartiene ad alcuna etnia, fede o partito politico. Il rito quotidiano di questi piccoli panini spezzafame - se ne potrebbero mangiare a decine senza fermarsi - si consuma ogni giorno, a tutte le ore, indipendentemente dagli accordi di Dayton. Ed è difficile trovare posto nella buregdžinica migliore della città, quella davanti al museo ebraico, dove tutti (nessuno escluso) convergono per l’immancabile burek con yogurt. È lo street food più diffuso a Sarajevo, ma anche il più buono stando alla guida Lonely Planet che ha incluso il burek bosniaco, una girella di pasta fillo ripiena di carne macinata speziata, nell’annuario 2012 del “World’s Best Street Food”.

Burek, girella di pasta fillo ripiena
di carne macinata speziata

E poco ci stupisce scoprire che, in una nazione in cui la birra la fa da padrona (e in cui vieni “identificato” a seconda di quale bevi), il vino ti presenta invece Osman Pirija, agronomo musulmano che negli anni Sessanta diede grande impulso alla viticoltura compresa tra Stolac e Mostar. O la Cooperativa di Daorson, nata da un progetto del ministero degli Affari esteri con il supporto delle Ong Oxfam Italia e Cefa, i cui soci - 8 in tutto - sono serbi, bosgnacchi (bosniaci musulmani) e croati. O dei monaci ortodossi del Monastero di Tvrdoš, che oggi producono uno fra i migliori vini da uve autoctone Vranac e vantano importanti riconoscimenti internazionali.Li hanno chiamati invece “lamponi di pace”, i prodotti raccolti dalla Cooperativa Insieme di Bratunac, una compagine di donne serbe-ortodosse e musulmane: vedove, orfane e vittime dei crimini di Srebrenica, oggi sono semplicemente imprenditrici, operaie, agronome e contadine che s’impegnano per il bene comune. Né ci sorprende se l’affinatore di prosciutto di Liubuški, nell’Erzegovina croata, va ad acquistare i prosciutti fino al nord della Bosnia, nella Repubblica Srpska. «Perché», ci confida, «il cibo, quello buono, non conosce frontiere». E queste sono invisibili: te lo devono segnalare mentre viaggi perché non le riconosci: quello che ti arriva all’istante è il rapporto strettissimo tra la gente e la terra che lavorano.

1. continua
Daniele Zennaro rodigino di Rosolina, classe 1979, è chef dell'Osteria Vecio Fritolin di Venezia
La cucina economica ha in serbo per voi tre ricette originali croate della pita burek con patate e carne o formaggio o mele

Ingredienti per 4 persone
Per la sfoglia:Farina bianca “0” - 500gFarina bianca “00” - 500gOlio di semi di girasole - 1 cucchiaioSale - 1 pizzicoAcqua tiepida - qb
Per il ripieno di patate e carne:1 kg di patate grattugiate grossolanamente
1 cipolla  grattugiata
4 uova sbattute
olio
sale
pepe
(a questo impasto si possono aggiungere anche circa 300 gr di carne macinata mista maiale e vitello)
Per il ripieno di  formaggio:mezzo kg di ricotta o formaggio fresco
4 uova sbattute
un po' di olio
sale
pepe
Per il ripieno di  mele:6 mele grattugiate grossolanamente
un po' di pan grattato
zucchero e cannella
In un recipiente capiente si mettono la farina, il sale, l'olio e si aggiunge pian piano l'acqua, fino ad ottenere una massa elastica. Si lascia riposare un buon 20 minuti, e poi si reimpasta una decina di minuti.
Con questa quantità si ottengono 5 palline di pasta, che si stenderanno su un canovaccio infarinato, prima col mattarello, e poi facendola girare sulle nocche delle mani (per intenderci, un po' come fanno i pizzaioli).Una volta stesa bene la pasta (idealmente di forma rotonda, di un diametro di mezzo metro circa), si cosparge di ripieno in modo uniforme.
Poi, si solleva il canovaccio, prima da un lato, e si arrotola la pasta fino a metà della pasta, e poi dal lato opposto, ottenendo così due rotoli simmetrici che si incontrano.
La scelta della forma della nostra pita è individuale. Se preferite mangiarla con le mani fate dei piccoli rotoli avvolti su se stessi, come un fiore.
Prima di metterla nel forno, bisognerebbe bagnare la pita con un po' d'acqua e un po' di burro sciolto. Durante la cottura, è consigliato bagnare il burek due o tre volte con l'acqua e il burro sciolto per farlo diventare croccante.Si cuoce  in forno caldo a 200°, per una ventina di minuti, e comunque fino a quando non sia ben ben dorato.

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